Nel mondo e nel tempo narrando in versi ai bambini
dedicato a voi tutti e in particolare ai bambini dell’Ucraina
Umberto De Pace, Patrizia Zocchio, Pippo Biassoni
Presentazione di Umberto De Pace
Disegni a cura di Pippo Biassoni
dalla raccolta
“C'ERA UNA VOLTA UN MAGO”
ALÌ BABÀ E I 40 LADRONI
Quaranta ladri, un giorno,
stanchi di rapinare e galoppare
su e giù per l'Oriente,
decisero di riposare,
di non far più niente.
Andarono, camminarono,
un giorno capitarono
nel Paese dei Canti e Suoni.
Erano Alì Babà e i suoi 40 ladroni.
Quando arrivarono era già sera.
C'erano in tutto trenta abitanti.
L'unica ricchezza che c'era
erano i suoni, erano i canti.
Chiesero i ladri: – Beh, che si fa?
Rispose il loro capo Alì Babà:
– Mettiamoci a suonare,
mettiamoci a cantare.
Misero su un'orchestra,
formarono un bel coro,
suonarono, cantarono
e ancora adesso fanno quel lavoro.
Sono contenti, sono più buoni,
non sono più ladroni.
Ancora adesso stanno tutti là
e li comanda sempre Alì Babà.
A CIASCUNO IL SUO LAVORO
Adesso vi racconto la storia
di una moglie e un marito
che litigavano spesso
e l'uno contro l'altra
puntava il dito:
– Non montarti la testa,
non sai far niente!
– E tu, con quella cresta?
Non vali un accidente!
– Con tutti i miei pensieri...
– Con tutto il mio lavoro...
Parlarono di mestieri,
parlarono delle arti,
alla fine decisero
di scambiarsi le parti.
Al marito toccò
il posto della compagna;
la moglie se ne andò
al lavoro in campagna.
Non era facile, certo,
per la donna restare
tutto il giorno all'aperto
sotto la pioggia battente,
sotto il sole cocente
in campagna ad arare,
erpicare, potare,
seminare, falciare,
scavare buche e fossi,
piantare una lunga siepe di bossi,
le erbacce da incenerire...
C'era proprio da ingobbire!
La donna tornò a casa
ch'era già notte,
senza nemmeno la forza di parlare
e con le ossa rotte.
Anche l'uomo, però,
si accorse ch'era un guaio
rassettare la casa
e correre al pollaio,
badare alla cucina
e alla polenta fritta,
poi lavare e stirare,
scendere giù in cantina,
salire su in soffitta,
scopare, rifare il letto...
Faceva proprio pena, poveretto!
Qui ci vuole il sapone,
là ci vuole la cera...
Rammendare, cucire,
roba da incretinire!
Poi suona il campanello:
corri alla porta, corri al cancello,
corri che c'è il postino,
corri che c'è il vicino...
Attento al cane e al gatto...
“Io qui divento matto!”
Quando venne la sera, anche il marito
era rotto, disfatto,
e quasi disperato.
Quella notte scomparve,
non fu trovato.
Appena l'indomani
la moglie lo trovò:
imbronciato, acciaccato,
col capo fra le mani
per terra accovacciato,
nascosto nel comò.
Da quel giorno, perciò,
ciascuno di loro
tornò al proprio lavoro,
fece quel che sapeva fare.
E finirono di litigare.
Si vollero più bene, si scambiarono
baci sempre più spesso...
“Noi ci vogliamo bene” scrissero
sopra un foglio all'ingresso
della casa e così
quella casa... fiorì.
Un giorno, in primavera,
andarono alla fiera.
Lei comprò una culla,
lui una campanella...
È finita la storiella.
IL TRENO IN LIBERTÀ
C'era una volta un treno,
un treno non espresso.
Avvilito, depresso,
sembrava quasi malato.
Difatti era stanco,
malandato, annoiato,
quasi invecchiato, ahimè.
E sapete perché?
Era una vita intera
che percorreva lo stesso cammino
dal mattino alla sera,
dalla sera al mattino.
Faceva continuamente la spola
sulla Pisino-Pola:
sempre la stessa linea,
sempre su e giù
da venti anni e di più.
Era stufo dei soliti orari,
delle solite fermate
in tutte le borgate;
era stufo di camminare
sugli stessi binari,
arcistufo di visitare
sempre le stesse città.
Così un giorno, che fa?
Un giorno ci fu lo sciopero
di tutto il personale,
e il treno fu lasciato
a Pisino centrale.
Non c'erano i macchinisti,
non c'erano gli ispettori,
non c'erano i lampisti,
nemmeno i controllori.
“Adesso, finalmente,
– pensò il treno, esultando –
andrò dove mi pare”,
ed immediatamente
si mise a camminare.
”Adesso me la svigno,
vado a Rovigno!”
Fischiò con allegria,
si mise in movimento
e corse via contento
sulle strade asfaltate
lontano dalla ferrovia.
E corse come un turbine
da Pisino a Montona,
da Parenzo a Fasana,
da Marzana ad Albona.
E corse come il vento
da Cittanova a Umago.
Sbuffando come un drago
fu a Buie e a Canfanaro,
a Pòrtole, a Pinguente,
a Pèdena, a Lindaro...
Partiva da Orsera
di buon mattino,
quando faceva sera
era a Gimino.
Sfrecciò come una freccia
da Vermo a Grisignana,
da Dignano a Pirano...
corse di qua e di là
il treno in libertà.
Ma un treno come questo
dove sta?
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