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Giuseppe Civati su ok a variante Pgt Desio: “Finalmente stop alla cementificazione. Un bell’esempio per tutto il Paese”
Milano, 9 novembre 2011 – “Con l’approvazione della variante al piano di governo del territorio, proposta dall’amministrazione di centrosinistra guidata dal sindaco Roberto Corti, e degli emendamenti presentati dalla maggioranza in aula, il comune di Desio ha finalmente detto stop alla sfrenata cementificazione del territorio promossa dalle precedenti giunte di centrodestra. Un bell’esempio, non solo per la Brianza, provincia dal consumo record di territorio, ma per tutta la Lombardia e il Paese. Servono norme chiare e urgenti che aiutino le amministrazioni a recuperare in prima battuta l’esistente, perché di cemento ce n’è troppo e i territori agricoli e verdi scompaiono a ritmi vertiginosi. A Desio è stata scritta una pagina importante. Un grazie va a tutta l’amministrazione, in particolare all’assessore all’urbanistica Daniele Cassanmagnago, e alla maggioranza che è riuscita in pochissimo tempo a voltare pagina”.
Lo dichiara il consigliere regionale del Pd Giuseppe Civati, commentando l’approvazione, avvenuta ieri sera nel Consiglio comunale di Desio (MB), della variante al Piano di governo del territorio che riduce complessivamente di 1,4 milioni di metri quadri il territorio edificabile previsto dalla precedente amministrazione di centrodestra.
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7 Spose con 7 Fratelli
Una serata a teatro contro la leucemia
La compagnia Dagli Otto agli Anta porta in scena uno spettacolo esilarante il cui ricavato sarà interamente devoluto allAssociazione LUCE E VITA ONLUS che riunisce persone colpite, direttamente o in famiglia, dalla leucemia.
Monza, Teatro Manzoni-Via Manzoni
Venerdì 11 Novembre 2011, alle ore 20,45
Per acquisto biglietti tel. 039 323 505
Venerdì 11 novembre alle ore 20,45 presso il Teatro Manzoni di Monza avrà luogo uno spettacolo intitolato 7 Spose con 7 Fratelli messo in scena dalla compagnia Dagli Otto agli Anta con la regia di Laura Maciocia.
Questa compagnia, composta da studenti che da anni dedicano il loro tempo libero allattività teatrale, ha deciso di devolvere lintero ricavato della serata allAssociazione Luce e Vita-ONLUS che riunisce persone colpite, direttamente o in famiglia, dalla leucemia e che si occupa di assistere con impegno i malati e le loro famiglie.
Lobiettivo dellAssociazione è altresì quello di fornire un aiuto concreto al Reparto Ematologia Adulti dellOspedale San Gerardo di Monza per contribuire allacquisto delle strumentazioni sempre più avanzate che lindustria mette a disposizione della ricerca scientifica.
La leucemia afferma il Prof.Enrico Maria Pogliani, Direttore del Reparto che solo dieci anni fa era definita incurabile, oggi, grazie ai sorprendenti risultati ottenuti dalla ricerca ematologica può essere curata con successo in un buon numero di pazienti e lauspicio è che si possa quanto prima individuare i geni che nefirmano il grado di malignità. Ciò, con buona probabilità, potrà consentire di mettere a punto nuove terapie atte a vincere definitivamente la battaglia contro questa malattia che nel nostro Paese ha unincidenza di circa 1000 nuovi casi allanno.
Lo spettacolo
7 Spose con 7 Fratelli è una riedizione del musical tratto dal celebre film del 1954 diretto da Stanley Donen.
La Compagnia Dagli Otto agli Anta, fondata nel 2002 dalla docente Laura Maciocia e composta da studenti ed ex studenti della Scuola Elementare Salvo dAcquisto di Monza, ha già portato con successo in numerose città italiane, oltre a quella attualmente in cartellone, altre rappresentazioni come Accendiamo la lampada e Se il tempo fosse un gambero di Garinei e Giovannini, Amori e brillantina tratto dal film Grease e Aggiungi un posto a tavola.
L ingresso allo spettacolo prevede unofferta libera. Il ritiro del biglietto-invito può essere effettuato presso il botteghino del teatro Manzoni di Monza oppure chiamando il numero telefonico 039 323 505.
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Consumo di suolo, Pd Brianza: “Con variante Pgt di Desio stop a nuovo cemento”
Monza, 8 novembre 2011 - Approda stasera nell’aula del consiglio comunale di Desio la variante al piano di governo del territorio che prevede l’abbattimento del 60% del cemento previsto dalla precedente giunta di centrodestra. Il sindaco del Pd Roberto Corti, la sua giunta e la maggioranza di centrosinistra sono così riusciti in brevissimo tempo a rendere più che concreto uno dei punti fondamentali del programma presentato agli elettori. Un provvedimento giustissimo, che siamo sicuri sarà rapidamente approvato e che dimostra la grande volontà del partito democratico di porre concretamente un argine al consumo di suolo per il bene non solo di Desio ma di tutta la Brianza.
Lo dichiarano il segretario provinciale del Pd Gigi Ponti e il capogruppo in Provincia di Monza Domenico Guerriero
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Spettabile Redazione,
Le città italianenon sono state progettate ad uso del traffico veicolare e subiscono le troppe automobili che le attraversano, diventandomolto pericolose per pedoni e biciclette, la cosiddetta"mobilità dolce" che dovrebbe essere maggiormente tutelata dalleistituzioni che invece, salvo alcune eccezioni, sono sensibili solo alle esigenze dei veicoli a motore. Attualmente, con il numero esorbitante di auto in circolazione, le nostre cittàsono diventate il luogo più insicuro, perchè è proprio nei centri urbani che siverifica il maggior numero di incidenti.
Perchiarire meglio questa realtà evidenziamo i dati forniti dall’ISTAT del 2009, riguardanti i centri urbani:
76%degli incidenti
45%dei morti
72%dei feriti
Le nostre città sono peraltro molto al di sopra della media europea (per incidentimortali) che si ferma al 34%.
Siamo purtroppo al paradosso che per la prima volta gli incidenti mortali riguardantile utenze deboli (pedoni, ciclisti, motociclisti) superano quelli automobilistici.
Infatti su 11.5 persone che muoiono al giorno in Italia, 6 sono utenti deboli.Ogni giorno, in Italia, muore un ciclista
Questa, che potremmo definire una strage, una guerra quotidiana, fa poca notizia. Ilnumero è notevolmente più alto degli incidenti mortali sul lavoro che hannogiustamente la loro evidenza mediatica, ma non viene ben evidenziata, comedovrebbe, l’incidentalità che avviene sulle strade.
Negli ultimi anni i morti fra gli utenti delle quattro ruote sono fortunatamentediminuiti del 52%, mentre solamente del 23% tra le utenze deboli.
Insomma la gestione delle nostre città è lasciata al suo destino e i pochi interventisulla sicurezza sono infinitamente inferiori a quello che sarebbe necessarioper garantire un sensibile abbattimento dell’incidentalità urbana.
Il costo sociale degli incidenti nel loro complesso, sono valutati in29miliardi/anno. Interventi preventivi sull’incidentalità si tradurrebberoin benefici economici, oltre che etici, per le strutture pubbliche.
Questo è lo specchio della capacità/volontà dei nostri amministratori di prendersicura dei propri cittadini.
A questo proposito a Monza riscontriamopurtroppo un’inversione di tendenza, che aveva visto negli ultimi anni,un progressivo abbattimento del numero degli incidenti ma dal 2010riprendono a risalire e, se rimane costante (ma sempre troppo alto) il numerodi incidenti mortali, con una media di 7.4/anno negli ultimi dieci anni,vede un’impennata nel numero dei feriti, il secondo più altodegli ultimi cinque anni.
Qualipolitiche di messa in sicurezza della mobilità sono state messe in pratica nella nostra città?Crediamo che si sia pensato ad altro! E’ la diretta conseguenzadell’inefficienza dell’amministrazione di Monza, di fronte ad unproblema che tocca tutti i cittadini monzesi, che vivono in una cittàinvasa dai veicoli a motore, che inquinano e incidono fortementenella qualità di vita della nostra città.
La classifica stilata da Legambiente nel XVIIIrapporto sull’Ecosistema Urbano, non è proprioincoraggiante per Monza e conferma che la situazione della mobilità ciclistica,in particolare, e rispetto anche ad altri comparti, è desolante, siamo infattiscivolati complessivamente al 38° posto su 43 capoluoghi di provincia analizzati, di media dimensione. Stessa posizione per la presenza di PM10e siamo al 36° posto per piste ciclabili.
