22022022 intervista Nina Turner

Icona del progressismo americano, carismatica alleata di Bernie Sanders e sua diretta erede naturale, Nina Turner torna a correre per il Congresso dopo la sconfitta subita l'estate scorsa nell'elezione speciale dell'Ohio, vinta dalla candidata scelta dall'establishment Shontel Brown. Nell'intervista rilasciatami il  22 febbraio 2022  Nina racconta di quella sconfitta, della necessità per i progressisti di non demordere, del primo anno di Biden e di altro ancora. 

Cinquantaquattro anni,  ex senatrice dell’Ohio, leader della Political Revolution di Bernie Sanders dal 2015, co-chair della sua campagna presidenziale del 2020 e sua erede naturale, Nina Turner è una delle figure progressiste più autorevoli e amate negli Stati Uniti nonché, in ambito afroamericano, una sorta di equivalente femminile del professor Cornel West

Dotata di un carisma straordinario e del coraggio delle proprie idee, parole e azioni, l’anno scorso Nina Turner si è candidata per l’elezione speciale per l’undicesimo distretto congressuale della Camera, corrispondente all’area di Cleveland in Ohio, con grande entusiasmo dei progressisti che fin dal ritiro di Bernie Sanders nel 2020 auspicavano un “Nina for President 2024”. Purtroppo  "la guerra democratica contro Nina Turner" qui documentata l'estate scorsa, simile a quella sferrata contro  Bernie Sanders nel 2016 e nel 2020, ha determinato l’elezione di Shontel Brown, definita una “puppet” del potere. 

Martedì 22 febbraio 2022, poche ore prima che Putin facesse sganciare le prime bombe sull’Ucraina, ho avuto l’onore di intervistare Nina Turner.

Ecco la traduzione di una parte consistente dell’intervista pubblicata in contemporanea su Vorrei e su Jacobin Italia, sorella di Jacobin Magazine Usa, una delle principali voci del giornaliasmo  indipendente progressista americano, fondato nel 2010 da Bhaskar Sunkara, intervistato per Vorrei nel 2019.

Intervista con Nina Turner

Questa intervista ha lo scopo di dare al pubblico italiano non solo una visione reale di chi sia Nina Turner, ma anche della guerra che l’establishment Democratico e i media mainstream hanno dichiarato a te, a Bernie Sanders, alla Squad e a tutti i progressisti. È un argomento di cui l’informazione italiana non si occupa, a parte rare eccezioni, o se lo fa ripete la propaganda americana di «un’estrema sinistra» responsabile di tutti i fallimenti Democratici. Vuoi parlare delle politiche sociali di «estrema sinistra» per le quali ti batti? 

Dal mio punto di vista non esiste un’estrema sinistra negli Stati uniti. È estremo volere che tutti abbiano un sistema sanitario universale, che i lavoratori abbiano un sindacato, la crescita del salario minimo che, nonostante l’aumento dell’inflazione e del costo della vita, con la benzina e i combustibili che vanno sempre più su proprio come gli stipendi dei dirigenti delle corporation multi-nazionali, è fermo da anni sia qui sia nei paesi di quelle multinazionali? È estremo volere un credito di imposta per i bambini, espanderlo e renderlo permanente? Volere che le università riconsiderino il loro contratto sociale? Urlare a squarciagola che abbiamo un sistema legale che considera i neri come più criminali di chiunque altro, ma possiamo aggiungerci anche le altre persone di colore e i poveri in generale? È estremo gridare dalle cime delle montagne che stiamo distruggendo questo pianeta e che non abbiamo una madre natura di riserva per le generazioni future, a meno che non interrompiamo la nostra dipendenza dai combustibili fossili e non dichiariamo apertamente le responsabilità delle industrie fossili per i danni che fanno?

