Recensione di It's OK to Be Angry with Capitalism, l'ultimo libro di Bernie Sanders che illustra il sistema oligarchico spacciato per democrazia e i metodi per contrastarlo. Molti sono gli episodi autobiografici tra cui le guerre sferrategli dall'establishment democratico nelle corse presidenziali e la sua partecipazione accanto ai lavoratori in lotta per ottenere i sindacati.
L'avidità non è cosa buona.
Reddito enorme e ineguaglianza di ricchezza non sono cosa buona.
Trarre profitto dalle malattie umane non è cosa buona.
Far pagare alla gente i prezzi più alti del mondo sui farmaci da prescrizione non è cosa buona.
Sfruttare i lavoratori non è cosa buona.
La monopolizzazione dell'economia da parte di una manciata di corporation non è cosa buona.
Ignorare i bisogni dei più deboli di noi - bambini, anziani e persone con disabilità - non è cosa buona.
Razzismo, sessismo, omofobia, xenofobia non sono cosa buona.
Prigioni a scopo di lucro che fanno soldi incarcerando la povera gente non è cosa buona.
Guerre ed eccessive spese militari non sono cosa buona.
Le emissioni fossili che distruggono il nostro pianeta non sono cosa buona.
Bernie Sanders
It's Ok to Be Angry with Capitalism
Strutturato alla maniera del decalogo orwelliano de La fattoria degli animali, l'elenco in apertura si può definire l'estrema sintesi del nuovo libro di Bernie Sanders It's OK to Be Angry with Capitalism, edito dal giornalista e scrittore John Nichols dello storico giornale The Nation - che, incentrato sui mali del capitalismo e sui metodi concreti per contrastarlo, va ben oltre i confini statunitensi nella documentazione dei meccanismi secondo i quali un esiguo numero di plutocrati esercita lo strapotere che determina le sempre più enormi diseguaglianze sociali.
Avvalendosi di excursus storici in cui si rifà a molti personaggi del passato - tra di loro, nel bene, Eugene Victor Debs, Franklin Delano Roosevelt e Martin Luther King jr. - Sanders si sofferma sull'odierno "sistema super-capitalistico" in cui "la democrazia è posseduta da oligarchi" guidati da "incontrollabili avidità e disprezzo per la dignità umana".
Un sistema dominato dall' "immoralità" di un "modello economico" nel quale "il tasso di ricambio dei lavoratori è estremamente alto, poiché i lavoratori vi entrano spinti dalla disperazione, sono sfruttati fino allo stremo, guadagnano paghe da fame, se ne vanno e sono rimpiazzati da altri lavoratori a basso reddito e senza potere".
Un sistema nel quale, a seguito di decenni di aggressioni e intimidazioni ora più forti che mai, la sindacalizzazione è solo all'11% (al 6 nel settore privato), nonostante i sondaggi ne dimostrino un'approvazione tra la gente che supera il 70%.
Un sistema nel quale un'informazione nelle mani di "una manciata conglomerati mediatici, di proprietà delle persone più ricche del mondo, mantiene un soverchiante controllo su quello che vediamo, sentiamo, e leggiamo".
Un sistema contro il quale Bernie Sanders è sempre più determinato a combattere a dispetto dei suoi 81 anni: "Quanto più invecchio tanto più mi indigno per il sistema super-capitalista nel quale viviamo, e tanto più voglio vedere un cambiamento trasformazionale nel nostro paese."
Non lo avevano visto arrivare e poi gli hanno fatto la guerra
Mettendo finalmente da parte la riluttanza a parlare di sé, soprattutto in merito alle ingiustizie personalmente subite dall'establishment democratico, Sanders suffraga la documentata narrazione con molte esperienze autobiografiche passate e recenti, tra le quali appunto le guerre sferrategli nelle due corse presidenziali.
Presidenziali 2016
Quando "nel 2016 la mia campagna scioccò l'establishment vincendo in 22 stati e raccogliendo più di 13 milioni di voti nelle primarie dem non era quello che si supponeva accadesse", scrive Sanders. "Non era quello che volevano gli interessi del big money. Non era quello che volevano i corporate media. Non era quello che volevano i super-Pacs e i ricchi finanziatori. Non era quello che volevano i superdelegati. Ma è quello che è accaduto."
Una sorta insomma di "non ci hanno visto arrivare", anche se, una volta resisi conto delle folle che Sanders calamitava, i media intrapresero la campagna diffamatoria descrivendolo come "sobillatore, testa calda, radicale, fastidioso, polemico, maleducato, trasandato e ancor peggio", l’opposto insomma di Hillary Clinton, che Bernie definisce la "beniamina di Wall Street e dell'élite democratica", per la quale chiunque sosteneva "sarebbe stata una passeggiata" conquistare la nomination. Eppure, continua Sanders, "una cosa divertente è avvenuta nel tragitto verso la Convention Nazionale di Filadelfia. Gli elettori non erano d'accordo con i giudizi dei corporate media."