La velocità èla principale responsabile della pericolosità delle strade urbane.Naturalmente altri fattori entrano in gioco per causare una tale situazionecosì negativa, come lo stato delle strade, la scarsa segnaletica o visibilitàdegli incroci, la distrazione ecc.. Ma se si volesse ridurre la velocità, moltiincidenti, anche gravi, sarebbero evitati. Anche se la velocità media urbana ècalcolata in 18 chilometri/h , la circolazione motorizzata va a strappi, conlunghe code, alternate da superamenti dei limiti di velocità e sorpassipericolosi.
Esistono fortunatamente gli strumenti per combattere le alte velocità, come lacomunicazione e istruzione degli utenti della strada che vanno accompagnati dainterventi strutturali previsti nella moderazione del traffico. Ovvero integrazioni delle varie modalità dei mezzi circolanti , a basse velocità, conla realizzazione di chicane, restringimenti di carreggiata, rialzidell’asfalto, parcheggi alternati e zone a 20-30/chilometri/h diffuse intutta la città (il Parlamento Europeo ha recentemente adottato una risoluzionein cui si “raccomanda fortemente alle autorità l’introduzione di limiti di velocità di 30 Km/h in tutte le aree residenziali). Questi interventiriducono sensibilmente la prospettiva del viale diritto e inducono, volenti onolenti, a percorrere le strade a velocità ridotte. Nel contempo si verificaanche un abbellimento della città e di conseguenza una città piacevole dovevivere.
Vorremmoche Monza entrasse di diritto nei primi posti delle classifiche per una forteriduzione degli incidenti urbani, evitando possibilmente quelli mortali.Saremmo così una città moderna, più civile e più vicina all’Europae alle città che questi interventi hanno già realizzato. Non smettiamo dichiederlo e sperarlo.
Massimo Benetti – Uff. Stampa FIAB Monzainbici
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Pass disabili: a Monza risolto il problema dei contrassegni irregolari
Nell’anno 2009 è stata avviata una grande campagna di controllo e verifiche che ha portato alla definizione e standardizzazione per i contrassegni dei disabili rilasciati dal Comune di Monza.
La Polizia Locale ha verificato la validità dei singoli contrassegni anche grazie all’apposizione sull’auto di un’etichetta che non può essere contraffatta, quindi facilmente identificabile.
Questa iniziativa è stata possibile attraverso una comunicazione personale ai titolari di contrassegno e tramite un secondo sollecito per i “ritardatari” e ha portato a una regolarizzazione dei permessi rilasciati in città.
Ecco i dati della campagna condotta nell’anno 2009:
Etichette di sicurezza apposte: 2500 circa;
Deceduti/trasferiti 403 (di cui il 90% deceduti);
% contrassegni non validi accertati: 15,8%
Comunicazioni all'Autorità Giudiziaria: 10 (0,4 % sul totale)
“L’Amministrazione Comunale – afferma l’Assessore alla Sicurezza Simone Villa - ha intrapreso due anni fa una campagna di controllo dei pass disabili rilasciati ai cittadini monzesi. Da questo lavoro è emerso che il 15,8% dei contrassegni in circolazione non erano regolari.
Grazie a questa campagna si è “ripulita” la situazione dei permessi rilasciati in città e in questo momento possiamo dire che i pass circolanti monzesi sono del tutto regolari.
Da parte nostra, come Amministrazione Comunale, non possiamo fare altro che continuare a impegnarci in azioni di controllo mirate e incrociate per far emergere i “furbi” che usufruiscono senza averne diritto del trattamento riservato alle persone che realmente hanno delle difficoltà motorie. Il Comune può solo controllare, non ha infatti alcun compito o potere in merito al rilascio dei pass dato che è di competenza delle autorità sanitarie.
Ai cittadini chiediamo invece di attenersi alle regole rispettando chi davvero è disabile.
Rimane invece critico e problematico il controllo di contrassegni rilasciati da Amministrazioni di altre parti del Paese che non possono essere controllati con la stessa facilità di quelli rilasciati a Monza.
Risolto il problema dei pass disabili irregolari, l’attenzione ora è posta sul corretto utilizzo da parte degli effettivi titolari”.
Solo a Monza, sono oggi attivi circa 3000 permessi. Nel 2010 ne sono stati rilasciati 460 ex novo.
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Leggere l'arte. Biografie d'artista
Ciclo di incontri dedicato alla vita dei grandipersonaggi dell’arte moderna e contemporanea
Settima serata: Willem de Kooning
Johan& Levi Editore in collaborazione con il Museo d'ArteContemporanea di Lissone annuncia il settimo appuntamento per il ciclo diconferenze "Leggere l'arte:biografie d'artista"incentrate sui grandi personaggi che hanno fatto la storia dell'arte modernae contemporanea. Giovedì 11 novembre la serata è dedicata a Willem deKooning, complessa e romantica figura d’artista, emblema del mitoamericano e del self-made man.Conducono Francesca Alfano Miglietti e Salvatore Carrubba. L'iniziativasi avvale del patrocinio dell'Assessoratoalla Cultura del Comune di Lissone e della Provincia di Monza e della Brianza.
Giovedì 10 novembreore 21:00
Museo d'arte contemporanea
VialePadania 6, Lissone - MB
Tel. 0392145174 - 039 7397368
Prosegue la rassegna "Leggere l'arte:biografie d'artista" presso ilMuseo d'Arte Contemporanea diLissone dove giovedì 10 novembre si tiene un incontro dedicato a Willem deKooning. Spunto per la serata è la biografia edita da Johan & Levi de Kooning. L'uomo,l'artista,di Mark Stevens e Annalyn Swan. Il volume ha ottenuro nel 2005 il prestigiosoPremio Pulitzer seguito dal National Book Critics Circle Awards edall’Ambassador Book Award.
Willem de Kooning nasce in Olanda nel 1904, e si formaall’Accademia d’arte di Rotterdam. Nel 1926 emigra negli StatiUniti, a New York. Durante laGrande Depressione sostenta con lavori saltuari e commercialifinché, nel ’36, entra nel WPA Federal Art Project dedicandosiesclusivamente alla pittura. Negli anni trenta e quaranta, con Gorki e Pollock,diventa uno dei rivoluzionari protagonisti dell’Espressionismo astrattoamericano, pur mantenendo una forte connotazione europea. Sposato con unapittrice, ha una vita sentimentale travagliata e un difficile rapporto con ledonne. Uomo colto, spirito irrequieto, de Kooning spazia tra moltissimi generiartistici: ritratti, nudi, paesaggi, nature morte, pittura astratta e persinoscultura. Nel 1963 si ritira a Long Island ma non cessa l’attività,influenzata nell’ultimo periodo dai primi sintomi della demenza senile. Muorenel 1997. Così recita il suo epitaffio: “Come un vecchio soldato conuna ferita mortale, si è ritirato un passo pesante dietro l’altro, senzauscire dai ranghi, senza disperdere le truppe, ma con un ripiegamento lento.Con il controllo ferreo e la disciplina di tutta una vita, ha circondato i suoiamati dipinti e lentamente li ha spostati indietro, arretrando sempre di più.Le sue bandiere sventolano ancora, le fila sono serrate, la sua postazione èstata attaccata ma non verrà mai conquistata”.
Francesca AlfanoMiglietti (FAM). Teorico e criticod’arte, docente di Teorie e Metodologie del Contemporaneo all'Accademiadi Belle Arti di Brera, docente di Arte Contemporanea al Master in FashionDesign alla Domus Academy, Milano. Curatore di mostre, rassegne e convegni,vive a Milano. Autrice di saggi, articoli e interviste apparsi in libri enumerose riviste e giornali, ha partecipato a convegni e incontrisull’arte contemporanea e sulle culture giovanili. La sua ricerca èincentrata su alcune specifiche tematiche del contemporaneo quali lecontaminazioni di linguaggi, il corpo e le sue modificazioni, le nuovetecnologie nel rapporto uomo-macchina, il rapporto tra visibile einvisibile come frontiera di nuove poetiche dell’arte.Ha ideato ediretto la rivistaIntervallo/Incidenti e larivista VIRUS Mutations. Ha pubblicatonumerosi volumi e ha collaborato a numerosi programmi tv.
Salvatore Carrubba, nato aCatania il 19 maggio 1951, è stato direttore del Sole-24 Ore (di cui ècollaboratore) e Assessore alla Cultura e Relazioni Internazionali del comunedi Milano. Attualmente è Presidente dell'Accademiadi Brera, vice-presidente della Fondazione Iulm e direttore editoriale delmensile "Il Sud". Ha scritto numerosi libri.
