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Abbiamo intervistato a Canzo Teodoro Di Fiori Margarita, esponente del movimento e attivo da anni nella Brianza Settentrionale

 

Le Post Utopie

 

Con questo servizio iniziamo ad esplorare alcune utopie moderne, quelle nate negli ultimi decenni. Nonostante da più parti ne sia stata decretata la scomparsa, le utopie esistono e si evolvono. Ancora svolgono la funzione di immaginazione prospettica verso modelli ideali futuribili, seppure siano relegate in ambiti marginali della popolazione. Il sociologo Zygmunt Bauman ha coniato il temine retropie per concettualizzare l'attuale tendenza dominante, propensa al rigetto di una percezione del futuro che appare indecifrabile e allarmante e che trova come ripiego la negazione dell'utopia. La retropia prende dunque forma con il tentativo di recuperare modelli del passato, dove si presume che le certezze avessero solida stabilità negli assetti sociali e politici. Questa presunzione, cioè l'idea di reiterare forme del passato difficilmente riproducibili, si accomuna al carattere illusorio insito nell'utopia. La differenza sta nel guardare indietro invece che avanti.

 

Non è la prima volta che la storia umana attraversa periodi di grande instabilità e confusione. Il cambiamento epocale in cui siamo immersi, che va sotto la nome di globalizzazione, è paragonabile alle grandi trasformazioni avvenute per esempio con il passaggio dalle caverne alle tribù, al villaggio e infine allo Stato nazione. La trasformazione attuale fa intuire un ulteriore passaggio dallo Stato nazione a qualcosa d'altro. Alcuni, per definirlo, hanno preso in prestito il termine di “villaggio globale” da Marshall McLuhan, ma a questo non è corrisposta un'identità chiara e delineata del mondo a venire. E' proprio questa incognita che genera riluttanza e timore: il procedere verso un ordine sicuramente stravolto rispetto a quello attuale, con gerarchie e valori completamente diversi, da inventare e interpretare. Le utopie che andremo a trattare, dopo il Bioregionalismo, saranno la Poliarchia, la Decrescita Felice e le Transition Towns.

 

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Il Bioregionalismo

 

Nato negli Usa durante gli anni '60 dalle teorie di Peter Berg e Raymond Dasmann, è approdato in Italia dopo la metà degli anni '80, sostenuto principalmente dai movimenti ambientalisti ed anarchici. E' una visione non solo ecologica, ma anche culturale, politica e spirituale. Si basa su alcuni concetti essenziali: è l'uomo che appartiene alla terra e non viceversa; essendo l'uomo un figlio della terra come gli altri, ha diritti uguali e non prevaricanti rispetto agli altri animali; tutti gli interventi umani sulla terra devono rispettare gli equilibri ecologici naturali; la bioregione è concepita come un territorio con caratteristiche fisiche ed ecologiche omogenee, per conseguenza non accetta i confini amministrativi stabiliti dalla burocrazia degli stati, perché i confini accettabili sono solo quelli naturali, formati dai fiumi e dalle montagne.

 

Al contrario della Panarchia che, come vedremo nel prossimo servizio, ha una traccia politica più puntuale, pur non essendo partitica e definisce l'esistenza di una non-società destrutturata, senza la presenza dello Stato in ambiti deterritorializzati, il Bioregionalismo si muove esclusivamente su un campo pre-politico. Per questa ragione suscita l'intesse di compositi orientamenti politici: dai già citati ambientalisti e anarchici a partiti tradizionali, compresi alcuni settori della Lega Nord e frange eco-nazionaliste anche di estrema destra. Nei territori italiani è organizzata in due distinte reti. Tuttavia, nonostante abbia un numero limitato di aderenti, al Bioregionalismo fanno riferimento numerose associazioni e tendenze culturali, come i vegetariani, gli animalisti, i produttori di biologico, di semi ecc. Inoltre, alcuni suoi concetti sono in fase di metabolizzazione nella società: basti pensare all'acquisizione del terminine ecocompatibile, preso in uso gradualmente negli ambiti sociali, nelle direttive europee e nella Pubblica Amministrazione, o alla cultura delle sementi, dove la sensibilità sull'importanza della conservazione e tramandandone dei semi è diventato patrimonio di una fascia sempre più significativa di popolazione. 

 

Teodoro Di Fiori Margarita

 

Per rendere più tangibile e meno concettuale l'esposizione del Bioregionalismo, siamo andati a intervistare un attivista del movimento, Teodoro Di Fiori Margarita, fondatore dell'associazione locale di Civiltà Contadina e insegnante che vive a Canzo. Questa cittadina è in Lombardia un punto di riferimento dell'ecologia: è stata la precorritrice, fin dagli anni '80, verso l'attenzione per il territorio e l'agricoltura biologica, creando la prima fiera del mercato biologico, la Biofiera. Nel territorio si è formata una comunità che si potrebbe definire un piccolo embrione di bioregione.

