Il Sessantotto e gli anni Settanta.
Sommario
Il tema di questo mese
Le foto, lì dove non diversamente indicato,
provengono dall'archivio personale di Gimmi Perego e Pino Timpani.
Intervento di Michelangelo Casiraghi
Il Sessantotto dell'ISA "Volevamo innovazione e concretezza"
Intervento di Carlo Arcari
Formidabili quegli acidi
Manuela Montalbano
Gigi Perego e il Sessantotto degli operai
Rosario Montalbano
Bertazzini, Rovelli e Lamperti: il 68 al Frisi visto da tre generazioni
Simone Camassa | Foto di Greta Gandini
Centro Sociale Boccaccio: perde una casa ne individua sessanta
Giorgio Majoli
Frammenti di un discorso politico dal Sessantotto
Carlo Motta
Cronologia con colonna sonora
Pasquale Cicchetti
1968-1978. Cinematografia di un decennio caldo.
Antonio Cornacchia
Giuseppe Longoni "I primi obiettivi furono la famiglia e la religione"
Antonio Cornacchia
Video. Frangione: "L'arte degli anni Settanta? stava a guardare"
Chivas
Gli anni Settanta sulle pagine di Quartiere
Antonio Cornacchia
Petrucci e gli anni Settanta sulla sponda destra del Lambro
Gimmi Perego
Fascisti su Monza
Antonio Cornacchia
Bichi Montrasio: "Ci risvegliammo dal sonno della vita famigliare e provinciale"
Antonio Cornacchia
Video. Ezio Rovida: "Il Sessantotto è stato un fallimento"
Gli altri articoli
Sabine Lederer
Fotogallery. L'energia di Bibbiena e delle immagini del gusto
Giuseppe Civati
La lettura che vorrei: nel nome di Firmino
Pasquale Cicchetti
Non è solo una questione di nemici
Le rubriche
Mino Vicenti Eurostar
Che diavolo è Stavanger?
Pino Timpani Storie crude
Storie crude. Monza e gli spazi di Franco
Sofia Marelli Wallsound
Bere, ubriacare, stare male. Il sabato sera con gli Antartide
Ivan Commisso Anima migrante
Volete una mano o dobbiamo chiamare i pompieri?
Simone Camassa Suonala ancora, Sam
La canzone di Enrico Roveris è "Perdere l'amore"
Silvio Teot Le vie dei canti
Marilena Chierico Le buone maniere
Enrico Porro Scrivi come mangi
Da tenere d'occhio ogni giorno
Il blog che vorrei
Da non dimenticare
Occupato, supplemento satirico
L
a rivista che vorrei continua a fare salti in avanti e indietro sulla linea temporale. Con questo terzo numero ripercorriamo quello che a Monza e dintorni è successo nel decennio cominciato con il Sessantotto. Abbiamo intervistato chi ha vissuto in prima linea i movimenti di quel periodo e chi li ha vissuti un po' in disparte, chi a scuola e chi in fabbrica, chi sulla riva destra e chi su quella sinistra del Lambro. Abbiamo capito che fu un'epoca molto più lontana dei 30-40 anni che ci separano, perché per tutti gli intervistati furono stagioni di partecipazione e di protagonismo; di estenuanti assemblee, di incontri, confronti e scontri, verbali e anche fisici, purtroppo. Eppure di grande vitalità. Oggi che al massimo ci si incontra 3 secondi al semaforo e si fa in tempo a guardarsi in cagnesco, oppure su Facebook dove si è tutti amici; oggi che le opinioni si esprimono scegliendo uno dei canali fotocopiati della tivù; oggi che stancamente, sempre più stancamente, andiamo a votare per quello che ci diciamo essere il meno peggio, ma che sempre peggio è. Oggi siamo molto più lontani da quegli anni di quanto i calendari ci raccontano.
Eppure c'è qualcosa che invece ce li riavvicina. Chi non si pappa le verità precotte lo capì subito nell'estate del 2001, ma è in questi mesi che le requisitorie e le sentenze dei tribunali ce lo stanno confermando. Con quello che sappiamo finalmente tutti su Bolzaneto, sulla scuola Diaz, sui cortei del G8 di Genova. Possiamo dire, perchè sappiamo, che fu ancora una volta la violenza a tagliare le gambe ad un movimento popolare grande e sentito, alla speranza di un mondo più giusto, migliore. Allora, negli anni Settanta, fu la violenza dell'eroina, degli estremismi e delle stragi che ricacciò una generazione nel salotto di casa; nel 2001 fu la violenza di misteriosi e tutt'oggi sconosciuti personaggi apparsi dal nulla e nel nulla scomparsi (i blackblock, che fine hanno fatto?). Ma soprattutto la violenza e l'inadeguatezza, diciamo così, degli stati e delle loro forze dell'ordine che innalzarono muri di cemento molto armato, torri d'avorio e grattacieli d'arroganza.
E fra gli stati, quello italiano non seppe fare di meglio che darsi alla macelleria, come uno dei suoi stessi uomini ha poi dichiarato.
All'inizio del millennio in corso cresceva la voglia di riprendere in mano il destino delle proprie vite, di provare a ridare dignità allo sviluppo e al futuro, togliendolo dalle grinfie della logica del PIL o muerte, delle multinazionali del profitto tout court, per rimetterlo su un binario di equità e umanità. Gli stati (e quello italiano in particolare) non seppero cogliere quello che di buono e sacrosanto c'era in quel movimento e lo attaccò frontalmente, riducendolo a putrida questione di "ordine pubblico". Anche quella fu lotta di classe: la classe politica che nell'ultimo anno abbiamo imparato a chiamare casta.
È sempre difficile accettare di non rappresentare niente di più che se stessi. Per chi rappresenta di mestiere è doppiamente difficile. E in tutto ciò, come Ezio Rovida dice in chiusura della sua intervista, la sinistra italiana non ha mai capito niente. Troppo presa nel creare fazioni o nel rimirarsi nello specchio.
Buona lettura e scrivici, commenta, partecipa.
Canzone del maggio
(De Andrè/Bentivoglio)
Anche se il nostro maggio
ha fatto a meno del vostro coraggio
se la paura di guardare
vi ha fatto chinare il mento
se il fuoco ha risparmiato
le vostre Millecento
anche se voi vi credete assolti
siete lo stesso coinvolti.
E se vi siete detti
non sta succedendo niente,
le fabbriche riapriranno,
arresteranno qualche studente
convinti che fosse un gioco
a cui avremmo giocato poco
provate pure a credervi assolti
siete lo stesso coinvolti.
Anche se avete chiuso
le vostre porte sul nostro muso
la notte che le "pantere"
ci mordevano il sedere
lasciandoci in buonafede
massacrare sui marciapiedi
anche se ora ve ne fregate,
voi quella notte voi c'eravate.
E se nei vostri quartieri
tutto è rimasto come ieri,
senza le barricate
senza feriti, senza granate,
se avete preso per buone
le "verità" della televisione
anche se allora vi siete assolti
siete lo stesso coinvolti.
E se credete ora
che tutto sia come prima
perché avete votato ancora
la sicurezza, la disciplina,
convinti di allontanare
la paura di cambiare
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti,
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti.