Nel mondo e nel tempo narrando in versi ai bambini
dedicato a voi tutti e in particolare ai bambini dell’Ucraina
Umberto De Pace, Patrizia Zocchio, Pippo Biassoni
Presentazione di Umberto De Pace
Disegni a cura di Pippo Biassoni
dalla raccolta
“C'ERA UNA VOLTA UN RE”
L'UCCELLO E IL SEME
Un uccello, una volta,
beccando semi per terra,
ne trovò uno nè piccolo nè grosso
ma duro come un osso.
Lo era almeno per lui,
quindi, perciò, per cui,
lo lasciò stare
e riprese a volare.
Dopo un anno, in quel posto,
in quello stesso prato
dov'era già stato,
ritornò quell'uccello.
Era di primavera
e vide un alberello
che prima non c'era.
Gli chiese: – Ma chi sei?
Da dove sei spuntato?
Rispose la piantina:
Ma tu mi ci hai portato,
qui mi hai piantato tu.
Non ti ricordi più?
Ero un piccolo seme, un seme nero,
ma adesso sono un pero.
– Bello, sei proprio bello!
disse l'uccello.
– Grazie del complimento,
rispose il pero e mosse i rami al vento.
– Quando ne avrai bisogno,
uccellino mio caro,
io ti darò riparo.
Passò un altr'anno.
Sul piccolo alberello
spuntarono gemme e fiori,
e fu ancora più bello.
I fiori poi divennero
gustosi frutti
e furono contenti tutti, tutti.
LA VOLPE GIUDICE
C'erano un cane e un gatto,
vivevano e mangiavano
sotto lo stesso tetto,
sotto la stessa tavola.
Erano cane e gatto
e spesso liticavano.
Ma poi fecero un patto:
«Al cane tutti gli ossi,
tutte le lische al gatto,
a ognuno quel che piace
e sia fatta la pace».
Detto, scritto, firmato:
«Tu non graffi, io non mordo,
vivremo sempre insieme
d'amore e d'accordo».
Ma un giorno, in cucina,
nel comune piatto,
trovarono una spina
di merluzzo. – È una lisca!
– disse convinto il gatto.
– Non dir sciocchezze, è un osso
– disse il cane – e non posso
lasciartelo mangiare!
Tira di qua, tira di là,
presero a liticare
intorno al baccalà.
Com'era naturale
i due rivali finirono
davanti al tribunale.
Il giudice, una volpe,
rivolto al cane e al gatto,
disse: – Veniamo al fatto!
E il fatto fu spiegato:
il cane e il gatto
confermarono il patto
da loro stipulato.
La volpe pensa, pensa...
– I patti sono chiari, ma, però,
il caso è un po' confuso...
Simulò di riflettere, pensare...
Poi, leccandosi il muso,
così sentenziò:
– Non è lisca nè osso,
si chiama resca o resta.
Per poterlo provare
me la devo mangiare.
E, detto-fatto, oplà
scomparve il baccalà.
Scomparve nella bocca
dello scaltro volpone
che, masticando, disse:
– Buono, avevo ragione!
C'ERA UNA VOLTA UN OROLOGIAIO
C'era una volta un orologiaio,
un mastro sopraffino.
Un giorno, era il mattino,
gli capitò un bel guaio.
Lavorando con morse e con pinzette,
ritoccando e smontando un orologio,
perse la lente, perse il cacciavite,
perse una molla, perse le lancette...
Anche cassa e calotta erano sparite.
Cercò, frugò, indagò
e alla fine trovò:
le parti dell'orologio,
gli arnesi e gli strumenti
danzavano contenti
per terra, sotto il muro:
alberino, ingranaggio,
quadrante, bilanciere...
Era bello vedere:
un cristallo con il perno a braccetto,
in coppia pulsantino e batteria,
una corona in testa all'uncinetto...
Festeggiavano l'ora dell'allegria.
Quello era invece un chiasso,
un vero grosso guaio
per l'orologiaio.
Che fece l'uomo allora?
Estrasse dal taschino una cipolla
d'oro, di marca «Omega»,
ed imbronciato chiuse la bottega.
Fuori c'era una folla
di parenti e amici,
ed altra gente usciva dagli uffici.
– Che succede? Cos'è?
chiese l'orologiaio; era indisposto.
– È l'ora del caffe, – gli fu risposto.
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