 

Teodoro, come nasce il Bioregionalismo?
Il Bioregionalismo affonda le radici nel pensiero di Henry David Thoreau, nato duecento anni fa, nel 1817, negli Stati Uniti d'America E' stato il primo pensatore che in maniera ragionata e strutturata ha messo in discussione l'ideologia produttivista e industrialista, Da qui ha inizio una visione diversa al modello dominante di vedere quel fine nella storia che era dato per acquisito e indiscutibile. Thoreau, che pure aveva un'azienda, a un certo punto cambiò la sua vita, rinunciando alla ricchezza e, in questa mutata condizione di vita, poté prevedere con decenni d'anticipo la distruzione delle praterie, il massacro dei nativi indiani e lo sterminio dei bisonti.

 

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Teschi di bisonte - Stati Uniti fine '800

 

Quindi il Bioregionalismo ha una matrice solo americana?
I bioregionalisti, quelli acclarati e conosciuti che hanno fondato il movimento negli anni '60, tentando di dar vita a reti sul territorio, in maniera non soltanto meccanica, geologica e geomorfica ma anche spirituale, attribuendo un'identità, una voce, un suono agli animali, ai corsi d'acqua e alle rocce, sono americani. Anche se, per la maturazione del pensiero bioregionalista, è stata importante anche quella fase di “scoperta dell'India” fatta da giovani americani ed europei, dove è permeata la cultura della non violenza di Gandi e gli elementi della spiritualità orientale. A questi humus va aggiunto il ruolo avuto degli intellettuali della beat generation.

 

Il movimento da noi è relativamente giovane e tuttavia dopo venti anni fatica ad allargarsi e ad espandersi. In Italia attualmente ci sono due reti

Poi è arrivato anche in Italia?
In questo articolo che ho scritto nel mio blog, ho tracciato sinteticamente la nascita del movimento, avvenuta nel 1996 con la costituzione della Rete Bioregionale Italiana. Il movimento da noi è relativamente giovane e tuttavia dopo venti anni fatica ad allargarsi e ad espandersi. In Italia attualmente ci sono due reti: una fa capo a Paolo D'Arpini e l'altra a Giuseppe Moretti, inizialmente co-fondatore della Rete Bioregionale Italiana e poi uscito per fondare una seconda rete: Sentiero Bioregionale. Li conosco entrambi. Ho avuto modo di organizzare iniziative in comune e di scrivere per entrambe le reti.

 

Che differnza c'è tra le due reti?
Giuseppe Moretti, a mio parere, ha scritto le opere di maggiore qualità: ha conosciuto personalmente Gary Snyder e ne ha tradotto in italiano le opere. Insieme abbiamo organizzato una conferenza a Erba, qui vicino e tentato di costruire una rete Bioregionale in Lombardia. A dire la verità, ho smesso di lavorare con D'Arpini perché in un convegno promosso da lui, si sono presentati due signori con tatuaggi di aquile littorie sulle spalle.

 

Questo non era per te accettabile?
In realtà è solo un sintomo: da parte di questa tendenza c'è un'apertura al cosiddetto pensiero rosso-bruno, che ha contaminato il pensiero bioregionale. Ma anche si sono infiltrate concezioni provenienti dagli “illuminati” o di carattere cospirativo e complottista. Con D'Arpini abbiamo avuto un diverbio finale e irreparabile, quando scrissi un articolo di critica nei confronti di Papa Bergoglio, imputandogli di non aver fatto nulla contro la strage dei desaparesidos e lui mi contestò. Prima di rompere con D'Arpini, sono stato responsabile della biodiversità nella rete Bioregionalista. Con questa rete preferisco non avere nulla a che fare. Purtroppo, quel poco che si stava costruendo è andato in frantumi con una scissione in due del movimento.