La prossima ed ultima conferenza del ciclo"Leggere l'arte":
Giovedì24 novembre MarinaAbramovic
Tournee dei ragazzi di Beresheet LaShalom 14 • 17 novembre 2011 alla Rassegna “Un palcoscenico per i
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L'obiettivo della Fondazione Beresheet LaShalom: usare l'Arte come strategia di pace. Un sogno ambizioso che diventa concreto ogni volta che un ragazzo incontra una realtà positiva e possibile. L'educazione ai grandi valori per la vita, l'uguaglianza, la fratellanza, il rispetto, la dignità dell'individuo sono la base comune di tutte le culture e di tutte le grandi religioni, sono lo strumento prezioso di dialogo adottato dalla Fondazione. Interculturalità significa scoprire il bene e il bello nell'altro e riconoscere che le aspirazioni e i desideri di ognuno non son poi così diversi. Con questo particolare metodo educativo Angelica Edna è riuscita a lavorare con ragazzi di diverse lingue e nazioni: Israele, Italia, Giordania, Autorità Palestinese, Etiopia, Libano, Malta, Marocco, Spagna, U.S.A, Sud America, Filippine, Giappone, Haiti, Egitto, Svezia, Norvegia, Danimarca e Polonia. Un esempio di come la pace si possa costruire, ognuno nel proprio piccolo quotidiano.
Associazione"UN PALCOSCENICO PER I RAGAZZI"Ambasciatoridi pace
Lunedì 14 novembre
ore 16.45-19.30: Centro Civico “Lino Brambilla” piazza Falcone e Borsellino
a Concorezzo
Workshop con Angelica, rivolto ad insegnanti
Iscrizione obbligatoria
Martedì 15 novembre
ore 10.00: Cineteatro S. Luigi di Concorezzo
Spettacolo Beresheet per le scuole del territorio
ore 14.30: Cineteatro S. Luigi di Concorezzo
Spettacolo Beresheet per le scuole del territorio
ore 20.45: Omnicomprensivo a Vimercate Conferenza di Angelica e Yehuda
“EDUCARE AL DIALOGO ATTRAVERSO LE ARTI” aperta a tutti
E’ gradita la prenotazione
Mercoledì 16 novembre
ore 10.00: Cineteatro S. Luigi di Concorezzo
Spettacolo Beresheet per le scuole del territorio
ore 14.00-16.30: Auditorium scuola secondaria di primo grado di Ornago
Workshop per i ragazzi delle classi III delle scuole secondarie
di primo grado del distretto di Vimercate
Giovedì 17 novembre
ore 10.00: Cineteatro S. Luigi di Bellusco
Spettacolo Beresheet per le scuole del territorio
L’Associazione “Un palcoscenico per i ragazzi” ringrazia tutti quelli che hanno
contribuito alla realizzazione di questa manifestazione:
le Cuoche Libere di Bellusco, Associazione Uniti nella diversità di Concorezzo, la Banca
Popolare filiale di Concorezzo, le Scuole e i Comuni di Concorezzo, Ornago e Bellusco,
gli insegnanti e gli amici che ci hanno supportato.
Associazione “Un Palcoscenico per i Ragazzi”
Sede legale via Dossetti, 8 • 20882 Bellusco (MB)
www.palcoscenicoragazzi.it
Per le prenotazioni telefonare a Raffaella 039.62083216 o attraverso il sito
Associazione di volontariato Amici di Beresheet LaShalom
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Alla Vostra gentile attenzione,
distinti saluti.
GAS Pane e Rose - Concorezzo-Vimercate
OSSERVAZIONI AL PGT di CONCOREZZO
Nell’ambito della redazione del primo PGT della città di Concorezzo, nonché nello spirito e secondo quanto prescritto dalla legge istitutiva di questo strumento di pianificazione (L.R. 12/2005), desideriamo evidenziare alcune proposte che a nostro parere contribuirebbero alla realizzazione del PGT, e di conseguenza ad uno sviluppo della nostra Città, rispettoso della qualità della vita dei suoi abitanti attuali e futuri.
SECONDO COMUNICATO STAMPA - 7 NOVEMBRE 2011
TRASFORMAZIONI RESIDENZIALI E INCREMENTO DEMOGRAFICO
PROPOSTA
CHIEDIAMO LA PREVISIONE DI NORME DI CONTENIMENTO DELLA CRESCITA DI EDIFICI DA COSTRUIRE E DELL'AUMENTO DELLA POPOLAZIONE E, LADDOVE SI INTENDE COSTRUIRE, CHE SI INCENTIVINO
• L'INNOVAZIONE EDILIZIA,
• LA QUALITÀ SOCIALE DEGLI INTERVENTI,
• LA PROMOZIONE DI CONCORSI DI PROGETTAZIONE.
RIQUALIFICAZIONE AREE DISMESSE
Consideriamo in generale positivamente gli interventi che riqualificano aree esistenti nel centro già urbanizzato e in aree dismesse (ad es. area Frette e altre piccole aree residenziali nel tessuto consolidato), purché ne venga curata attraverso le norme la qualità sociale e progettuale degli interventi (concorsi di progettazione, risparmio energetico e fonti rinnovabili, edilizia convenzionata, housing sociale e progetti partecipati) con la riduzione il più possibile della volumetria costruita e dei nuovi abitanti previsti.
Evidenziamo che i concorsi di progettazione (anche internazionali) permettono una maggiore apertura culturale, maggiori possibilità di innovazione tecnologica ed estetica dei progetti, inoltre rappresentano occasioni di visibilità e di confronto tra professionisti del settore e giovani architetti.
PRESSIONE INSEDIATIVA E SPECULAZIONE
CI DOMANDIAMO: PERCHÉ MAI CONCOREZZO DOVREBBE AUMENTARE LA SUA POPOLAZIONE DEL 10% IN 5 ANNI?
Nella relazione del documento di piano, a pag. 3, dove si parla di sviluppo demografico si legge: “(...) La dimensione dell’offerta è il vero motore dello sviluppo demografico, in particolare dell’immigrazione, poiché solo una parte minima di essa si indirizza a soddisfare le esigenze che nascono dalla popolazione già residente. (…) Per Concorezzo significa la necessità di tener conto di una probabile crescente pressione insediativa.”
PERCHÉ COME CITTÀ DELL'HINTERLAND MILANESE IN CUI È BELLO VIVERE, DOBBIAMO SENTIRCI SEMPRE IN OBBLIGO DI RISPONDERE ALLE PRESSIONI INSEDIATIVE ESTERNE E/O DOVUTE A INTERESSI SPECULATIVI DI POCHI?
Riteniamo più che sufficiente rispondere a questa “pressione insediativa” dovuta al contesto in cui ci troviamo, attraverso una ponderata previsione di aree di trasformazione nel tessuto urbano esistente, ma senza dover andare a occupare nuove aree di trasformazione in zone agricole e senza prevedere insediamenti che comporterebbero un notevole aumento di popolazione, a cui il Comune dovrebbe anche saper poi rispondere con adeguati servizi.
LE ALTEZZE DEI NUOVI EDIFICI PREVISTI IN QUESTE AREE DI TRASFORMAZIONE ALL'INTERNO DEL CENTRO URBANIZZATO NON DOVREBBERO SUPERARE I TRE PIANI E LE COSTRUZIONI ESSERE PIANIFICATE NEL TEMPO, OLTRE CHE SEGUIRE I CRITERI DI QUALITÀ PROGETTUALE GIÀ ELENCATI SOPRA.
STIME SPORCATE
La relazione sul fabbisogno abitativo presente nel PGT è “sporcato” dalla grande crescita di abitanti che ha riguardato recentemente l'area ex Ghiringhella; le stime di crescita ci sembrano quindi esagerate, anche alla luce dei numerosi appartamenti costruiti di recente e rimasti invenduti.
CENSIMENTO CASE SFITTE E POLITICHE DI INCENTIVO ALLA LOCAZIONE PER I PROPRIETARI
PER RISPONDERE ALLE ESIGENZE ABITATIVE REPUTIAMO PRIORITARIA UN’ANALISI ACCURATA VOLTA AL CENSIMENTO DELLE CASE SFITTE O NON ABITATE.
Tale analisi sarebbe utile al fine di individuare modalità incentivanti per la locazione delle case sfitte e per la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, prima di favorire la costruzione e l’offerta di nuove case.
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TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DI MAURIZIO LAINI,
Segretario Generale della CGIL di Monza e Brianza.
- “Un paese allo sbando ha bisogno della CGIL”: Susanna Camusso non c’è ma lo slogan va bene lo stesso.
Vi ricordate gli inizi dell’anno?