Se il programma della sinistra progressista è estremo, allora la maggior parte della popolazione americana è estrema

Se tutte queste cose e molte altre che si possono aggiungere alla lista sono estreme, allora la popolazione americana è estrema, perché per la maggior parte di questi temi gli americani sono dalla parte della sinistra progressista. Possono anche non definirsi necessariamente progressisti, ma quando si parla con loro della sanità, del debito studentesco, del fatto che gli stipendi non tengono il passo con l’inflazione, gli americani dicono di meritare di più di quanto viene dato loro. 

L’enorme quantità di denaro e di supporto che nell’elezione speciale dell’anno scorso Shontel Brown ha accettato da qualunque parte provenisse e tutte le bugie diffuse sul tuo conto dicono come lo status quo bipartisan sia terrorizzato dall’idea di avere Nina Turner nel Congresso. Puoi parlare di quello che hai dovuto affrontare e di come hai pensato di reagire questa volta?

In questo paese abbiamo bisogno di una riforma del finanziamento delle campagne elettorali. Le corporation e le persone più ricche hanno decisamente una voce preponderante nella nostra politica. E per far sì che si concretizzi qualcuna delle belle cose che noi vogliamo, la vecchia nozione di eguaglianza e giustizia per i cittadini americani, in particolare i poveri, la classe lavoratrice e la bassa middle class, dobbiamo fare i conti con il finanziamento delle campagne elettorali e con il fatto che in questo paese è totalmente legale corrompere i politici. 

Per entrare più direttamente nella tua domanda, ci sono dei gruppi di denaro sporco che possono nascondere i nomi dei loro donatori e raccogliere somme illimitate per attaccare l’avversario di qualcuno. È quel che è successo a me l’anno scorso. C’erano tredici candidati in corsa nell’elezione speciale del 2021 per l’undicesimo distretto congressuale e c’era una sola persona contro cui tutte quelle forze si sono coalizzate, e quella persona ero io. Tra quei tredici candidati c’era solo una beneficiaria di tutto quel denaro sporco ed è la persona contro la quale corro. Hanno fatto tutto quanto in loro potere per cercare di distruggermi. Sfortunatamente la politica è un gioco sporco, e non solo negli Stati uniti ma in tutto il mondo abbiamo accettato l’idea che quella sia la realtà delle cose. Non è così. Io credo che se si corre per una carica si deve certamente fare tutto per vincere, ma tutto non significa qualsiasi cosa, perché c’è una linea che non si può oltrepassare. Contro di me hanno usato lo stereotipo della donna nera arrabbiata, che è legato al razzismo e anche al «colorismo», cosa con cui gli afroamericani hanno a che fare per quanto riguarda la complessità delle gradazioni di tonalità della pelle. Quanto più la carnagione si avvicina al bianco tanto più si conta al contrario di chi ha la pelle più scura come me. 

Nell campagna elettorale dell'anno scorso è stato usato contro Nina Turner lo stereotipo della "donna nera arrabbiata", legato al concetto di "colorismo", ossia delle diverse gradazioni più o meno chiare della pelle.

Ci sono molti stereotipi classisti che tutti gli afroamericani devono sopportare indipendentemente dal colore più chiaro o più scuro della pelle, soprattutto il fardello pesante dovuto a tutto quello che gli afroamericani hanno dovuto patire storicamente. Ma credo sia importante per i lettori italiani di Jacobin capire le complessità del razzismo e del colorismo. Sono cose che vanno di pari passo e ciò ha permesso l’uso di cliché molto razzisti contro di me nel 2021. Qualcuno potrebbe obiettare che quasi tutti i candidati erano afroamericani, ma ciò non sminuisce il fatto che lo stereotipo della donna nera arrabbiata, che si interseca con il colorismo, sia stato usato contro di me. 

E l’altra cosa che hanno fatto è stata cercare di etichettarmi come un’antisemita, cosa che continua a farmi soffrire, anche se ho e ho avuto tanti sostenitori nella comunità ebraica. Ma c’è stato un gruppo particolare che è intervenuto nella mia campagna, sovrastandola in modo totalmente falso. La gente può attribuirmi molti appellativi ma non può darmi dell’antisemita. L’antisemitismo, il razzismo e la xenofobia stanno crescendo in tutto il mondo e io sono sempre stata un’attivista per la giustizia dei diritti civili, sia nelle cariche che ho ricoperto sia come cittadina comune e continuerò a esserlo, ma loro faranno ancora qualsiasi cosa per impedirmi di vincere. 