 

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La polizia impedisce l'accesso alla posa di un oledotto nelle terre dei nativi Dakota - Foto di Ann Wright

 

 

Anche il nazionalismo è a favore dei nativi. Che differenze ci sono con l'idea bioregionalista?
Nel concetto: “Io sono nativo e chi non lo è non può stare qui”. Il discrimine basilare tra un pensiero non di destra e libertario è uno di destra, in merito alla concezione legata al sangue e al suolo, sta nel fatto che nel pensiero di destra l'identità è acquisita per sempre come dato indiscutibile. Invece nel pensiero libertario la distinzione delle etnie non esiste. Non dimentichiamoci che il pensiero di destra, il pensiero meccanicista bianco, si è reso responsabile del colonialismo e dello sterminio di intere popolazioni native, come in America o in Algeria e nel nostro caso italiano in Africa Orientale. Noi siamo a favore delle lotte dei nativi, ma siamo anche figli dell'Illuminismo. Il Bioregionalismo, come lo hanno ideato gli americani, è un idea bellissima. Quanto hanno fatto, per esempio a Los Angeles, con la produzione culturale di un ecologia profonda (ancora ho conservato fanzine degli anni '70) rientra in un ecologismo radicale che è sicuramente antifascista, anticapitalista e antirazzista. Senza ombra di dubbio.

 

15 anni fa sono stato fondatore del primo gruppo locale in Italia di Cultura Contadina e seed saver (salvatori dei semi)

In cosa sei impegnato ora?
15 anni fa sono stato fondatore del primo gruppo locale in Italia di Cultura Contadina e seed saver (salvatori dei semi). Volendo continuare a diffondere questa scintilla di pensiero radicale, scrivo nel mio blog. Collaboro con la rivista Terra Nuova. La rivista è un evoluzione del bollettino di coordinamento sull'agricoltura dell'Autonomia Operaia del 1977, nato a margine del convegno di Bologna sul tema della repressione in Italia.

 

Provieni da quella cultura politica?
Avevo solo 17 anni, il mio contributo in quella fase è stato di fiancheggiatore.

 

Era l'Autonomia di Negri, Scalzone, Piperno?
No, l'Autonomia in Italia non era monolitica. Io sono nativo di Cava dei Tirreni. Quella di Salerno era assai diversa da Padova. Noi eravamo l'Autonomia “Desiderante”, non a caso siamo stati costituenti del comitato anti militarista e anticapitalista, il nostro riferimento era la rivista Rosso Vivo, quella di Dario Paccino. Terra Nuova, di cui sono stato responsabile nella sezione città-campagna nei primi anni '80, è stata l'espressione di quella parte del movimento che scelse la via dell'ecologia: abbandonare la città e spostarsi in campagna. Si può dire che è stata la madre del pensiero bioregionalista italiano. Questa cultura è stata in grado di dialogare in modo naturale con quanto è germogliato nel tempo: dall'ecologia profonda, al vegano, all'animalista ecc. Terra Nuova è stata anche la base di avvio dell'agricoltura biologica in Italia. Poi aiutata da personaggi come Gino Girolimoni, il fondatore di Alce Nero.

 

Sono movimenti eterogenei?
C'è una parola magica che lega tutti: Madre Terra. La Terra non è solo un qualcosa da sfruttare.

 

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Fertilizzante - Lorenzo Vinci

 

Nel Bioregionalismo c'è un concetto fondante: la Terra è sacra

C'è anche un elemento spirituale?
Si ma non solo. Ci sono persone come Massimo Angelini (qui un Servizio della rivista Vorrei, ndr.) che ha avuto il coraggio di abbandonare la cattedra all'Università di Genova e dedicarsi alla cura della Terra. Recentemente ha scritto il libro “Minima ruralia” in cui nella prefazione stabilisce il paradigma che la Terra non può essere una miniera da cui estrarre risorse, ma è un essere vivente da rispettare. Nel movimento convivono diverse branche di pensiero che vanno dai nativi, intesi come depositari della conoscenza storica del territorio, al paganesimo. Attenzione, anche qui, a non confonderlo con il paganesimo di destra. Nel Bioregionalismo c'è un concetto fondante: la Terra è sacra.

 

La Terra non è rispettata dall'uomo?
C'è un paradosso: è più conosciuto il cielo, i pianeti e le stelle, che non una zolla di terra, dove vivono miliardi di microorganismi. Per noi tutto ciò che vive e si agita ha diritto alla dignità. E' un paradigma del pensiero di Cartesio, che ora viene confutato e contrastato da destra. Quella destra che si insinua ovunque: nell'ecologia, nell'ambientalismo, nell'animalismo e persino nel vegano. C'è un concetto di fondo che ci differenzia: non c'è terra senza libertà e non c'è libertà senza terra. Dobbiamo essere capaci di vivere a fianco del nostro prossimo rispettando la terra. Le due cose devono procedere di pari passo. Tutti questi sono concetti fondanti dei padri del Bioregionalismo.

