Nel mondo e nel tempo narrando in versi ai bambini
dedicato a voi tutti e in particolare ai bambini dell’Ucraina
Umberto De Pace, Patrizia Zocchio, Pippo Biassoni
Presentazione di Umberto De Pace
Disegni a cura di Pippo Biassoni
dalla raccolta
“C'ERA UNA VOLTA UN RE”
LA FAVOLA IMPOSSIBILE
C'era una volta un re
che tutto quel che aveva
lo regalava ai poveri.
– Su, prendete! – diceva –
Questo a te, questo a te...
Soltanto la corona teneva per sè.
I poveri, naturalmente,
non furono più poveri.
Tutta quanta la gente
gridava: – Che bellezza!
Quand'ebbe dato fondo
ad ogni sua ricchezza,
ad ogni suo tesoro,
quel re dal cuore d'oro,
quell'anima tanto buona
regalò la corona.
Perciò, per cui, sicchè
la gente fece ancora più festa;
senza corona in testa
il re non fu più re.
Infatti, ebbene, dunque,
divenne un uomo qualunque.
* * *
Cari ragazzi, questo
è soltanto un racconto
da me inventato.
Un re come quello
non c'è mai stato.
L'USIGNOLO E SUA MOGLIE
C'era una volta un usignolo.
Per non restare in casa solo, solo
tra rami e foglie,
andò da un'usignoletta
e la chiese per moglie.
Stavano in una querceta,
era il mese di aprile.
L'usignolo era poeta
e cantò un canto gentile.
Cantò, gorgheggiò,
l'usignoletta se ne innamorò.
Poi, quando arrivò il tempo
di preparare il nido ed i lettini
per i nuovi uccellini,
l'usignoletta detta pure Betta
chiese aiuto allo sposo:
– Portami qualche erbetta,
uno stelo, uno stecco,
un po' di muschio secco...
C'è il nuovo nido da fare
ed anche la pappa da preparare.
L'usignolo rispose:
– Mi devi perdonare,
io non m'intendo di queste cose,
so soltanto cantare.
L'usignoletta brontola,
fa strepiti, tempesta,
diventa una bisbetica:
– Cantare è bello, ma
così avanti non va.
Io qui perdo la testa!
Per te ogni giorno è festa,
ma io che posso fare
con uno che ha il ticchio
di comporre e cantare?
Beata la signora del Picchio
che ha una bella dimora!
Suo marito fatica e lavora
dall'alba a notte scura
per procurare il cibo
e una casa sicura.
Se avrò una figlia, giuro,
non sposerà un poeta!
Meglio un analfabeta!
Sentita tutta quella conferenza,
ferito nella propria dignità,
quell'usignolo perse la pazienza
e si spostò su un albero più in là.
Riprese il suo «lavoro»
sciogliendo un canto d'oro
soffuso, adesso, di malinconia.
Ma era sempre poesia.
Cantava ancora uno stornello tosco
quando tornò dal bosco
la signora del Picchio:
andava a far visita
alla signora Betta,
l'usignoletta:
– È fortunata lei, signora mia,
con un marito che sa far poesia!
Che gioia, che bellezza!
Il mio? Brav'uomo, certo,
ma mai una gentilezza,
una rima, un concerto.
L'intero giorno, quello
tuc-tuc, picchia il martello.
È proprio esasperante...
Oh se fosse cantante!
Quando finì di parlare,
parlò l'usignola:
– Chiedo scusa, madama, ma son sola
ed ho tanto da fare.
Così la congedò
e la signora Picchio se ne andò.
Di nuovo l'usignoletta
restò sola soletta
a fare da mangiare,
rassettare, scopare
e di notte a tremare
al frusciar delle foglie...
Non era facile fare
da madre e moglie.
L'usignolo cantò pure di maggio
tra i rami di un faggio,
di un òntano, di un nespolo,
sopra un alto cipresso
in questo e in quel luogo.
Il suo sembrava lo sfogo
di un ardore represso.
Una fanciulla lo ascoltò rapita,
benedisse la vita.
Ascoltò, pure, nella piccionaia
sotto il balcone,
accanto alla grondaia
la signora Piccione.
E proprio lei volò dall'usignola
per dirle: – Sì, madama,
vostro marito è un uomo di gran fama
e la sua gloria vola.
Poeti e musicisti lo ammirano.
Che voce meravigliosa!
Darei non so che cosa
se mio marito sapesse un aggettivo,
un verbo, una nota, un motivo.
Invece sa far solo ru-ru-ru...
Io non ne posso più.
Vedendosi invidiata,
l'usignola si diè per vinta,
rassegnata e quasi convinta
di essere fortunata.
Ma uscita un giorno fuori a far la spesa,
ebbe la brutta sorpresa
d'incontrare la Gazza, una comare
il cui mestiere è quello di sparlare.
Pettegola e maligna,
la cornacchia sogghigna:
– Sciocchina, non lo sai
perchè non dorme mai
quel poetastro di tuo marito?
Perchè a casa non ci sta?
Non voglio metterci il dito, ma si sa...
E così, cra-cra-cra,
da quel becco tagliente uscirono
mille malvagità.
Gonfiata come un'onda,
quel giorno la Betta
fece una baraonda:
– Adesso conosco ogni cosa...
Ma che marito sei?
Dicono che te ne vai dalla Rosa
e tutta la notte canti per lei!
Ma dove sta scritto?
– Ma che Rosa d'Egitto,
quale rosa?
Via, non far la gelosa!
Qui non c'entra un altro uccello,
ma una pianta, anzi, il suo fiore!
E quel fiore è mio fratello
per amor della poesia;
mi dà slancio ed armonia.
Mentre io spando intorno il canto
dell'anima festosa o pensierosa,
la rosa fa altrettanto
spandendo la sua anima odorosa...
Purtroppo, dalla storia delle due anime
nacque un malinteso.
L'usignolo poeta non fu compreso.
Ma quando gli usignoletti,
fattisi grandicelli,
frullarono dal nido
come tutti gli uccelli;
e quando mamma usignola,
sentì anche loro cantare
in un folto cespuglio,
nel mese di luglio,
finalmente capì: sono poeti,
altro non sanno fare
che cantare e cantare...
Ed ascoltando il canto,
pur essa si concesse
al melodioso incanto.
LUMACA E LUMACONE
Camminando a rilento
sul gambo di un soffione,
un giorno s'incontrarono
Lumaca e Lumacone.
Lei un po' stanca, l'altro quasi digiuno,
furono però contenti
e si fecero i complimenti:
– Oh, come sei bianca!
– Oh, come sei bruno!
– Come sono eleganti
le antenne che hai!
– Oh, quanto sono belle
le strisce che fai!
Benedissero la sorte,
si fecero la corte,
si innamorano.
Alla fine decisero:
– Tu ti nutri di gemme,
io pure, e di foglie,
facciamo vita insieme
come marito e moglie.
Sul rametto di uno spinacio
si scambiarono un bacio;
sulla foglia di un ravanello
si scambiarono l'anello;
andarono al Comune,
poi tornarono a casa
sulla sponda di un fiume.
Se vi viene la voglia
di fargli una visita,
stanno sotto una foglia
di tamarice:
Lumacone contento
e Lumaca felice.
Viaggio Favoloso con la Fantasia - Prima Puntata