Dobbiamo lottare. Io mi batto ancora per le stesse sfide che mi hanno motivato la prima volta. Cleveland è la città più povera degli Stati uniti tra quelle di grandi dimensioni. Molte cose affliggono  la mia città e il distretto della greater area di Cleveland e sto male al pensiero che ci siano tante persone che la sera vanno a letto affamate. Per questo ci vuole qualcuno che non solo voti dalla parte giusta in Congresso, ma che sia un vero combattente, e combatta con e per la gente. Questa è l’urgenza del momento, soprattutto di fronte alla pandemia globale. La mia campagna elettorale sta facendo un lavoro straordinario per essere sul campo tra la gente. La nostra è una campagna di coinvolgimento popolare come nel 2021, ma le stiamo dando una spinta turbo per entrare in comunicazione e costruire relazioni con un numero  sempre maggiore di persone del distretto, in modo da far sapere loro che ho l’esperienza giusta, che sono in grado di comprendere sofferenze e necessità, e che voglio andare al Congresso per fare il diavolo a quattro affinché possano avere una buona qualità della vita. 

Veniamo a Joe Biden. Le sue promesse elettorali e la sua agenda iniziale hanno fatto parlare di lui come del nuovo Franklin Delano Roosevelt, ma poi ha fallito quasi su tutto. Recentemente ti sei rivolta direttamente a lui, incitandolo a fare almeno due cose: fare pressione sui senatori Democratici Manchin e Sinema e cancellare il debito studentesco con un ordine esecutivo. Se Biden avesse davvero creduto nella sua agenda quali poteri presidenziali avrebbe potuto usare?

Il presidente ha il potere di firmare ordini esecutivi e lo può fare sicuramente per cancellare il debito studentesco. Molti esperti del settore citano una clausola nell’Educational Act che dà questo potere al presidente.

Secondo quanto stabilito dall'Educational Act, 45 milioni di persone avrebbero un beneficio economico enorme se Biden usasse il potere presidenziale di firmare un ordine esecutivo per cancellare il debito studentesco.

Ci sono 45 milioni di persone nel paese che ne avrebbero un beneficio economico enorme. Come hai detto, Biden ha fatto diverse promesse che gli hanno permesso di vincere nel 2020 e grazie alle quali gli americani hanno anche voluto fare una cosa nuova, ossia permettere ai Democratici di vincere il grande stato della Georgia eleggendo due senatori Democratici e portando quindi i Democratici ad avere oltre alla presidenza anche il controllo di tutto il Congresso. Se questo è avvenuto è perché la gente sperava e credeva che il Partito democratico avrebbe fatto cose nuove e giuste per migliorare le condizioni materiali della gente, come è successo per esempio quando il presidente ha emesso il piano di ristori per il Covid. C’erano dei provvedimenti bellissimi, come ad esempio il credito di imposta per i bambini, che ha dimezzato la povertà infantile. Certo dobbiamo arrivare al 100% ma almeno era stato ridotto del 50% e ora è scaduto per colpa del Congresso. 

Ai Repubblicani non importa niente della gente comune di questo paese e l’hanno dimostrato sia con le loro politiche sia con l’indisponibilità a votare per provvedimenti che avrebbero migliorato le condizioni dei cittadini dei loro stessi stati. E poi abbiamo un Partito democratico che a volte ha paura di usare il potere che la gente gli ha dato. Ed è per questo che ho invitato il presidente a gas up the jet, perché «signor Presidente, gli americani sono dalla sua parte, vogliono vederla cancellare il debito studentesco, vogliono vedere dei ristori, vogliono che si approvi la legge per la protezione dei lavoratori e vogliono essere sicuri di avere acqua, aria e cibo puliti». 

