Prendendo a paradignama la CNN, ed in particolare le breaking news per le candidature di Bernie Sanders e Beto O’Rourke, tentiamo un’analisi di alcune delle strategie di cui si serve l'informazione mainstream per fare propaganda pro o contro i personaggi politici graditi o invisi all'establishment.
Fenomeno antico, internazionale e capace di adeguarsi ai vari momenti storici e ai progressi tecnologici, la propaganda è una delle armi di cui l’informazione mainstream si serve per contrastare le realtà che considera scomode e per sostenere invece quelle che corrispondono alla propria ideologia. In America il fenomeno coinvolge anche prestigiose testate che hanno fatto la storia del grande giornalismo, poiché su parecchi temi a dettar legge ormai sono solo gli interessi economici che regolano i rapporti tra politica, finanza e informazione.
Le strategie propagandistiche cambiano l'opinione della gente facendole credere di essere interpreti delle sue idee.
Limitandoci in questo contesto all'informazione televisiva in situazioni chiave come le campagne elettorali, le strategie propagandistiche sottopongono gli spettatori ad una manipolazione del pensiero che fa credere loro di essere interpreti delle loro stesse idee, ma che in realtà ne condiziona il voto, pur lasciandoli nella convinzione di scegliere autonomamente. E' un fenomeno che anche in Italia conosciamo bene.
Se a volte l'informaione mainstream "si limita" a calcare la mano su alcuni aspetti e ad ignorarne altri per favorire o contrastare un candidato, ci sono casi in cui la mancanza di scrupoli calpesta la deontologia professionale. Nel 2016 ad esempio abbiamo raccontato che la CNN dovette interrompere sua la collaborazione professionale con Donna Brazile, a quel tempo anche vicepresidente del Comitato Nazionale Democratico, quando Wikileaks attestò che aveva passato a Hillary Clinton un paio di domande scomode prima di un confronto elettorale con Bernie Sanders.
Un episodio raccontato anche da Michale Moore nel film del 2018 Fahrenheit 11/9.
Quello che non sappiamo è quante volte situazioni come quella non siano state scoperte. E comunque, nonostante l'illegalità di quell'azione, ve ne sono altre, legali, ancora peggiori.
La diffusione dell'informazione indipendente
Attraverso la ricerca dei fatti, l'informazione indipendente smaschera opinioni spacciate per cronaca, invenzioni spacciate per realtà e verità taciute per convenienza.
D’altra parte l’affermarsi, nel bene e nel male, del web ha consentito anche la sempre maggior diffusione di un’informazione indipendente di quelità che, attraverso la ricerca dei fatti, smaschera falsità ed ipocrisie di opinioni spacciate per cronaca, di invenzioni spacciate per realtà e di verità taciute per convenienza. La sinergia creatasi con i movimenti dal basso sorti e sviluppatisi sempre più sull’onda della Political Revolution di Bernie Sanders, ha contribuito a portare alle elezioni di medio termine moltissimi giovani e una parte di quelle fasce della popolazione trascurate da tempo. Il timore che l'appoggio a Bernie Sanders cresca ulteriormente tra quelle categorie sociali è particolarmente sentito dalla solida coalizione tra l’establishment democratico e buona parte dell’informazione mainstream, di fatto in linea con il partito repubblicano nel mantenere lo status quo, e con esso gli enormi privilegi garantiti dal big money. Ecco perché la propaganda ha già dispiegato le armi pesanti per mettere in cattiva luce i candidati pericolosi come la peste (al di là di Sanders ne è un esempio Tulsi Gabbard) e per promuovere invece quelli graditi all’establishment democratico, in particolar modo i progressisti dell'ultima ora, saliti sul carro dopo che le istanze sandersiane erano diventate etremamente popolari.
Nell’esaminare concretamente alcune delle strategie pro e contro, risulta esemplare il confronto tra le breaking news della CNN per gli annunci delle candidature di Bernie Sanders e di Beto O’Rourke, oggi come oggi candidato numero uno dell'establishment, andate in onda rispettivamente il 19 febbraio e il 14 marzo scorsi.