Berlusconi era più che mai in sella; sorrisi a tutta dentiera; giornali e soprattutto televisioni orientati sul “bello” della libertà, del bunga bunga, del potere individuale massimo e massimizzato.
La crisi, a parole, era esorcizzata, lontana: il Premier a negarla, semmai con una punta di compatimento per Irlanda, Portogallo, Grecia e Spagna.
La Lega – da noi – era ai massimi. L’agenda politica del paese era riempita dal dibattito federalismo fiscale, panacea di tutti i mali del paese; federalismo come valorizzazione dei territori, delle culture, delle economie e del potere al locale.
La sinistra politica era ridotta al balbettio: dopo la “grande sconfitta” parlamentare del 14 dicembre e la compera del manipolo di scilipotiani, di responsabili e di deputati venuti via a prezzi di saldo, la prospettiva politica sembrava segnata.
Tra di noi si palpava lo scoramento: come si fa a parlare con i colleghi, con i vicini di casa, con i compagni di lavoro? Come si fa a convincerli che sono giuste le preoccupazioni per la democrazia, per i posti di lavoro che da noi si perdono a centinaia, per i tagli alla finanza locale, per l’aumento della povertà, per la totale assenza di prospettive per i giovani precari?
Sembrava una battaglia persa: il paese stava da un’altra parte.
Voleva non vedere.
Il paese era distratto, forse incantato, ancora, dai mirabolanti vagheggiamenti di Bossi e di Berlusconi.
Anche Tremonti rassicurava e condivideva: banche italiane solide… basta – diceva - un po’ di attenzione ai conti.
In dieci mesi lo scenario è stravolto, quasi ribaltato.
Come un pugile suonato, pesto, il paese tenta di non chiudere definitivamente gli occhi e si guarda intorno disorientato, confuso, preoccupato.
Come un attore definitivamente invecchiato, passato di moda, il Premier non sorride più; minaccia e blandisce senza logiche, subisce gli sguardi severi di Sarkozy e della Merkell che con disprezzo scantonano, quando non sorridono di lui considerandolo un cialtrone inaffidabile, bugiardo, incapace.
E tanti di coloro che a gennaio consideravano la CGIL un luogo di gufi, un drappello di comunisti irresponsabili, un clan di politicanti irriducibili hanno cambiato opinione.
Il loro Federalismo-panacea, la loro ideologia della colpa dei terroni e dei negri è morto, sepolto dai tagli e dall’indebolimento, dallo sfinimento degli Enti Locali, privati non solo di risorse ma persino di ruolo istituzionale, soffocati da un centralismo che non ha pari nella storia del dopoguerra.
Il consenso e la credibilità dei loro slogan si è sfarinato e i gruppi dirigenti dei partiti de “la crisi non esiste” è stato spazzato via, sostituito dalle domande di senso che la gente è costretta a ricominciare a farsi di fronte alla cassa integrazione, alla mobilità, al taglio dei servizi, all’aumento delle tariffe e delle rette, all’aumento dei prezzi, della tassazione locale, della tassazione tout court e soprattutto di fronte a prospettive ignote, quantomeno incerte per sé, per l’economia, per il paese.
Sono stati bruciati miliardi di euro in manovre inefficaci, punitive per la gente, inservibili senza un minimo di sostegno all’economia reale, allo sviluppo, alle famiglie.
In dieci mesi ne sono successe di cose:
dai giovani precari autoconvocati, alla ribellione delle donne che rivendicano la cifra di dignità culturale e di civiltà che questo paese ha costruito negli anni;
dalle rivendicazioni di pane, lavoro e democrazia dei paesi nord africani – in qualche caso “dolci”, in qualche caso violente – alle manifestazioni degli studenti contro la Gelmini e la sua riforma;
dalle amministrative dall’esito sorprendente alla conferma dei referendum: meraviglia, ci siamo! Fino alle piazze della CGIL, che rappresentano una costante di questo 2011.
Piazze coerenti, coperte da una piattaforma alternativa e – oggi ancora più di qualche mese fa – credibile.
Due scioperi generali tra maggio e settembre: uno preparato a lungo, con assemblee, dibattito tra i lavoratori, con uno sforzo organizzativo importante, con un confronto a tratti complicato. Molti lavoratori e pensionati ci chiedevano: perché siete da soli? Perché in un momento così delicato volete scassare il paese? Perché dobbiamo rimetterci la giornata? Ma siete sicuri che serva? Ciò nonostante il 6 maggio eravamo tanti e decisi.
Ma il 6 settembre eravamo ben di più: senza assemblee, a scuole chiuse, con metà dei pensionati in riviera eravamo di più.
A maggio abbiamo spinto, a settembre siamo stati spinti.
E gli interrogativi erano decisamente diversi: dove sono CISL e UIL? Perché non capiscono?
Per fortuna delegati di altre Organizzazioni erano con noi; a Monza FIM CISL aveva scioperato il 5 settembre; la discussione dentro CISL e UIL si è aperta improvvisamente e – a tratti – tumultuosamente.
Già il 6 di settembre Bonanni e Angeletti si sono chiesti se avrebbero potuto reggere la spinta che aveva cominciato a premere sulle loro volontà accomodanti, rassegnate, acquiescenti rispetto a manovre inique, devastanti, drammatiche nella loro inefficacia.
Dove sono CISL e UIL? Chiedevano a noi, i lavoratori.
E più nessuno aveva dubbi sulla patrimoniale, sula lotta all’evasione fiscale, sula revisione delle aliquote per i lavoratori dipendenti e i pensionati. Sulla necessità che chi ha di più debba contribuire maggiormente a ridere fiato all’economia del paese; che i sacrifici si possono fare solamente se il quadro è quello dell’equità, della giustizia sociale; se a pagare non sono sempre quelli.
Il Governo a settembre è diventato, nella consapevolezza di tutti, un governo di incapaci: vi ricordate, no, è roba dell’altro ieri…? il riconoscimento contributivo del militare, degli anni di studio, l’attacco alle pensioni, ancora una volta, e la salvaguardia dei privilegi della casta, la richiesta pressante di riduzione dei costi della politica.
Parole come iniquità, ingiustizia, inefficacia; come improvvisazione, dilettantismo, incapacità; parole come “vergogna”, magari dette in dialetto, viaggiano ormai tra la gente con toni sempre più convinti.
Il Governo ha un consenso tra i cittadini elettori di poco sopra il 20%;
PDL e LEGA registrano intenzioni di voto poco sopra il 35%.
Il Governo del Paese è un governo di minoranza nel Paese.
La sua maggioranza parlamentare perde pezzi inimmaginabili: la Carlucci cambia abito di scena.
E’ un Governo morto.
Un Governo che questa settimana proverà a sopravvivere a se stesso ma che comunque non vivrà più.
In questo quadro dovete leggere lo slogan del “Paese allo sbando”: perché oggi non sappiamo se e come ne usciremo.
Il paese è ormai consapevole di trovarsi così vicino al baratro da averne finalmente paura, se non terrore.
Ma sa che con questo Governo che non governa, con un Premier che non è credibile neppure quando gli capita – di rado – di dire cose vere, senza uno straccio di idea sul futuro, sulla direzione da imboccare per tornare a crescere, sa che il rischio di un disastro è reale.
Di fronte allo “sbando” la CGIL c’è: ha dimostrato di poter tenere aperti gli spazi di democrazia nel paese; di avere risorse di credibilità sufficienti a mobilitare; di avere un bagaglio di proposte utili e attraverso la propria piattaforma di costituire un riferimento sindacale e politico importante per i lavoratori, i pensionati, il paese.
Il movimento che è cresciuto ha mantenuto l’obiettivo della coesione sociale, anche in questa durissima fase in cui la rabbia non governata, il conflitto senza proposta, le provocazioni infami di Sacconi che evoca, chiama, il terrorismo, potrebbero condurci in vicoli ciechi.
Nei quali la chiacchiera da bar sul bunga bunga o sull’antipolitica potrebbe essere sostituita dalla critica da bar, come dopo la moviola, sugli incidenti, su dei morti in piazza.
Ci siamo andati vicino con gli scontri di piazza S.Giovanni il 15 ottobre: una manifestazione ampiamente legittimata dal consenso del paese (anche di alcune personalità insospettabili, indignato ormai è il paese), una manifestazione ricca di contenuti è stata zittita e nascosta dai fumogeni, dai lacrimogeni, dagli idranti della polizia e dall’idiozia vigliacca di qualche decina di Black-block.
“Un paese allo sbando ha bisogno della CGIL”, della sua battaglia per i diritti, a cominciare da quella di contrasto all’articolo 8; delle sue idee sulla giustizia sociale, della chiarezza con cui sta dalla parte di chi lavora e dei pensionati.
