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9. Il PAI e alcune leggine regionali (2002-2007)

 

Mentre era in salvaguardia la Variante generale al PRG adottata nel 2002, accaddero alcuni fatti urbanistici, che, pur non partendo dal Comune, avevano immediate ricadute nel suo territorio. La prima questione fu il PAI, il Piano di Assetto Idrogeologico, approvato alla fine del 2001 dall’Autorità di Bacino del fiume Po; la seconda, fu una serie di leggine regionali che di fatto misero in grave difficoltà il Comune nella revisione e aggiornamento dei propri strumenti urbanistici.Affrontiamo la prima questione: il PAI. Nel 2001 era stato approvato un importante atto di tutela fluviale contro le piene del Lambro, che poneva alcuni limiti all’edificazione con fasce di protezione del fiume lungo tutto il suo corso, dai laghi di Pusiano fino al Po. Per Monza le tutele riguardavano alcune zone del Parco Reale, il centro storico, ma anche le aree agricole della Cascinazza, poste più a sud.

 

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L’esondazione del Lambro del 2002 alla Cascinazza 

 

Questo vincolo, impediva l’edificabilità prevista sia dal vecchio PRG del ‘71, sia dalla variante generale adottata nel marzo del 2002 (nei cosiddetti comparti di perequazione B1 e B2). Ma ben presto queste tutele saltarono perché “inspiegabilmente” venne avviata dall’Autorità di Bacino, una variante che ne riduceva gli effetti, ridonando, quasi per miracolo, le potenzialità edificatorie previste dagli strumenti urbanistici, appunto vigenti e in salvaguardia.Tale variante al PAI, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale nel giugno del 2004 (e da allora vigente a tutti gli effetti) prevedeva, tra l’altro, la realizzazione di un devastante canale scolmatore delle piene del Lambro, una sorta di grande bypass di Monza, con bocche di presa in una preziosa zona del Parco, sulla prospettiva formata dal grande viale disegnato dal Canonica che, partendo dallo scalone sul retro della Villa Reale, arriva ancora oggi al “ponte delle Catene” e ai nuovi cancelli di via Lecco. Quel canale dovrebbe poi correre nei territori agricoli posti tra Villasanta e Monza e quindi inserirsi nello spartitraffico dei viali Stucchi/Industrie/Fermi, per rigettarsi nel fiume poco prima del depuratore di San Rocco, provocando così una sorta di grande imbuto dove confluirebbero tutte le acque di piena, con grave rischio per gli abitati dei Comuni di Cologno Monzese e Brugherio.Costo totale dell’operazione: più di 170 milioni di euro, se mai quell’opera potrà essere realizzata visti i grandi sottoservizi presenti in quei viali (metanodotti, gasdotti e grandi collettori fognari vallivi) nonché lo sbarramento costituito dal canale Villoresi che sottopassa trasversalmente quella grande viabilità all’altezza del cimitero urbano (via Salvadori).Ma il vero miracolo consiste nel fatto che la sola redazione del progetto di larghissima massima di tale canale ha eliminato i gravissimi pericoli indicati dalla stessa Autorità di Bacino, addirittura con il pericolo di perdita di vite umane, rendendo immediatamente edificabile il berlusconiano terreno della Cascinazza. Non edificabile se e quando la faraonica opera sarà realizzata, subito.

 

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Il progetto del canale scolmatore 

 

Della variante al PAI si era interessata anche Report RAI di Milena Gabanelli, in una sua trasmissione dal titolo emblematico “era tutto previsto”, riguardante, appunto, i disastri provocati dalle esondazioni dei fiumi e dalle incurie delle amministrazioni pubbliche, oltre che da presumibili collusioni politiche.

