Nel mondo e nel tempo narrando in versi ai bambini
C’era una volta un Re, un mago e tanto altro ancora, scrive oggi Giacomo Scotti. E domani? Cosa ci sarà un domani, dipende da noi e da voi. Sarebbe bello che questo “Viaggio favoloso con la Fantasia” rimanesse a lungo nel tempo e nel mondo. Si potrebbe ad esempio pensare a letture nelle scuole di tutte le misure, piccoli, grandi e grandicelli, dalle quali trarre disegni e acquerelli, pensieri, idee e poesie che un domani possano accompagnare la pubblicazione di tutto quanto il lavoro facendogli così spiccare di nuovo il volo. A partire da questa prima puntata avremo circa dodici mesi di pubblicazione di tutte le storie del nostro caro autore, l’editore già l’abbiamo, “Vorrei” s’è prestato e di ciò va ringraziato. Mancate solo voi cari lettori, studenti e studentesse, maestri e professoresse, direttori e direttrici l’importante e che siate felici di intraprendere con noi questo Viaggio perché la Fantasia va coltivata, curata e amata se no’ se ne va via e senza di Lei e certo più grigia e triste la nostra vita.
dedicato a voi tutti e in particolare ai bambini dell’Ucraina
Umberto De Pace, Patrizia Zocchio, Pippo Biassoni
Presentazione di Umberto De Pace
Disegni a cura di Pippo Biassoni
C’è oggi un Vecchio di nome Giacomo costretto in questi ultimi due anni come tanti di noi a stare chiuso in casa per colpa della pandemia che vuole portarci tutti via. Ma lui NO, ha detto “io non ci sto!”. Penna, matita, gomma e un po’ di inchiostro, ha iniziato a combattere il mostro. Un giorno una fiaba il giorno dopo una favola nel mezzo una filastrocca per poi infarcire il tutto con uno spruzzo di poesia che ogni cruccio si porta via. Inizia così il suo Viaggio Favoloso con la Fantasia che lo porta ad attraversare il mondo scrivendo e narrando nel tempo storie di maghi e di Re, di fiumi e animali, piccole case e grandi reami, pensate un po’ oibò … anche di addizioni e sottrazioni, per giungere alla fine con la pandemia senza più forza ed energia (speriamo) cacciata via. Ora il tenero Giacomo tutte queste storie, storielle e filastrocche ce le dona con gioia e piacere, leggiamole con cura e attenzione, sono certo che non mancheranno di emozionarci, divertirci e stupirci ma soprattutto facciamole circolare perché devono continuare a Volare.
dalla raccolta
“C'ERA UNA VOLTA UN RE”
IL VECCHIO SMEMORATO
Sul monte, in una bàita,
quasi una catapecchia,
vivevano soli un vecchio e una vecchia.
Allevavano cinque polli,
tre pecore, un maiale
e non vivevano male.
Avevano una capretta,
un asino e tre conigli
ma non avevano figli.
Un giorno che era festa
nel paese di Sottolacresta,
il vecchio, di prima mattina
decise di scendere dalla collina.
Disse alla vecchia: - Scendo giù a valle,
vado al mercato.
Compro un chilo di farina,
per te uno scialle
ed anche un cuore di pan melato.
Lei brontolò: - E ricorda
di comprare anche l'olio,
tre metri di corda
e un litro di petrolio.
Fa un nodo al fazzoletto
e portati l'asino!
Dentro di sè il vecchietto
pensò: «Ha ragione. Quasi mi vergogno
della mia smemoraggine.
Se a valle lo vendessero
avrei proprio bisogno
di un etto di cervello».
Prese il bastone, prese il cappello,
la pipa col tabacco e l'acciarino,
e si mise in cammino.
Non dimenticò nemmeno il denaro,
ma andò senza il somaro.
Arrivato in paese,
arrivato in quel borgo,
il vecchio pensò alla spese.
Ma c'era gran ressa.
Era appena finita la messa
e si faceva la processione.
In mezzo a quella confusione,
in mezzo a quella festa,
il vecchio perse la testa.
Sballottolato, urtato, spinto,
pensò a questo, pensò a quello,
ma non sembrava convinto.