"Quando hai il potere lo devi usare a favore della gente ed è ora che sia il presidente sia il Congresso facciano di meglio e di più. Per questo sono una progressista, per questo mi sono candidata."

Gli Americani sono dalla parte del piano Build Back Better e se il presidente usasse un po’ di più gli ordini esecutivi e cancellasse il debito studentesco sarebbe una grande cosa. Credo che se lo facesse non ci sarebbe nemmeno da mettere in dubbio l’enorme sostegno che il Partito democratico può avere in previsione del 2024, perché il sollievo che darebbe a 45 milioni di americani sarebbe di grande ispirazione, anche a causa delle componenti classiste e razziste legate a quel debito, la maggior parte del quale è detenuto dalla comunità afroamericana, in particolare dalle donne afroamericane. 

La morale della storia è che noi dobbiamo essere il partito che si schiera con la gente che lavora, senza alcun equivoco, e lo dobbiamo dimostrare non solo a parole ma nei fatti. Quando hai il potere lo devi usare a favore della gente ed è ora che sia il presidente sia il Congresso facciano di meglio e di più. Per questo sono una progressista, per questo mi sono candidata, perché sono un’umanitaria capace di scatenare l’inferno, e bisogna alzare la voce e usare il potere che la gente ti ha dato per cambiarne la vita. Tutto qui.

I senatori Manchin e Sinema sono stati e sono un grosso problema.

Sì e non solo loro. Ci sono altri che si nascondono dietro di loro, ma è vero loro sono stati un problema enorme ed è per questo che credo che se il presidente andasse in West Virginia, lo stato di Manchin, e in Arizona, lo stato di Sinema, e dicesse ai cittadini «Hey, sono loro due a ostacolare la mia agenda», potrebbe smuovere molta gente. 

Per tutte le delusioni subite negli anni da parte dei governi Democratici, è probabile che molti potenziali elettori che nel 2020 sono andati a votare solo per sconfiggere Trump o per via del Covid non voteranno nelle prossime elezioni. La tua candidatura è un grande segno di speranza, di lotta e di ispirazione, tuttavia cosa bisognerebbe fare per rendere i progressisti e le loro proposte di socialismo democratico più rilevanti nel Partito democratico o addirittura per rompere il sistema bipartitico?

Io penso che siamo molto rilevanti già adesso. Abbiamo cambiato l’intera narrativa. Al Senatore Bernie Sanders va dato il merito di avere portato avanti la versione del ventuesimo secolo del movimento progressista. Ci sono stati progressisti nel ventesimo secolo, e così pure nel diciannovesimo e diciottesimo, persone che sentivano il peso e la sofferenza delle masse popolari, che volevano cambiare lo status quo, e questo per me è in parte il significato dell’essere progressisti. Perciò anche se elettoralmente i progressisti non hanno la maggioranza, ogni volta che un progressista si fa avanti per una carica, ogni volta che qualcuno ha il coraggio di «entrare nell arena» tanto per citare il presidente Roosevelt (lui diceva un uomo io aggiungo una donna), ciò contribuisce a cambiare la narrativa, che si vinca o si perda. Ovviamente vogliamo vincere perché dobbiamo arrivare al potere per cambiare le cose, per cui non corriamo tanto per correre, ma anche il solo correre cambia la dinamica. Prendiamo il senatore Bernie Sanders: lui ha avuto il coraggio di entrare nell’arena e lo status quo ha fatto tutto quello che poteva per fermarlo, ma ha acceso un movimento. Lui è stato la scintilla, noi siamo il fuoco. Era il 2016 e se andiamo a vedere il 2020 tutto il ciclo elettorale presidenziale è stato animato dall’agenda progressista. Anche se magari abbiamo perso di vista questa cosa, tutto quello di cui oggi si parla è connesso all’agenda stabilita dai progressisti. 

I progressisti devono continuare a "instillare la speranza e mantenerla viva sul fatto che è possibile arrivare dove vogliamo, consapevoli che a volte vinceremo e a volte perderemo."