Delle sue manifestazioni nazionali, della funzione pubblica e dello SPI; degli scioperi della FIOM, ultimo quello regionale venerdì 4 novembre, e della prossima grande manifestazione confederale a Roma il 3 dicembre.
A chi altri può credere un lavoratore che sta per essere licenziato, una famiglia in difficoltà per la cassa integrazione, un pensionato che fatica ad arrivare a fine mese, un giovane precario, di un laureato cui viene offerto uno stage gratuito da commesso in un supermercato?
- Perché non sappiamo cosa succederà e dove stiamo andando.
La situazione del nostro paese è grave e va affrontata.
Al netto della credibilità del Governo e dell’efficacia delle sue politiche l’Italia ha un problema storico di competitività e di bassa crescita che precede la crisi finanziaria del 2008 e una palla al piede pesantissima rappresentata dal suo enorme debito pubblico e, ovviamente, dalla necessità di finanziarlo.
Già prima dell’esplosione della crisi la CGIL denunciò i segnali del “declino” economico e produttivo del paese.
Debito e bassa crescita costituiscono straordinarie aggravanti agli effetti della crisi globale che ha investito noi come tutte le altre economie avanzate.
Andavano – vanno – affrontate in modo strutturale con politiche adeguate che non siamo riusciti a costruire nel tempo.
Oggi, con la crisi, contribuiscono a rendere specifica la situazione italiana e inducono i mercati e le borse a scommettere contro il nostro paese.
Il famigerato “spread” che rappresenta il differenziale di costo nel finanziamento del debito tra Italia e Germania è arrivato a toccare ancora venerdì i 460 punti base e a bruciare rapidamente parte delle risorse raschiate con quelle balorde manovre estive che sono state messe in campo.
Sangue, sudore e lacrime dei lavoratori incamerate dai mondi finanziari attraverso l’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato italiani, senza nessun ritorno in termini di sviluppo e di crescita o tantomeno di riduzione del debito.
500 punti base (stamattina) di spread che paghiamo noi, non illudiamoci.
Neanche per un attimo dobbiamo pensare che non siano cosa che ci riguarda: sono le nostre tasse, il nostro lavoro, le prospettive di investimento e di sviluppo del nostro paese; sono occupazione.
E la borsa punisce il paese attribuendo alle azioni delle imprese e più in generale del sistema valori inferiori alla loro capitalizzazione reale.
La BCE detta all’Italia condizioni per continuare ad acquistare i titoli di Stato italiani, a calmierare almeno un po’ l’aggressività dei mercati nei confronti dell’Italia.
E lo fa, esattamente come per la Grecia e per le altre economie in difficoltà, sostituendosi a strategie che dovrebbero essere politiche ed europee assolutamente inesistenti.
Non c’è un’Europa politica capace di riflettere e adottare misure per affrontare la propria conclamata crisi, non c’è un luogo capace di orientare nel consenso sociale e politico le scelte comuni dell’Europa: c’è uno strumento che dovrebbe essere autonomo e tecnico, la BCE, pressato dalle politiche delle economie forti o meno deboli (Francia e Germania) che detta agli Stati comportamenti considerati virtuosi.
Non ci sono Istituzioni europee capaci di assumere decisioni politiche legittimate e non c’è una banca europea che possa stampare moneta ed emettere titoli come fosse una banca nazionale.
Ciò è grave perché: a) altre economie (USA, Giappone, Cina) sono supportate da Stati, da governi politici e dotate di banche centrali capaci di fendere le monete degli stati di riferimento; b) gli Stati europei pur avendo mantenuto banche centrali hanno rinunciato alla facoltà di emettere moneta. L’euro è orfano di politiche e di una banca capace di difenderne il valore dagli attacchi speculativi.
In realtà i comportamenti della BCE si rvelano monetaristi, depressivi, indifferenti alle specificità, basati su logiche tecnocratiche, peraltro distanti dai tentativi che negli States Obama e la Federal Reserve gestiscono a tutela dell’economia americana.
Insomma: l’Europa, tutta l’Europa, sconta una crisi economica specifica con una valuta, l’euro, non supportata da un’autorità politica e da una banca centrale capaci di rappresentare un’economia, un popolo, una storia e di difendere dalla pura forza dei mercati finanziari il valore della moneta.
L’euro è sotto l’attacco dei mercati perché sconta queste debolezze strutturali, quest’incertezza di prospettive, questa assenza di strategie politiche condivise.
E i paesi più deboli sul fronte economico si ritrovano senza sovranità e senza alternative.
Germania e Francia sono in condizione di determinare il compromesso tra i rispettivi interessi non necessariamente convergenti e di spingere – tutelando le proprie economie – la BCE a dettare per tutti cos’è giusto e cos’è sbagliato.
Certo, con un minimo di credibilità internazionale in più anche il nostro Paese avrebbe potuto dire la sua: in fondo rimaniamo una delle potenze economiche mondiali, la terza in Europa, ammette Sarkozy; abbiamo le nostre eccellenze, siamo capaci di fare qualità, continuiamo ad esportare; abbiamo un sistema-paese flessibile a suo tempo reattivo e soprattutto abbiamo una ricchezza e un risparmio privato che non temono confronti, in Europa.
Siamo cofondatori dell’Europa: prima di Berlusconi capaci addirittura di orientare i percorsi culturali e politici dell’integrazione europea.
Ma tant’è. Ci ritroviamo “non credibili”, “inaffidabili”, sotto tutela, marcati stretti anche dal Fondo Monetario Internazionale. Che non ci ha prestato un euro ma che è in condizione di pretendere di poter “vigilare” trimestralmente sui nostri conti e le nostre politiche. E chi si fida più degli impegni di Berlusconi e delle sue lettere? Chi in questa sala pensa che Berlusconi possa, con la sua maggioranza, mantenere fede alle sue promesse in sede G20?
La Grecia, del resto, è il testimonial più appariscente di questo processo di espropriazione delle prerogative anche democratiche degli Stati deboli: la minaccia di ricorrere ad un referendum popolare (quindi di esercitare un atto di sovranità, di democrazia, il ricorso al giudizio dei cittadini, degli elettori, del popolo) sulle manovre economiche frutto dei compromessi faticosi e dei negoziati con quell’Europa che non c’è, è diventata subito una bestemmia in chiesa.
Può darsi, per carità, che Papandreou abbia bleffato, che abbia fatto ricorso ad un colpo di teatro, ad una boutade geniale….. Sta di fatto che il popolo greco non ha potuto essere coinvolto – insisto, non che fosse giusto, ma così è - perché il rischio di un default non solo della Grecia, ma dell’euro e dell’Europa intera sarebbe stato troppo grosso.
Così siamo messi. Papandreou prende atto e prova ad accompagnare la nascita di un Governo di unità nazionale dopo la cancellazione dell’ipotesi-referendum. Prima di lui Zapatero ha favorito nuove elezioni; prima ancora i Governi dei Paesi coinvolti nel rischio default se ne sono andati. Così è messa l’Europa. Tocca a Berlusconi, adesso, lo voglia o no.
La CGIL sta dalla parte degli Eurobond, titoli europei e non nazionali; sta dalla parte della tassazione delle transazioni finanziarie, delle operazioni di trasferimento di valuta e titoli nel mercato finanziario mondiale (la famosa Tobin tax): ma certamente il problema è molto più ampio.
Ampio esattamente come quello della regolazione internazionale dei mercati, di stretta attualità dopo la crisi finanziaria del 2008 e poi pian piano caduto nella priorità dei vari G8, G20 ecc.
Dal punto di vista delle regole siamo dove stavamo quand’è scoppiata la crisi e la conclusione è questa: i mercati, le borse (e anche quello di più brutto che sta dentro i mercati e le borse come la speculazione e il falso) schiacciano l’Europa e l’euro agendo sulle sue debolezze e l’Europa e l’euro non sono in grado di governare questo rapporto con i mercati in modo organico e delegano alla BCE compiti impropri.
E la BCE è una banca, non un organismo politico e tantomeno democratico.
Ed assolve, da banca, le funzioni improprie che, appunto, le sono state delegate.
- Detto questo per l’Europa, si deve tornare a parlare dell’Italia.
Ma sarebbe consolatorio attribuire alla crudeltà mentale della BCE i nostri problemi. Che invece ci sono, sono reali, al di là dei comportamenti dei nostri partners europei.
Il Governo Berlusconi ha caricato il peso della crisi sui pubblici dipendenti, sui lavoratori in genere (controllare i dati del mdl: soprattutto sui giovani, sulle donne e sugli over 50), sui pensionati.