E’ bene ricordare che contro quella variante si erano opposti sia il Comune di Monza sia altri (posti a sud), opposizione fatta sia nella fase di consultazione regionale sia poi con uno specifico ricorso al Tribunale speciale delle acque pubbliche, poi incredibilmente ritirato dall’amministrazione comunale subentrata nel 2007 (sindaco Mariani) a quella precedente, con sindaco Faglia.Ma di questi “miracoli” che ridonavano edificabilità ad alcune aree, fra cui naturalmente quella della Cascinazza, se ne videro anche altri a livello regionale, con l’approvazione di alcune leggine che resero la vita molto difficile al Comune nell’opera di revisione del vecchio e sovradimensionato Piano regolatore Piccinato approvato, come è noto, ben 35 anni prima e pensato per una Monza che avrebbe dovuto raggiungere e superare la soglia dei 300.000 abitanti.Già il 4 agosto del 2003, la Giunta Formigoni, in periodo balneare, aveva fatto approvare dal Consiglio Regionale una legge (la n. 14) che impediva a pochissimi Comuni, tra i quali Monza, di approvare un Piano dei servizi che, come previsto da una precedente legge regionale (la n.1 del 2001), avrebbe consentito di porre vincoli di inedificabilità sulle aree, con procedure celeri di approvazione, piano di cui l’amministrazione Faglia, insediatasi nel giugno del 2002, aveva già avviato le procedure fin dal settembre di quello stesso anno.Delle vicende del PAI nell’anno successivo, il 2004, abbiamo già scritto sopra. Qui basti ricordare che a pochi giorni dall’adozione di quella variante da parte dell’Autorità di Bacino del fiume Po, la società I.E.I. di Paolo Berlusconi, aveva prontamente presentato in Comune un corposo Piano di lottizzazione per ben 388.000 metri cubi, “sponsorizzato” allora anche in un sito internet di Forza Italia Brianza (titolo: “la vera storia della Cascinazza”), poi oscurato.

 

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Il piano di lottizzazione della Cascinazza per 388.000 mc 

 

Ma la vicenda più grave riguardò l’anno successivo un comma della nuova Legge urbanistica regionale lombarda che colpiva praticamente quasi solo Monza. Era il famigerato comma 2 dell’articolo 25 e l’altrettanto infausto comma 3 dell’art. 26 della LR n. 12 del 11 marzo 2005.Il primo impediva ai Comuni come Monza, con un PRG vigente approvato prima del ‘75, di dar corso all’approvazione di varianti di qualsiasi tipo, del piano dei servizi nonché di piani attuativi in variante e atti di programmazione negoziata (per es. accordi di programma), sino all’approvazione del nuovo Piano di Governo del Territorio (PGT), in sostituzione dei vecchi PRG.Il secondo, stabiliva che tali Comuni (soltanto Monza e Campione d’Italia) avviassero la procedura di redazione del PGT entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge stessa (31.3.2005).Monza era così paralizzata e, guarda caso, doveva rifare da capo la variante generale redatta e approvata dalla Giunta Faglia a fine dicembre 2004, già trasmessa alle Circoscrizioni per poterla poi discutere in Consiglio Comunale.

 

Le altre puntate:

Breve storia degli strumenti urbanistici a Monza - 1

Breve storia degli strumenti urbanistici a Monza - 2

Breve storia degli strumenti urbanistici a Monza - 3

Breve storia degli strumenti urbanistici a Monza - 4

Breve storia degli strumenti urbanistici a Monza - 5

Breve storia degli strumenti urbanistici a Monza - 6

Breve storia degli strumenti urbanistici a Monza - 7

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Breve storia degli strumenti urbanistici a Monza - 9

Breve storia degli strumenti urbanistici a Monza - 10

Breve storia degli strumenti urbanistici a Monza - 11

 

  

Gli autori di Vorrei
Giorgio Majoli
Giorgio Majoli

Nato nel 1951 a Brescia, vive a Monza dal 1964. Dal 1980 al 2007, ha lavorato nel Settore pianificazione territoriale del Comune di Monza, del quale è stato anche dirigente. Socio di Legambiente Monza dal 1984, nel direttivo regionale nei primi anni ’90 e dal 2007, per due mandati (8 anni). Nell’esecutivo del Centro Culturale Ricerca (CCR) di Monza dal 1981. Ora pensionato, collabora come volontario, con associazioni e comitati di cittadini di Monza e della Brianza, per cercare di migliore l’ambiente in cui viviamo.Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.