Quel che dobbiamo fare è prima di tutto instillare la speranza e mantenerla viva sul fatto che è possibile arrivare dove vogliamo, consapevoli che a volte vinceremo e a volte perderemo. Poi dobbiamo mostrare a noi stessi che siamo diversi dai corporatist democrats, che siamo saldi sui principi per cui combattiamo e che, sebbene a volte possiamo sentirci esausti, ogni volta che chiediamo qualcosa portiamo avanti il nostro programma. Un esempio è quello che è successo qualche mese fa con la moratoria sulla sospensione del pagamento del debito studentesco che scadeva a febbraio. Il movimento progressista ha sollevato l’inferno con leader eletti come Ayanna Presley e leader dei movimenti di base. La Casa Bianca aveva chiarito che non ci sarebbero stati prolungamenti ma grazie alla richiesta della gente la moratoria è stata estesa a maggio. Questo è un esempio reale di quello che possiamo fare se continuiamo a spingere per eleggere persone che si spostano non dico verso sinistra, ma verso la gente. E i progressisti devono rivendicare questo ruolo. Noi non siamo estremisti, sono entrambi i partiti a essere estremisti. Noi stiamo esattamente dove vuole stare la gente. Dobbiamo combattere. Dobbiamo continuare a combattere. 

Un altro nemico contro il quale bisogna combattere sono i media mainstream.

"L’apparato dei media indipendenti fa da contrappeso a quello dei media mainstream costituito da sei major che  controllano tutto."

È vero, ma fortunatamente abbiamo pubblicazioni come Jacobin, abbiamo il Daily Poster, The Young Turks e molti altri. Grazie a Dio l’apparato dei media indipendenti sta crescendo e si sta rafforzando e fa da contrappeso a quello dei media mainstream costituito da sei major che  controllano tutto, dalla stampa alla radio alla televisione e che nutrono gli americani con una dieta ferrea di opinioni unilaterali e di commenti che non sono vero giornalismo. E bisogna a rendere merito a Jacobin e agli altri media progressisti in giro per il mondo che danno alla gente altri punti di vista e qualcos’altro su cui riflettere.

Purtroppo però l’elettorato è ancora in larga parte costituito da coloro che credono a quei media, altrimenti probabilmente Bernie Sanders avrebbe vinto. 

Senza dubbio è così, ma non dobbiamo scoraggiarci. È vero che i media mainstream sono forti ma ricordiamoci la storia biblica di Davide e Golia. Davide alla fine è riuscito a uccidere Golia. Così se i media indipendenti continuano a crescere sempre più persone apriranno gli occhi.

Dati i continui mutamenti e le varie propagande non si sa a che cosa ci porterà la crisi tra Russia e Ucraina. Qual è l’opinione progressista in merito al panorama globale che si fa sempre più preoccupante?

Oh baby, la pace innanzitutto. Dovremmo fare tutto quello che possiamo come nazione e come mondo e questo è un messaggio per tutti i leader del mondo perché non sopravviveremo a una terza guerra mondiale. Il mondo sarebbe annientato se succedesse. Nessuno dovrebbe essere superficiale nel prendere una tale decisione e insieme ai movimenti per la pace che ci sono qui e ovunque dobbiamo trovare un modo per dialogare e trovare soluzioni. La guerra dovrebbe essere sempre l’ultima spiaggia ed è così che la pensa la maggior parte degli americani. Immaginate la quantità di risorse che potrebbero essere usate internamente se non venissero usate per andare in guerra. Non ha senso essere sempre sul piede di guerra. È ridicolo. In questo campo, come nel caos della situazione climatica, credo che abbiamo bisogno di una forte risposta mondiale da parte della gente che faccia capire  chi governo che solo in pochissime circostanze dovremmo prendere in considerazione la guerra. 