Resiste all’ipotesi di una patrimoniale (ogni volta calcola l’ammontare per Lui della eventuale patrimoniale) e sa che il problema della crescita del pil è indifferibile.
Lo chiede la BCE appena citata, lo chiede la Marcegaglia, lo chiedono le Associazioni artigiane e dei commercianti; lo chiedono CGIL CISL UIL: per il sindacato crescita vuol dire occupazione o almeno un freno alla distruzione di posti di lavoro.
Prima delle manovre ha provato a promettere misure per la crescita, senza sapere neppure di cosa si trattasse.
E infatti alle parole non sono mai seguiti fatti di sorta.
Ma è chiaro a tutti che la riduzione del deficit si fa con i tagli di spesa e l’aumento delle entrate (scelta fin qui unica e coerente del Governo) ma si fa anche con l’aumento del prodotto interno lordo (quindi investendo o in qualche modo promuovendo la crescita, la produzione, i consumi).
Strada sconosciuta a Tremonti.
Eppure, dicevo, c’è un paese che chiede: interventi sull’innovazione e la competitività, sostegno alle imprese, formazione e welfare, meno tasse sul lavoro dipendente e le pensioni.
Insomma qualcosa che muova l’economia, che ridia un po’ di fiato ai consumi, che provi a riposizionare il paese sul mercato internazionale, chiarendo la sua vocazione manifatturiera di qualità e sostenendone il ruolo nella produzione di valore.
Berlusconi va al G20 con una lettera di intenti frutto di un faticosissimo compromesso con la sua maggioranza di Governo e dell’ennesima bega con Tremonti.
Dopo aver accarezzato l’idea di finanziare le misure sulla crescita con dodici fantasiosi condoni, dopo aver tentato un affondo ulteriore sulle pensioni, dopo aver escluso tassativamente (!) il ricorso alla patrimoniale Berlusconi scrive una lettera vuota, che si segnala per l’ulteriore provocazione di Sacconi sui “licenziamenti facili” (roba che non c’entra niente, come al solito) e per la concentrazione delle misure sulle vendite del patrimonio pubblico, di immobili e società.
Un regalo al partito della rendita, alle grandi concentrazioni immobiliari: al contrario servirebbe che i patrimoni pagassero e gli investimenti fossero concentrati sulle attività produttive, sull’occupazione e sui giovani.
Alla provocazione di Sacconi, l’ennesima, pericolosa e devastante per i diritti esattamente come il suo articolo 8, rispondono nell’ordine: la CGIL, la CISL, il centrosinistra e il Capo dello Stato.
Intanto va detto che se questo paese mantiene un briciolo di credibilità e di immagine internazionale e soprattutto un filo di speranza nella tenuta delle istituzioni e della coesione sociale è perché Giorgio Napolitano sta al Quirinale e lavora: supplisce, sollecita, promuove, si fa guardare dalla gente disorientata di questo paese rappresentando il più alto punto di riferimento certo.
A Giorgio Napolitano va la nostra riconoscenza più rispettosa e affettuosa.
Il Presidente ha chiesto che dai testi parlamentari fossero rimossi quei passaggi che ancora di più e in maniera irrimediabile avrebbero spezzato il paese.
Comunque CGIL, Susanna Camusso, dice subito che “Il governo, in evidente stato confusionale, se ne deve andare al più presto prima di portare il paese alla deriva e senza permettersi nel frattempo di attaccare ancora una volta il mondo del lavoro”.
Ma stavolta fanno eco anche CISL e UIL.
Forse fulminati sulla via di Todi, dove il cardinal Bertone ha in qualche modo intonato il de profundis per Berlusconi, anche Angeletti e soprattutto Bonanni minacciano, alla fine, lo sciopero generale.
Benvenuti.
Danilo Barbi ci darà le ultime informazioni sullo stato della discussione tra CGIL, CISL e UIL; ma alcune valutazioni si possono ribadire:
a) la CGIL ha avuto ragione; il lavoro che è stato fatto ha pagato;
b) se i nostri cugini si scansano e tolgono la sponda sociale più rilevante di questo Governo, questo Governo è davvero all’ultimo miglio;
c) se ci fossero appuntamenti unitari di mobilitazione non ci tireremmo indietro: sappiamo cosa vuol dire per il paese l’unità delle forze sindacali; conosciamo il valore storico delle battaglie unitarie del sindacato confederale e il ritorno alla ragionevolezza di CISL e UIL sarebbero una liberazione per il paese e per la CGIL un enorme motivo di soddisfazione e di consolidamento del suo percorso sindacale e politico.
Ma so bene che non è detto che ciò avvenga né tantomeno rapidamente.
C’è chi mi ha detto “se c’è uno sciopero unitario voglio cortei separati. Con quelli lì non mi mischio. Voglio vederli in fabbrica con che faccia si presenteranno”.
I motivi di divisione restano tutti; la lacerazione che è stata prodotta dalla connivenza con Sacconi è profonda; le parole dette sono pietre.
Ma siamo un grande sindacato, responsabile.
Nei confronti dei lavoratori, dei pensionati e del paese.
Dobbiamo essere determinanti.
E insieme essere determinanti è più facile.
- Anche qui, sul territorio, in Brianza.
L’ultimo direttivo della Camera del Lavoro aveva, dopo lo sciopero della CGIL del 6 settembre, lanciato una sfida indicando due obiettivi: dobbiamo continuare e consolidare.
Continuare la battaglia, la mobilitazione per contrastare gli atti ingiusti e inefficaci del Governo e per sostenere i nostri contenuti.
Dopo lo sciopero giustamente la CGIL Nazionale ha indicato un percorso di mobilitazione (manifestazioni nazionali dei pubblici dipendenti, dei pensionati e manifestazione confederale il 3 dicembre), ma anche qui, sul territorio, occorreva dare visibilità e voce alle difficoltà se non alle sofferenze di lavoratori e pensionati.
Il tema della crisi e della sua gestione, il tema dell’occupazione e del valore del reddito, persino il tema della lotta all’evasione sono sì temi nazionali, che vanno presidiati con continuità in questo momento complicatissimo.
Ma c’è anche una dimensione territoriale, vicina, che chiede risposte concrete, immediate, visibili.
E poi consolidare il rapporto con i lavoratori, con tutti i lavoratori.
Se lo sciopero e la bella manifestazione del 6 settembre ci hanno fatto sentire la vicinanza con i problemi di chi lavora, è giusto preoccuparsi di non disperdere questo patrimonio di credibilità, di legittimazione, di fiducia al di là delle appartenenze sindacali che in quell’occasione abbiamo scoperto di possedere.
La CGIL di MB allora avrebbe dovuto costruire un’iniziativa che richiamasse il territorio alla profondità della crisi anche in Brianza, che ne sottolineasse le caratteristiche particolari, che mettesse in campo proposte per affrontare, qui, sul territorio, i problemi della gestione della crisi e provasse ad identificare uno scenario di sviluppo occupazionale e produttivo del sistema locale.
E avrebbe dovuto allargare i confini del consenso: avrebbe dovuto tentare di condividere con le altre Organizzazioni un percorso di coinvolgimento di tutti i lavoratori, di mobilitazione e di confronto con le controparti e le Istituzioni locali.
Avete in mano il prodotto di questa “offensiva” della CGIL di Monza e Brianza.
E’ un documento unitario, che esprime valutazioni e proposte e che chiede alle RSU e ai sindacati dei pensionati di farsi protagonisti di un’iniziativa di visibilità, di mobilitazione e di lotta sul territorio di Monza e Brianza, fuori dalle aziende, dagli uffici, nelle piazze dei principali Comuni il prossimo 24 novembre.
Il pensiero di questo documento ha tre o quattro punti di analisi solidamente condivisi:
- non è vero che questo territorio sta meglio di altri dal punto di vista occupazionale e soprattutto non è vero che le crisi aziendali con le mobilità conseguenti sono fatti isolati. Non è vero che il problema della Cassina è di Meda, che quello della Feg è di Giussano, che quello dell’IBM o del polo tecnologico è di Vimercate e via discorrendo: occorre far vedere che queste crisi insieme fanno la crisi del sistema produttivo manifatturiero del territorio di Monza e Brianza. I numeri sono pesanti e vanno pesati nella loro dimensione territoriale: è il distretto del mobile, eccellenza storica dell’imprenditorialità brianzola, ad essere in crisi, non qualche singola azienda; è il settore intero delle costruzioni ad essere in crisi, non qualche piccola o grande impresa; è il progetto HI TECH ad essere precipitato in un mare di difficoltà, non questa o quella azienda; e via di questo passo.