E pensa, pensa, pensa:
«Lo zucchero? Ma no,
ne abbiamo ancora in dispensa.
Non ci servono gli stuzzicadenti,
ci sono già le pillole per il mal di denti,
ci sono gli unguenti.
Fagioli... I fagioli?
Ne abbiamo ancora un sacco.
Non manca il tabacco,
c'è pure lo strutto...
Ma è mai possibile che abbiamo tutto?»
A tutto pensava
fuorché a quello che dimenticava.
Alla fine pensò al maiale
(ai prosciutti, alle salsicce,
al lardo, alle cicce!)
e comprò un chilo di sale.
Fatte così le spese
quel giorno restò in paese.
L'indomani mattina
col sale tornò in collina.
La vecchia moglie, già rassegnata,
disse soltanto: – Bella pensata!
Togliti adesso quella parrucca
e tutto il sale versalo in zucca!
Il vecchio, povero, cotto dal sole,
prese alla lettera quelle parole.
Si fece coraggio, si tolse la dentiera,
e da quel giorno, fattosi saggio,
fece pure carriera.
LE SCARPE SENZA PIEDI
Una scarpa sinistra,
sperduta e abbandonata,
se ne stava sdraiata
sotto il comò.
Quindi, per cui, perciò
soffriva di solitudine
sembrava una Cenerentola.
Un giorno, chissà come,
in quello stesso posto
tenebroso e nascosto,
sfrecciando da una finestra,
finì una scarpa destra.
Lì cadde e restò illesa.
Quell'altra ne fu sorpresa.
Grande stupore il suo,
meraviglia la mia,
ma si fecero compagnia.
Sì, compagnia, però
là sotto quel comò
– un luogo inopportuno –
soffrivano sempre la solitudine:
senza i piedi, le scarpe
non servono a nessuno.
E tanta fu la mestizia
e tanta la malinconia
che quando le scoprirono,
trovarono due scarpe polverose,
stravolte e contorte,
due povere scarpe morte.
La donna di pulizia
le prese e le buttò via.
C'ERA UNA VOLTA UN RE
C'era una volta un re
(adesso c'è il presidente),
c'era, e chissà perché
non sapeva far niente.
Non aveva studiato per ministro,
non conosceva la politica,
chi fosse il destro e il sinistro
non lo sapeva proprio.
All'accademia non c'era stato,
non aveva un mestiere...
Un uomo proprio inutile,
un asino patentato.
L'unica cosa che sapeva fare
era quella di regnare.
Nei giorni di festa,
la festa nazionale,
doveva tenere in testa
la corona reale.
Aveva ereditato un sacco di quattrini
e il regno di Cinquepere
che non aveva confini
e non aveva frontiere.
Un regno sconfinato
e non c'era mai stato.
E. sì, perché quel re
ricco e ignorante assai
ed anche un poco pazzo,
non si faceva vedere mai
fuori del suo palazzo.
Non aveva una laurea,
non aveva un diploma
e se ne stava a Roma.
Non aveva un mestiere,
era uno che non lavora
e il suo popolo andava
ogni giorno in malora.
Così, sonnecchia e mangia,
mangia e beve, dorme e russa,
non si sveglia nemmeno
quando qualcuno bussa.
Disse allora la gente:
– Facciamo un presidente!
– Ma come? – Ma perché?
– Ed a che serve un re
che non sa fare niente?
– E se quello protesta,
se fa un colpo di Stato?
– Ma chi, quel ritardato?
– E se fa una rivoluzione?
– È un problema che non si pone.
Il re, infatti, non protestò,
non si affacciò al balcone,
non c'era nei dintorni,
nemmeno alla stazione.
Passò la primavera,
passò un giorno e di più...
Ma dov'era re Artù?
Niente, non c'era.
Un giorno, finalmente, fu trovato:
stava sotto la tavola,
pareva addormentato.
– Sire, Maestà, che fa?
Lo scossero, però
il re non si svegliò.
Lo scettro, la corona?
Dove sono finiti, dove sono?
Niente, non c'era niente,
nemmeno il trono.
Così, chissà perché, da allora
non ci fu un re.