«Questa idea del pericolo, del dubbio, è parte integrante della creazione. C’è un angelo divertente che viene a bisbigliarmi nell’orecchio l’idea o l’immagine che scatenerà tutto. Come contropartita, so che, a ogni vignetta, io rischio la vita.»
La malattia più grave che può colpire un libro illustrato è il didascalismo. Autori ed editori spaventati dal racconto spesso non riescono a permettere alle parole e alle immagini di accoppiarsi come pare a loro. Reputano questo atteggiamento scabroso e contronatura.
Le finestre del fumetto sono più discrete di quelle del cinema. Non a caso il diffondersi della televisione, a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, ha spostato progressivamente gli spettatori dalle sale ai salotti. Tra le mura di casa il voyeurismo è più accettabile.
Moebius diceva «Siamo stufi di storie a forma di casa, con una porta per entrare, una finestra per guardare fuori e il camino per far uscire il fumo. Vogliamo storie a forma di farfalla, di campo di grano o di fiamma di cerino.» Le “case” di Chris Ware, Art Spiegelman, Robert Crumb, Roberto Innocenti e Richard McGuire.
Prima di essere il lascito un po’ pacchiano che un’Esposizione Universale ha fatto alla città di Milano, l’Albero della Vita è stato uno degli innumerevoli modi con i quali il Medioevo ha tentato di ricordarci la nostra caducità.