- Ciò significa che il territorio nel suo complesso sta rischiando l’impoverimento: quello che si vede è che per la crisi della Brianza non c’è governo, non c’è gestione, non c’è strategia condivisa. I lavoratori sono soli ad affrontare con le proprie famiglie i propri problemi; esattamente come gli imprenditori sono soli a compiere le proprie scelte imprenditoriali: non c’è istituzione, non c’è associazione datoriale, non c’è aggregazione di interessi che ragioni sulla dimensione territoriale; ciascun gruppo o singolo fa per sé e prova a sfangarsela con risultati non proprio brillanti. Chiude un’azienda d’eccellenza, chiudono decine di piccole aziende che lavorano l’indotto. Nel silenzio. Non solo non c’è progetto di governo degli effetti della crisi, non c’è un luogo di discussione, di confronto, di condivisione delle idee e dei comportamenti. La Provincia ha le sue belle responsabilità, così come le rissose Associazioni datoriali: piccoli servizi, piccolo cabotaggio, poco pensiero.
- Significa che MB non è un sistema produttivo consapevole. Non è lobby unitaria, ma al massimo è una corte delle filiere politiche; non ha coscienza né dei propri problemi né delle proprie eccellenze, dei propri punti di forza: aspetta che la crisi passi e di fronte all’impoverimento allarga le braccia senza costruire politiche e comportamenti condivisi. La spontaneità, lo stellone brianzolo fatto di cultura del lavoro, di coraggio imprenditoriale, di sfide vinte nella storia, rischiano di appannarsi. Ovviamente nessuno sa ne forse si chiede dove sta andando il sistema produttivo brianzolo: quale vocazione difendere (manifatturiera? Terziaria? Turistica?), quale innovazione sostenere, quale direzione intraprendere sembra non siano domande rilevanti.
- E di fronte a sistemi territoriali organizzati (come altre province lombarde, per esempio), capaci di riflettere sugli scenari e sui propri interessi territoriali MB rischia di essere costantemente un passo indietro. La competitività territoriale (che è fatta di infrastrutture, di servizi alle imprese, di formazione e ricerca, di buon livello degli amministratori e della politica, di buon funzionamento, l’efficienza della pubblica amministrazione, di investimenti sul welfare) è una variabile abbandonata a se stessa.
- In questo quadro di prospettiva devono calarsi le azioni di governo della crisi e di gestione degli ammortizzatori sociali: dalla cassa in deroga da rifinanziare alle politiche delle singole aziende che non possono essere lasciate al caso; dagli interventi di politiche attive per il lavoro alla gestione della formazione e della riqualificazione.
- Infine ha un grande rilievo la negoziazione sociale e territoriale: le politiche degli enti locali anche in preda alle difficoltà evidenti della finanza locale non possono tagliare il sociale, non porsi il tema delle famiglie dei lavoratori in cassa, delle tasse locali, dei servizi, nella loro qualità e quantità e nei loro costi, nelle tariffe, nelle rette. La negoziazione di CGIL CISL UIL su questo territorio ha una storia consolidata e importante: occorre raddoppiare gli sforzi per determinare le migliori condizioni di accesso al welfare territoriale da perte delle fasce deboli: pensionati e cassintegrati in primis. E il primo obiettivo di questa negoziazione è provocare le Amministrazioni sul terreno della lotta all’evasione: per motivi finanziari (può buttare risorse importanti) e per motivi di giustizia (le tasse le devono pagare tutti).
Insomma: leggerete il documento e valuterete. L’appello è alle RSU e ai pensionati perché il 24 novembre si rendano visibili e sveglino questo territorio distratto.
Non ho dimenticato che il primo prossimo appuntamento di mobilitazione sul quale contiamo molto è la manifestazione a Milano nel pomeriggio di sabato 12 novembre.
Una manifestazione regionale promossa da un nutrito gruppo di personalità del mondo della politica, degli enti locali, dell’università, del sindacato, della cultura, dello spettacolo……
“Riprendiamoci il campo” si intitola.
Interpreto: nel ’94 è cominciata l’epopea del Cavaliere, che è “sceso in campo” con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Glielo togliamo, il campo. Ce lo riprendiamo. Andremo a Milano in tanti da Monza e dalla Brianza: abbiamo una voglia matta di cominciare tutta un’altra partita.
Chissà che l’ultimo miglio lo percorreremo in fretta: è possibile vedere un nuovo quadro politico che almeno alzi la credibilità delle scelte, che ridia fiducia alla cultura democratica del paese, che si faccia orientare dall’equità. Certo la CGIL sui contenuti ha già detto e non cambierà idea. Lo scopriremo presto: se ci sono le condizioni per riportare fiducia tra lavoratori e pensionati o se si deve andare alle elezioni.
Comunque, perdio, Berlusconi vattene!
Monza, 7 novembre 2011
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Comunicato stampa n. 1
SEICENTO DELEGATI DELLA CGIL MB ASPETTANO SUSANNA CAMUSSO.
Ma il segretario generale della CGIL è trattenuta a Roma per seguire la situazione politica.
Stamattina, al Cinema Metropol di Monza, si sono dati appuntamento le delegate e i delegati, le pensionate e pensionati della CGIL per l’annunciata assemblea provinciale.
L’evento era stato promosso con manifesti e locandine in tutta la provincia. Il teatro era stracolmo: seicento persone e passa, esauriti i posti a sedere, gente appollaiata sui gradini. E’ toccato a Maurizio Laini, Segretario Generale della CGIL di Monza e Brianza, aprire il microfono e comunicare, tra qualche mormorio di delusione, che Susanna Camusso, Segretario Generale della CGIL, era stata trattenuta a Roma da una riunione convocata in fretta e furia per seguire la delicatissima situazione politica.
Al suo posto intorno all’una ha concluso l’assemblea Danilo Barbi, componente della Segreteria Confederale Nazionale, responsabile del dipartimento economico e di quello sul federalismo fiscale.
Danilo Barbi ha esordito ricordando le radici della crisi: “la produttività mondiale è aumentata, sono aumentate le produzioni e le merci disponibili, non sono aumentati i salari e i consumi. I profitti non si sono trasformati in investimenti, ma in capitali finanziari. Siamo in una fase di “sovrapproduzione” che in qualche modo l’economia mondiale dovrà affrontare. Del resto – ha detto Barbi – quando diciamo che la diseguaglianza è causa della crisi diciamo che il sistema non redistribuisce la richezza che accumula, né sotto forma di lavoro, né sotto forma di reddito per chi lavora. I capitali vengono dirottati invece sui mercati finanziari internazionali”.
Parlando dell’Europa e delle sue politiche labili, Barbi ha affermato: “la linea europea del patto di stabilità è fallita in tutta Europa. Ma la CGIL ne ricava le seguenti due lezioni: occorre ridisegnare l’architettura delle Istituzioni europee e comunque occore rilanciare, anzi, costruire l’Europa”. In particolare ha poi citato la necessità di istituire gli Eruro bond, la “transation tax” e soprattutto di far precedere politiche per la crescita a quelle del controllo del debito.
Dopo aver riaffermato le priorità per il paese, secondo la CGIL (lotta all’evasione, patrimoniale, prelievo sulla concentrazione delle ricchezze e investimenti sull’innovazione e i giovani), Danilo Barbi ha detto “Potremmo riassumere così: solo il lavoro può salvare l’Italia e solo il lavoro può rilanciare l’Europa”
Infine l’ultima battuta sul futuro incerto del quadro politico: “per la CGIL, atteso che il Governo deve andarsene rapidamente, serve nuovo quadro politico che cambi le cose. Non un Governo che adempia alla lettera del G20 ma un Governo che cambi gli impegni e li sostituisca secondo il principio di equità”.
Il suo giudizio “personale” è che la strada maestra per il cambiamento siano nuove elezioni.
Monza, 7 novembre 2011
Comunicato Stampa n. 2
Danilo Barbi accolto da un boato di entusiasmo.
La platea dell’assemblea provinciale della CGIL si scalda e forse inneggia alla borsa.
Ha appena preso la parola, Danilo Barbi, segretario della CGIL nazionale, per le sue conclusioni all’assemblea dei delegati della CGIL di MB che stamattina si è svolta al Metropol di Monza.
E informa – supportato dal suo i-pod – che voci giornalistiche danno per imminenti, se non già rassegnate, le dimissioni del Governo Berlusconi.
Aggiunge: “la borsa, unica in Europa, all’annuncio delle voci di corridoio sulle dimissioni schizza in alto; lo spread con i bund tedeschi si riduce”.
Mentre finisce la frase “occorre però aspettare, perché mai dire gatto se non ce l’hai nel sacco…” dalla platea si leva un’ovazione.
