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- Di Adamo Calabrese
Ora che la guerra è finita la Luisa Ramaioli è la maestra del paese. Siede affettuosamente in cattedra rivolgendosi ai bambini come se fossero figli suoi, figli di lei e del suo Mario.
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Il cuore di Pietro il Grande si schianta. Sta per chiamare: “Azzurro Destino”, ma si trattiene. Se non fosse lei? Difatti l’ombra è un cinghiale, un bestione che passa lentamente lasciando un sentore di erbe selvatiche.
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Il Maestro vorrebbe parlare con loro. Fa un cenno. Ma loro si ritraggono. Sono stranieri, parlano un’altra lingua. C’è imbarazzo. I due sconosciuti si schermiscono, purtroppo non riescono a imbastire una conversazione. Il Maestro fa segno che pagherà il loro caffè. Loro scuotono la testa. Pur nel diniego sorridono. Anzi saranno loro ad offrire il caffè al Maestro.
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La sua donna che si spogliava davanti a lui inginocchiato ai suoi piedi. Nell’acqua passava il tempo in forma di alberi che davano fiori, i fiori che diventavano frutta, le frutta che cadevano assieme alle foglie.
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Non era tornata, ma lui aveva continuato a scrivere poesie nonostante l’oceano degli anni diventasse sempre più vasto aumentando la distanza tra il Sud America e la panchina del parco della loro promessa.
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No, no lui non avrebbe sopportato quella vocina! Mai sarebbe entrato nella casa deserta, si sarebbe tappate le orecchie piuttosto che udire i singhiozzi della chiave affannata a girare dentro la serratura.
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Secondo episodio. Intanto è sorto il sole e lontano lontano, come in un mondo ultraterreno, si leva, inenarrabile, il canto del gallo.
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Primo episodio. La mamma invece di tossire sospira, un sospiro piccolo, piccolo, da scricciolo e chiude gli occhi. Chiude gli occhi per sempre.
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M’ imbarco sul primo aereo in partenza. Non so dove andrò. Lei mi aspetta in ogni luogo. Il calicantus è fiorito, le giornate si sono visibilmente allungate.
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Nono ed ultimo episodio. "Mi viene la pelle d’oca, la macchina sbanda, cala di ala, va giù, va giù, raccolgo le mie ultime forze, tiro, sputo sangue, miracolo! La macchina risale e con possente calma vola sul mio regno"
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Defunti i miei genitori, scomparsa la regina consorte, fuggiti in Francia i sudditi sono rimasto come un allocco. Il mio regno è una brughiera selvatica.
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Malaria, o peste, o ruggine si abbatte sul regno presieduto dal castello. Colpa del re? Colpa del suo essere così poco umano?
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«Lei mi guardava spaventata non capendo un’acca, ma neppure io sapevo ciò che dicevo.
L’acido solforico era una scusa per tacere di ciò che sarebbe stato più importante.»
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Non una lacrima, né allora, né mai più. Come un bicchiere che si spezza.
Occhi di pietra da quel momento in poi, se non quando si posavano su di me