 

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Bosco di betulle, 1903 - Gustav Klimt

 

la concezione del Bioregionalismo fa a meno dell'esistenza dello Stato, o piuttosto lo contrasta

Dal punto di vista politico, come si pone il Bioregionalismo con il problema dello Stato?
Da quanto ho letto, la concezione del Bioregionalismo fa a meno dell'esistenza dello Stato, o piuttosto lo contrasta. L'idea bioregionale è più vicina alle forme di pensiero libertario e anarchico, che non alla forme della politica organizzata. La politica istituzionale, intesa come consenso elettorale, è molto lontana dalle idee del movimento. Quindi non concepisce una società già configurata, ma lascia aperto il campo a una armonizzazione naturale. Bisogna far presente che in questo momento il Bioregionalismo è sotto attacco delle multinazionali. Ad esempio in Argentina è stranamente sparito un attivista che si opponeva alle politiche di sfruttamento della Terra ad opera della Benetton, dove hanno acquistato ingenti quantità di terreni per lo sfruttamento intensivo (land grabbing - fenomeno di accaparramento delle terre, ndr). Allo stesso modo vengono attaccate dalle multinazionali le culture delle sementi e difese dalle reti di salvatori di semi.

 

Nell'utopia, o filosofia del Bioregionalismo, si inseriscono anche gruppi come le reti del commercio Equo-Solidale e i Gruppi di Acquisto?
Rientrano nella stessa filosofia. Peraltro godono di un buon livello organizzativo, sicuramente lascito del volontariato cattolico di base: sono i buoni cattolici, quelle persone che credono veramente nei principi della religione e li mettono in pratica. Da queste parti l'organizzazione prende forma nel volontariato legato alle parrocchie e al movimento Scout. Tuttavia non rientrano nel movimento bioregionalista, perché, essendo cattolici, non possono accettare l'impostazione neo pagana, quel concetto di Madre Terra. Il nostro pensiero trae molti spunti dalle filosofie orientali, che poi sono infondo concorrenti alla religione cattolica. Comunque anche i cattolici hanno compiuto passi avanti con il concetto del “rispetto del creato”, ma restano ancora distanti da alcune nostre concezioni di base, profondamente legate alla natura. Pensa che i Verdi in Germania hanno pubblicato manifesti elettorali con immagini di alberi e la scritta “Il bosco è la nostra anima”, cioè con concetti spirituali assai lontani dalle religione.

 

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BioFera di Canzo 2017, archivio riviste de La Cumpagnia di Nost - Foto di Pino Timpani

 

Canzo è stata una cittadina pioniera della cultura biologica. Ricordo di essere venuto all'inizio degli anni '90 a una delle prime fiere, quando queste in Italia si limitavano alla Fierucola di Firenze. Che relazioni ci sono con il Bioregionalismo?
Esiste da 30 anni l'associazione organizzatrice della fiera, che si chiama La Cumpagnia di Nost. Sono una comunità che ha preso in carico la gestione e l'animazione, durante tutto l'anno, di eventi importanti per il territorio. Usano linguaggi, con simbologie pagane di antica derivazione celtica, ben chiari. In questa comunità, pur richiamando identità profonde e storiche del luogo, non sono presenti elementi deleteri, come il razzismo e altre discriminazioni. Hanno pubblicato e pubblicano serie di ricerche storiche e morfologiche e di approfondimento delle conoscenza del territorio. Parlano e scrivono in dialetto. Insomma, svolgono una funzione culturale di alto livello e per questo sono unanimemente riconosciuti dalla popolazione. Secondo me rientrano nel Bioregionalismo.   

 

Il blolg di Teodoro Di Fiori Margarita

Approfondimenti sul tema dell'ecologia:  Storia del pensiero biologico evolutivo di Piergiacomo Pagano

Scaricabile qui gratuitamente.

Bibliografia: 

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Post Utopie: 

Gli autori di Vorrei
Pino Timpani

"Scrivere non ha niente a che vedere con significare, ma con misurare territori, cartografare contrade a venire." (Gilles Deleuze & Felix Guattari: Rizoma, Mille piani - 1980)
Pur essendo nato in Calabria, fui trapiantato a Monza nel 1968 e qui brianzolato nel corso di molti anni. Sono impegnato in politica e nell'associazionismo ambientalista brianzolo, presidente dell'Associazione per i Parchi del Vimercatese e dell' Associazione Culturale Vorrei. Ho lavorato dal 1979 fino al 2014 alla Delchi di Villasanta, industria manifatturiera fondata nel 1908 e acquistata dalla multinazionale Carrier nel 1984 (Orwell qui non c'entra nulla). Nell'adolescenza, in gioventù e poi nell'età adulta, sono stato appassionato cultore della letteratura di Italo Calvino e di James Ballard.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.