Per concludere c’è una storia speciale che ti ho sentito raccontare tempo fa e che mi piacerebbe raccontassi anche qui, perché è davvero magica ed emozionante. È la catena di eventi che hai definito «serendipity moment» del tuo incontro con Bernie Sanders nel 2015, quando hai avuto la percezione che tutta la tua storia precedente fosse finalizzata a quell’incontro.

Grazie per questa domanda. Io mi ero accorta del senatore quando aveva fatto un filibuster credo nel 2010 contro i tagli delle tasse di Bush e aveva parlato in aula per circa otto ore e mezza, battendosi per la classe lavoratrice. Quando ha annunciato la sua candidatura alla presidenza, mio marito lo ha visto in tv e mi ha chiamato per chiedermi se avessi mai sentito parlare del senatore Bernard Sanders e io gli ho detto di sì. Mio marito mi ha fatto notare che era proprio come me e tutte due abbiamo convenuto che il senatore e io condividevamo la stessa indignazione. E poi, non ricordo esattamente che mese fosse, il senatore Sanders ed io siamo stati invitati separatamente a un convegno femminile ospitato dal Comitato Nazionale Democratico. In quel momento i candidati presidenziali erano la segretaria Hillary Clinton e credo il governatore Lincoln Chafee. Erano stati invitati a parlare nella prima parte del convegno e io dovevo fare da intermezzo tra di loro e così è capitato che il senatore Sanders dovesse parlare proprio dopo di me. Non ci eravamo ancora incontrati formalmente prima di quel momento e quando ho finito di parlare e, devo dire, ho scaldato la platea, passandomi di fianco nel backstage lui mi ha detto: «ti stavo cercando». E io gli ho risposto: «credo che ci stessimo cercando a vicenda». Poi lui ha preso la scena e ha detto «non posso credere di parlare dopo Nina Turner». Fu l’inizio della nostra lunghissima storia. Da quel momento non ci siamo più separati e sia nel 2016 che nel 2020 sono stata la persona che più di chiunque altra ha parlato prima di lui nei suoi comizi e lui ogni volta diceva: «Non posso credere di parlare dopo Nina Turner».

Grazie Nina per questa intervista, per il tuo entusiasmo, per la carica che sai dare alle persone. Ci vediamo a Cleveland in aprile prima delle primarie Democratiche che se non erro si svolgeranno il 3 maggio.

"La gente in Italia e in ogni nazione vuole vivere in un mondo giusto come promesso. (...) Siate parte della soluzione, entrate nella lotta. Continuate ad avere fiducia e continuate a combattere."

Sì esattamente, il 3 di maggio. Io ti ringrazio per questa opportunità e ringrazio Jacobin ma soprattutto voglio ringraziare tutti coloro che sostengono la missione di Jacobin. C’è una particolare sinergia tra tutte le persone che, sia in Italia sia nel resto del mondo, hanno la consapevolezza di partecipare al viaggio verso la giustizia e ciascuno di noi può a suo modo farne parte. Voglio citare la congresswoman Barbara Jordan non più con noi fisicamente. Una volta disse che «quello che vuole la gente è semplice. Vuole un’America che che sia giusta come la sua promessa». Credo che sia una un appello universale. La gente in Italia e in ogni nazione vuole vivere in un mondo giusto come promesso. È per questo motivo che combattiamo e voglio incoraggiare tutte le persone a unirsi a noi, a sostenere Jacobin e tutti gli altri media indipendenti. Siate parte della soluzione, entrate nella lotta. Continuate ad avere fiducia e continuate a combattere.

 

Gli autori di Vorrei
Elisabetta Raimondi
Elisabetta Raimondi
Disegnatrice, decoratrice di mobili e tessuti, pittrice, newdada-collagista, scrittrice e drammaturga, attrice e regista teatrale, ufficio stampa e fotografa di scena nei primi anni del Teatro Binario 7 e, da un anno, redattrice di Vorrei.
Ma soprattutto insegnante. Da quasi quarant’anni docente di inglese nella scuola pubblica. Ho fondato insieme ad ex-alunni di diverse età l’Associazione Culturale Senzaspazio.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.