Per la borsa di Milano? Per le dimissioni di Berlusconi?
Monza, 7 novembre 2011
Comunicato Stampa n. 3
Maurizio Laini: il territorio di Monza e Brianza soffre per l’occupazione e deve temere per il suo benessere.
Introducendo i lavori dell’assemblea della CGIL, il Segretario pronuncia parole di pietra sull’immobilismo delle politiche territoriali.
Ha avuto parole pesanti il Segretario della CGIL Maurizio Laini nella sua relazione introduttiva all’assemblea dei delegati. Anche nei confronti della situazione occupazionale e produttiva del territorio di Monza e Brianza.
“Non è vero che questo territorio sta meglio di altri dal punto di vista occupazionale e soprattutto non è vero che le crisi aziendali con le mobilità conseguenti sono fatti isolati – ha affermato Laini-. Non è vero che il problema della Cassina è di Meda, che quello della Feg è di Giussano, che quello dell’IBM o del polo tecnologico è di Vimercate e via discorrendo: occorre far vedere che queste crisi insieme fanno la crisi del sistema produttivo manifatturiero del territorio di Monza e Brianza. I numeri sono pesanti e vanno pesati nella loro dimensione territoriale: è il distretto del mobile, eccellenza storica dell’imprenditorialità brianzola, ad essere in crisi, non qualche singola azienda; è il settore intero delle costruzioni ad essere in crisi, non qualche piccola o grande impresa; è il progetto HI TECH ad essere precipitato in un mare di difficoltà, non questa o quella azienda; e via di questo passo”.
E ha proseguito: “Ciò significa che il territorio nel suo complesso sta rischiando l’impoverimento: quello che si vede è che per la crisi della Brianza non c’è governo, non c’è gestione, non c’è strategia condivisa. I lavoratori sono soli ad affrontare con le proprie famiglie i propri problemi; esattamente come gli imprenditori sono soli a compiere le proprie scelte imprenditoriali: non c’è istituzione, non c’è associazione datoriale, non c’è aggregazione di interessi che ragioni sulla dimensione territoriale; ciascun gruppo o singolo fa per sé e prova a sfangarsela con risultati non proprio brillanti. Chiude un’azienda d’eccellenza, chiudono decine di piccole aziende che lavorano l’indotto. Nel silenzio. Non solo non c’è progetto di governo degli effetti della crisi, non c’è un luogo di discussione, di confronto, di condivisione delle idee e dei comportamenti. La Provincia ha le sue belle responsabilità, così come le rissose Associazioni datoriali: piccoli servizi, piccolo cabotaggio, poco pensiero”.
Laini ha continuato: “Significa che MB non è un sistema produttivo consapevole. Non è lobby unitaria, ma al massimo è una corte delle filiere politiche; non ha coscienza né dei propri problemi né delle proprie eccellenze, dei propri punti di forza: aspetta che la crisi passi e di fronte all’impoverimento allarga le braccia senza costruire politiche e comportamenti condivisi. La spontaneità, lo stellone brianzolo fatto di cultura del lavoro, di coraggio imprenditoriale, di sfide vinte nella storia, rischiano di appannarsi. Ovviamente nessuno sa ne forse si chiede dove sta andando il sistema produttivo brianzolo: quale vocazione difendere (manifatturiera? Terziaria? Turistica?), quale innovazione sostenere, quale direzione intraprendere sembra non siano domande rilevant”i.
“E di fronte a sistemi territoriali organizzati (come altre province lombarde, per esempio), capaci di riflettere sugli scenari e sui propri interessi territoriali MB rischia di essere costantemente un passo indietro – ha chiuso Laini su questo punto -. La competitività territoriale (che è fatta di infrastrutture, di servizi alle imprese, di formazione e ricerca, di buon livello degli amministratori e della politica, di buon funzionamento, l’efficienza della pubblica amministrazione, di investimenti sul welfare) è una variabile abbandonata a se stessa”.
Monza, 7 novembre 2011
Comunicato stampa n. 4
Si annuncia un’iniziativa di CGIL CISL UIL sull’occupazione e lo sviluppo in Brianza.
Maurizio Laini la lancia all’assemblea provinciale della CGIL.
Maurizio Laini, Segretario della CGIL di Monza e Brianza, questa mattina ha introdotto l’assemblea provinciale della CGIL.
Di fronte alle seicento persone che affollavano la sala del Metropol di Monza, tra le altre cose, Laini ha presentato un documento unitario, condiviso con CISL e UIL Brianza, testo base di un’iniziativa di mobilitazione che verrà presentata unitariamente alla stampa nei prossimi giorni.
Dice Laini: “E’ un documento unitario, che esprime valutazioni e proposte e che chiede alle RSU e ai sindacati dei pensionati di farsi protagonisti di un’iniziativa di visibilità, di mobilitazione e di lotta sul territorio di Monza e Brianza, fuori dalle aziende, dagli uffici, nelle piazze dei principali Comuni il prossimo 24 novembre”.
A margine dell’assemblea, il Segretario Generale della CGIL di Monza e Brianza spende valutazioni significative sul percorso unitario avviato sul territorio con CISL e UIL:
“Non abbiamo mai smesso di sentirci e di vederci, con Viganò e Zurlo (segretari rispettivamente di CISL e UIL Brianza, ndr), anche nei momenti in cui il dibattito nazionale ci ha condotti su strade diverse. Per il territorio abbiamo condiviso proposte comuni. La pensiamo alla stessa maniera. Abbiamo anche programmato un’iniziativa di mobilitazione insieme. Con CISL e UIL pensiamo che sia ora di aprire gli occhi, tutti insieme, amministrazioni, associazioni datoriali e sindacati per fare lo sforzo di immaginare un futuro occupazionale positivo e di sviluppo del territorio. Chi deve sentire ascolti!”.
Monza, 7 novembre 2011
Comunicato stampa n. 5
L’assemblea Provinciale dei delegati della CGIL di Monza e Brianza si è chiusa con l’approvazione di un ordine del giorno proposto dal Segretario Generale della FIOM Claudio Cerri.
Il documento è stato assunto dalla Presidente dell’assemblea, Lorella Brusa, e applaudito dalla sala.
Ecco il testo:
“L’assemblea della CGIL Monza e Brianza riunitasi oggi 7 novembre 2011 condanna il grave atto intimidatorio compiuto contro la CGIL di Ascoli Piceno e esprime tutta la solidarietà ai compagni e compagne della CGIL di Ascoli Piceno.
Tutta la CGIL chiede alle istituzioni preposte di individuare gli autori di questo gravissimo atto.
La CGIL non si farà intimidire e continuerà nella battaglia libera, civile e pacifica per i diritti, il lavoro e la democrazia”.
Comunicato stampa n. 6
Quattordici i delegati intervenuti nel dibattito all’assemblea provinciale della CGIL.
Sette le delegate, tra le quali una pensionata e una metalmeccanica.
Nel corso della mattinata al cinema Metropol di Monza che ha ospitato circa seicento delegate e delegati, pensionate e pensionati della CGIL di Monza e Brianza, sono intervenuti nel dibattito quattordici delegati.
Per una volta non hanno parlato Segretari e funzionari: la parola è stata data solo a lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati.
Due metalmeccanici, una pensionata e, per la prima volta, una lavoratrice “atipica”.
Gli altri sono un delegato/a per ciascuna delle altre categorie della CGIL.
Tra di loro il direttore dell’INCA (patronato) CGIL di MB, che ha fatto il quadro delle gravissime novità introdotte in materia di pensioni e requisiti per il pensionamento.
Ecco il dettaglio degli interventi:
ANGELA MONDELLINI, metalmeccanica;
ERNESTO BRAMBILLA, chimico, “Elesa”, Monza
ROSSANO BELTRAMI, legno, “Cassina”, Meda
IVLES MERLINI, trasporti, “Autoguidovie”, MB
EMANUELA LURASCHI, credito, “Equitalia”, Monza
NADIA COSTA, commercio
MASSIMO CASUCCI, comunicazioni, “Poste Italiane”
ERNESTO CAPPELLETTI, alimentaristi, “Star” Agrate Brianza
IRENE CICCIO’, funzione pubblica, Comune di Desio
MICHELE SOLIMANO, metalmeccanici, “ST” Agrate
CINZIA D’ANGELONE, nuove identità di lavoro, “call center VISIANT”, Concorrezzo
EZIO CIGNA, direttore patronato INCA CGIL MB
GLORIA GIANNESSI, pensionata, lega “Villasanta”, Monza
ROSANNA RIZZO, scuola, ist. Compr. “Anna Frank”, Monza.
Monza, 7 novembre 2011