Alcune strategie dei pannelli di discussione
Pannelli di discussione affollati per dare l’impressione di opinioni plurime, pur essendo in effetti privi di contraddittorio o con un contraddittorio apparente.
La lunga attesa dei loro annunci ha permesso un’accurata organizzazione dei pannelli di discussione da mandare in onda al momento opportuno, considerando comunque che la data dell'annuncio è generalmente rivelata in anticipo grazie ai rapporti che i corrispondenti instaurano con gli staff dei politici.
La regola prevede che i pannelli di discussione siano abbastanza affollati, per dare l’impressione di opinioni plurime, pur essendo in effetti privi di contraddittorio o con un contraddittorio apparente. Tra i primi elementi strategici da mettere a punto, vi sono dunque la scelta degli ospiti e la definiione dei temi, oltreché l'attenta preparazione dei conduttori dei programmi, in modo da allineare tutti sul messaggio da convogliare. Un'altra regola è quella di mescolare i dati oggettivi con informazioni strumentalmente estrapolate da contesti ampi e complessi che quindi, in positivo o in negativo, acquisiscono significati diversi da quelli reali. A volte non esistono neppure fatti circostanziali a supporto dei dati forniti. Quando invece sono in contraddizione rispetto a quanto si vuol fare credere, essi sono taciuti. Il tutto è comunque organizzato con abilità tale da convincere lo spettatore dell'imparzialità di ciò che gli viene presentato.
Un altro elemento strategico è la presenza di video e foto del candidato.
Nel caso di Sanders, lo vediamo in apertura per meno di 40 secondi nel suo video di presentazione, dopodiché scompare del tutto, come se la redazione della CNN non avesse a disposizione nemmeno un’immagine, ad esempio, delle folle oceaniche piene di giovani che Bernie raduna nei suoi comizi e che, inquadrate dal palco, sembrano il pubblico di Woodstock.
Beto invece è continuamente presente. Lo vediamo mentre annuncia la candidatura accanto a sua moglie, mentre parla nei comizi, mentre cammina, fa selfie e stringe mani tra i suoi sostenitori, ed anche mentre esprime la sua solidarietà agli afroamericani in un video girato dopo una partita di football in cui giocatori di colore si erano inginocchiati per protesta durante l'inno americano. Spezzoni video e foto scorrono spesso anche in una delle due finestre dello split screen durante gli interventi di alcuni pannellisti inquadrati nell’altra finestra. Non manca l’enfasi sul numero appena uscito di Vanity Fair che, guarda caso, ha la copertina dedicata a O’Rourke.
I temi della breaking news per Beto O' Rourke
Per quanto riguarda la scelta dei temi e la conduzione generale della discussione, la differenza tra i due servizi è simile a quella che può esserci una festa di carnevale e un funerale.
Per O’Rourke viene azzardato un minimo di contraddittorio, funzionale a tirare l’acqua a due mulini. Un ospite dice che Beto è più in linea con il centro del partito che con l’ala sinistra. Gli fa eco un intervento che corregge il tiro, introducendo anche le sue posizioni progressiste su cui tutti concordano. Insomma Beto deve essere il candidato che non scontenta i tradizionalisti ma che attrae anche gli elettori meno convenzionali.
L'ingresso nella "O'Rourke Era", l'era del candidato che non prende il corporate money ma che, senza che nessuno dei pannellisti lo dica, accetta i soldi del bundling.
Si dice che Beto entusiasma le folle per il modo in cui parla, che piace a tutti perché non fa politica contro qualcuno o contro qualcosa, ma per delle idee. Si enunciano alcune di quelle idee, dando al pubblico l'impressione di elencare programmi concreti e consistenti, quando in effetti di tratta di concetti con poca sostanza. Si dice che Beto si è gia accaparrato una buona fetta di quei giovani anti-establishment in cerca di politiche nuove attente alle loro esigenze. Si insiste sul fatto che non pende corporate money, come lui stesso ribadisce continuamente, ma si tace sul suo fare uso del bundling, un fenomeno nella sostanza molto simile, che consiste nel riunire gruppi di persone appartenenti ad una stessa impresa finanziaria o accomunati da stessi interessi economici, per poi raccogliere singole donazioni che possono arivare alle cifre massime consentite pro capite (tra i 2.700 e i 5.600 dollari). Si elogia il fatto che Beto, consapevole di partire con qualche handicap per il fatto di essere l'ennesimo maschio bianco a candidarsi, dice che il suo staff sarà rappresentativo di tutta la popolazione e farà gli interessi di tutte le minoranze. E poi si conia il neologismo per il nuovo periodo storico nel quale il mondo sta entrando, ossia “The O’Rourke Era”.
I temi della breaking news per Bernie Sanders
Tutto sommato il gioioso servizio su Beto non farebbe urlare allo scandalo se non fosse per il confronto con il servizio orchestrato per Sanders, nel quale i due conduttori e i quattro ospiti, tutti della CNN, parlano solo ed esclusivamente dei problemi che Bernie dovrà affrontare.
Imperativo categorico per Bernie: parlare solo dei problemi che affronterà nella campagna 2020. Di popolarità, carriera politica, piattaforma programmatica, di multietnicità del suo staff, non una parola.
E’ Ryan Nobles, il corrispondente da Washington che seguirà la campagna di Sanders, a introdurli. Innanzitutto la concorrenza, poiché le istanze che nel 2016 erano ritenute radicali «sono entrate nel dibattito mainstream e sono la cifra dei più importanti candidati già scesi in campo». L'analista di fiducia della CNN Harry Enten commenta che «Bernie farà fatica a distinguersi» in una platea così a sinistra come quella di quest'anno che, per la verità, è invece colma di finti progressisti oltre che di dichiarati centristi. A convalida poi delle percentuali di gradimento che Enten dà senza citare fonti, la regia manda in onda un cartello in cui appare lampante il sostanzioso gap tra il 29% di Joe Biden, della cui candidatura si è tuttora in attesa, e il 16% di Sanders, nonché l'incalzare all'11% di Kamala Harris, in quel momento stella di punta dell'establishment che la CNN aveva già onorato del suo primo Town Hall presidenziale.
Ma i pezzi da novanta sono «le relazioni con quei settori della base democratica con cui non è andato bene nel 2016, inclusi i voti femminili e quelli afroamericani», e il problema degli abusi sessuali che si sono verificati nella sua campagna elettorale del 2016 e che sarà «naturalmente uno dei problemi più grossi che Sanders dovrà affrontare.» Ad onor del vero va anche detto che se non altro Ryan Nobles, nel suo ultimo intervento, dice che il fenomeno delle molestie si è verificato anche in tutte le altre campagne.
Fin dall'inizio dunque è chiaro che si punterà solo sul negativo. E così sarà.
Del programma di Sanders, che per lui è l'unica cosa che conta, della sua carriera politica, durante la quale ha anticipato di anni, se non di decenni, tante battaglie per istanze politiche, sociali, razziali e ambientali, non una parola. E neppure una parola sulla composizione multietnica del suo staff e del suo elettorato. Il tema trattato più ipocriticamente è anzi proprio quello del rapporto di Bernie con gli afroamericani.
Nobles dice che Sanders «è già entrato in quelle comunità, specificamente visitando la comunità afroamericana del South Carolina nel Martin Luther King Day e incontrandosi con i leader neri nei primi stati chiave che voteranno.»
La scelta delle parole e la strutturazione delle frasi e delle domande fanno parte delle sottili tattiche utilizzate spessissimo per indurre il pubblico a guardare gli avvenimenti da una prospettiva falsata.
