20100713-adamo_calabrese_a

«Lei mi guardava spaventata non capendo un’acca, ma neppure io sapevo ciò che dicevo.
L’acido solforico era una scusa per tacere di ciò che sarebbe stato più importante.»

 

I

l declino del mio regno cominciò con la sparizione della regina consorte. Ma prima di raccontare come lei fosse sparita, devo ricordare perché l‘avevo sposata. Per avere un erede, naturalmente! L’avevo sposata per ragion di stato, essendo lei la prima delle mie prime cugine. E non era neppure della mia taglia, essendo due spanne più alta di me. Era arrivata al castello magra come un chiodo, col corredo di due vestitini, uno per il freddo, con le maniche lunghe e l’altro per il caldo, senza maniche. E due paia di scarpe. Un paio, di pelle di coniglio, per tutti giorni e un altro paio, di vernice, per le feste. Ma non c’era stato verso, il figlio non era venuto. Dopo tanto ansioso provare e riprovare avevamo deciso di rinunciare, lasciando ciascuno libero di dormire per proprio conto, io nella stanza matrimoniale, perché ogni mattino potessi affacciarmi alla finestra, col sorriso da luna piena, mentendo al popolo che la notte era stata proficua. Lei nella stanzina accanto, accucciata nella culla che era stata preparata per l’erede e, intorno alla culla, le gabbie dei suoi uccellini, anatroccoli, gattini. Che supplizio la notte! La sentivo parlare con le sue bestioline, raccontava loro le fiabe: “C’era una volta un porcospino con mille aculei, o una volpe con sette baffi, o una gallina che faceva uova d’oca…tutte inverosimili storie e gli animaletti chiocciolavano andando in sollucchero per quelle fandonie. Che figlio avremmo avuto con quelle premesse? Un botanico, un alchimista? Un matto che sarebbe andato in giro sulla neve a piedi scalzi e imbacuccato come un orso nella canicola estiva? A me sarebbe piaciuto un geometra, uno che prende in mano uno corda e misura con esattezza qualunque campo, anche i più sconfinati, quelli coltivati a riso che vanno ben oltre l’orizzonte e si perdono nell’infinito. Sì, un geometra capace di misurare l’infinito. Invece i nostri desinari erano un deserto di silenzio con rari tonfi di parole senza colore. Mi asciugavo i baffi e le chiedevo:” Acqua?” Lei si grattava la testa, come se avesse fastidio e rispondeva “Grazie,no” “Sale?” “Grazie no.” ”Hai caldo?” per risposta alzava le spalle. “Hai freddo?” altra alzata di spalle e per tagliare corto si cacciava in bocca qualunque cosa: mezza pagnotta, due cucchiate di riso, una coscia di tacchino. Tutto in fretta, un boccone dietro l’altro in modo da avere sempre la bocca piena e dover masticare, masticare e masticare, cioè far andar la bocca come se parlasse, invece masticava e mandava giù il boccone condito di lacrime che le colavano dagli occhi come da un rubinetto che non si chiude. Mi sentivo in colpa, avrei dovuto parlare d’altro, non del caldo o del freddo, ma discutere di qualcosa di meno sciocco e di più spirituale. Avrei dovuto chiederle se di notte aveva visto cadere qualche cometa, o sentito abbaiare qualche cane, lontano, nella campagna. Ma comete e cani sono spirituali? Pieno di dubbi riprendevo da capo: “Acqua?” “Grazie,no.” Beveva poco, troppo poco, non avremmo mai potuto avere un figlio con quel goccio d’acqua che faceva fatica e mandar giù. Da parte mia, bevevo due dita di vino, due dita ogni boccone, per sciogliere il groppo che mi chiudeva la gola, ma a furia di gocci di vino mi girava la testa e invece di parlare poco straparlavo tanto. Farfugliavo di chimica, dell’acido solforico, ingarbugliandomi tra valenze e pesi molecolari, impotente davanti al riaffiorare dei miei antichi studi che mi si paravano davanti rimproverandomi di averli abbandonati. L’acido solforico, sì, proprio lui, con il gorgoglio delle beute e il distillato degli alambicchi. Perché avevo abbandonato l’acido solforico? Per negligenza, per abulia, per distrarmi a guardare le mosche volare e le foglie cadere? Fiacchezza d’animo! Lei mi guardava spaventata non capendo un’acca, ma neppure io sapevo ciò che dicevo. L’acido solforico era una scusa per tacere di ciò che sarebbe stato più importante. Che nome dare al figlio, se mai in futuro fosse arrivato, a quali maestri affidarlo? A quali viaggi invogliarlo: verso il mare, verso i monti? No, i monti no, troppo scoscesi e sdruccioli, troppo infestati da eremiti fissati a guardare negli strapiombi in cerca di sé stessi! Meglio il mare, senza dubbio meglio il mare, sebbene le burrasche rappresentino un pericolo sopravvenente ad ogni buffo di vento, per non parlare dell’alta marea che in una notte si mangia miglia e miglia di coste. Certo, si potrebbe oscurare la luna. Ma come, come oscurare la luna che continuamente cambia forma o addirittura si nasconde…? Accendere un falò di erba verde da affumicare tutto: cielo e terra? Straparlavo e alzavo il gomito almanaccando il da farsi contro la luna e lei giungeva le mani per implorare che io rinsavissi. Implorava che io fossi un re normale, uno di quei sovrani che fischiano allegri quando si radono la barba davanti allo specchietto, che giocano a biliardo coi sudditi, che quando tornano un po’ brilli fanno correre la regina su per le scale e se l’acchiappano le cavano tanti strilli da sembrare che la spennino invece è solo il preludio di fuoco e fiamme e baci e abbracci e tutto ciò che segue. Invece mi ritiravo sui libri, come una lumaca che si purga nella crusca.

 

Bibliografia

Nicolò Machiavelli. Vademecum del buon sovrano: pettinato a puntino, camicia di bucato, scarpe lustre, salutare tutti, a destra, a manca, salutare anche gli uccelli sugli alberi e le lucciole nell’orto. Firenze,1520

 

6121

 

20100713-adamo_calabrese_002

Gli autori di Vorrei
Adamo Calabrese
Adamo Calabrese

Adamo Calabrese è scrittore, autore di teatro e illustratore. Ha pubblicato con Einaudi il romanzo "Il libro del re", con Albatros i libri di racconti "L'anniversario della neve", "La cenere dei fulmini", "Il passaggio dell'inverno", con Joker "Paese remoto". Ha illustrato i propri libri ed edizioni di Dante, Gibran e Pascutto. Scrive e disegna per il quotidiano "Il cittadinio" di Lodi, per le riviste "Vorrei" di Monza e "Odissea" di Milano. I suoi ultimi lavori teatrali hanno messo in scena opere di Brecht, Joyce, San Francesco e Iacopone. Nel 2012 RAITREha trasmesso un suo testo. Nel 2014 è stato finalista del premio internazionale di grafica satirica "Novello". Insegna letteratura presso le Università della terza età di Sesto san Giovanni e Milano (Università Cardinale Colombo)

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.