Relativamente a quel giorno e al discorso, che Nobles nemmeno cita, tenuto da Bernie, nonché alla sua militanza nel Movimento per i Diritti Civili risalente ai primi anni 60, rimandiamo ad un articolo scritto per Vorrei proprio in quella occasione.
Qui è invece interessante sottolineare quanto la scelta delle parole e la strutturazione delle frasi, ed anche delle domande, siano tra le tattiche utilizzate spessissimo per indurre il pubblico a guardare gli avvenimenti da una prospettiva falsata. L’impressione che passa è che la “visita” di Sanders nel South Carolina sia stata una mossa di convenienza atta ad accattivarsi il voto nei neri, quando invece Bernie era stato invitato da Jim Clyburn.
Il punto più basso della breaking news: l'intervento dell'afroamericana Nia Malika Henderson
Ed eccoci arrivati al punto più basso della trasmissione, affidato al volto noto della CNN Nia Malika Henderson con una mossa strategica magistrale, poiché sentire, e vedere, uscire dalla bocca di una donna di colore le parole che dice, non solo condiziona il pubblico a credere alle sue affermazioni, ma ne amplifica a dismisura il simbolismo.
La strategia di affidare ad una donna di colore i temi del "disinteresse" di Bernie verso le donne, verso i temi razziali e verso la comunità afroamericana.
E’ lei a riesumare i Bernie bros, ossia i giovani maschi bianchi misogini che sarebbero stati i principali sostenitori di Bernie nella campagna del 2016. Introdotti da The Atlantic nell'ottobre 2015, i Bernie bros sono poi stati amplificati nelle loro connotazioni negative da David Brock, a cui Hillary aveva affidato la parte sporca della sua propaganda, tanto che lo stesso Brock fece poi pubblica ammenda verso Bernie Sanders per le falsità fatte circolare su di lui. Ma la signora Henderson non sembra saperlo, né del resto alcuno degli altri presenti le solleva la minima obiezione, e quindi non solo abbina Sanders ai Bernie bros fin dalla sua prima frase, ma conclude ribadendo che « sarà ancora difficile per lui espandere quello che sappiamo essere il cuore dei suoi sostenitori che sono soprattutto elettori giovani, così come elettori bianchi e primariamente elettori maschi.»
Sempre tra il consenso generale, nella parte centrale del suo intervento Henderson dice che Sanders «è stato spostato a sinistra dal partito su temi razziali. Ed aggiunge: « E’ molto spiacevole per molti aspetti parlare di razza. Nel 2016 ci sono state spiacevoli interazioni che lui ha avuto con alcuni contestatori dei Black Lives Matter. E come si vede nel suo annuncio lui cita l’uguaglianza razziale, ed è una cosa di cui credo lo sentiremo parlare.
Sono frasi non commentabili e non solo perché chi scrive è dichiaratamente di parte, ma poichè, sorvolando sul fatto che sia stato il partito a spingere Bernie verso i temi razziali, esistono cronache degli avvenimenti e testimonianze video delle "unconfortable interactions" coi Black Lives Matter che smentiscono le parole della signora Henderson.
Ancora una volta si spiega la strategia della CNN che, necessitando di una persona afroamericana che trattasse in un preciso modo un preciso argomento, si è ben guardata dall'invitare ad esempio Cornel West o Nina Turner, due tra le più conosciute ed autorevoli personalità afroamericane, che il network si fa spesso bello di avere come ospiti di prestigio quando tratta di di temi civili e razziali, purché non confliggano con i suoi interessi economici. Dato che il professor Cornel West ha personalmente investito Bernie dell'eredità di Martin Luther King e dato che Nina Turner è una dei quattro co-chair alla guida della campagna 2020 di Sanders, le due illustri personalità sono passate di default dalla parte di coloro che vanno evitati.
Chissà se Henderson si sarà resa conto di avere oltraggiato, da donna, i milioni di donne e, da afroamericana, i milioni di afroamericani che con stima, affetto e gratitudine hanno sostenuto, sostengono e sosterranno Bernie Sanders.