E così dopo il pareggio in Iowa, la strabiliante vittoria in New Hampshire e la conquista di diversi altri stati, l'establishment, disperato, "si chiese come fermare il momentum di una rivoluzione politica. Il Washington Post aveva una risposta." In meno di 24 alla vigilia del voto in Michighan, il famoso quotidiano che fa da trazione a una pletora di altri media americani e internazionali sfornò 16 articoli, insinuando che Sanders fosse "razzista, sessista, amante delle armi e incline a ideologie di destra come Donald Trump e Ted Cruz." Il Michigan, comunque, Bernie lo vinse lo stesso, mentre alle generali Hillary lo perse contro Trump.
Quando poi alla vigilia della Convention di Filadelfia le email rilasciate da Wikileaks dimostrarono la collusione di Hillary e della sua campagna con il Comitato Nazionale Democratico per sconfiggere Bernie, fui testimone in loco di come quello che sarebbe potuto diventare un uragano mediatico, vista anche la compromissione della Cnn, venne immediatamente messo a tacere, introducendo la narrativa del sabotaggio russo e saltando a pié pari il contenuto di quelle email.
Presidenziali 2020
Anche nel 2020 establishment e propaganda si unirono contro Sanders, che racconta: "Ho vinto il voto popolare contro un’enorme batteria di candidati nei primi tre stati delle primarie - Iowa, New Hampshire e Nevada. Il risultato: un establishment politico nel panico si è coalizzato intorno a Biden, l'unico candidato che pensavano potesse battermi. Agli altri candidati venne chiesto di ritirarsi."
A due giorni dal determinante primo Supertuesday del 3 marzo 2020 Pete Buttigieg ed Amy Klobuchar, secondo e terza in graduatoria, furono i primi a ubbidire agli ordini. A loro si unì Beto O'Rourke, la seconda presunta punta di diamante dell'establishment dopo Kamala Harris, come lei già ritiratosi dalla corsa. Il risultato fu un Bloody Tuesday per Bernie e un trionfo per il redivivo e inconsapevole Biden.
Elizabeth Warren, l'unica persona che in quel momento avrebbe potuto modificare l'esito delle votazioni e forse l'esito presidenziale, "scelse", dice Bernie togliendosi finalmente un altro sasso dalla scarpa, "di rimanere in gara".
Alla conferenza stampa che Bernie tenne nel suo ufficio di Burlington la mattina del 4 marzo, una giornalista gli chiese se avesse sentito Warren e se avesse comunque intenzione di chiederle di unirsi a lui dal giro di votazioni successive. Bernie rispose di avere parlato con lei e di voler rispettare la sua decisione di prendersi alcuni giorni per riflettere. Il giorno dopo Warren annunciò il suo ritiro senza dare l'endoresment a Bernie. In seguito si unì all'ammucchiata pro-Biden nella speranza di ottenere la vicepresidenza, esattamente come aveva fatto con Hillary Clinton quattro anni prima, restando ancora una volta a becco asciutto.
L'instancabile e continuo impegno di Bernie
Pur contro il parere di molti sostenitori e membri dello staff, Sanders si ritirò l'8 aprile , poco dopo che il covid il Covid, una vera manna per Biden anche se Bernie non lo dice, fu conclamato anche negli Usa. Nel silenzio mediatico si dedicò quotidianamente a quella tragica emergenza, organizzando online tavole rotonde scientifiche e sociali sugli interventi da attuare e mettendosi in contatto con comunità in gravi difficoltà che aiutava con i soldi della sua campagna e di raccolte successive, sebbene anche questo non lo dica.
Tra le attività raccontate ci sono invece le collaborazioni con Biden per le stesure di tre programmi.
Innanzitutto il programma presidenziale nel quale fece inserire istanze progressiste che Biden promise di mantenere, ottenendo così i voti di Sanders indispensabili per battere Trump; il Rescue Plan per il Covid passato nel marzo 2021 che fece lievitare il gradimento del presidente, pur non contenendo il salario minimo di 15 dollari, promesso da Biden come uno dei primi provvedimenti presidenziali, in quanto contrastato dalla parlamentarian, una figura secondaria che Bernie, come lui stesso racconta, avrebbe ignorato ma alla quale la coppia Biden-Harris si piegò senza colpo ferire; il Build Back Better o Reconciliation Plan che Biden giurò di passare ma del quale accettò passivamente la morte gradualmente inflittagli dai senatori Joe Manchin e Kyrsten Sinema, precipitando così negli indici di gradimento.
E ancora la presentazione di singole leggi sempre respinte anche per colpa di democratici citati per nome e cognome; gli incontri con ministri e personalità di varie nazioni, soprattutto nord-europee, nelle quali il social welfare garantisce a tutti i cittadini quei diritti che dovrebbero essere inalienabili.
A fianco dei lavoratori in lotta per la sindacalizzazione
Un'altra lotta per la quale Bernie si è speso senza risparmiare energie, considerandola fondamentale per il "cambiamento trasformazionale" che auspica si realizzi nel prossimi dieci anni, è quella della sindacalizzazione dei lavoratori. Eccolo allora unirsi ovunque nel paese agli scioperi e ai picchetti dei dipendenti di colossi come Starbucks, Amazon, John Deere, Kellogs, Rich Products, Special Metals, Warrior Met Coal e tanti altri.
Tema base del libro, la necessità di fondare sindacati per allargare il movimento dal basso è strettamente connessa a quello dell'ineguaglianza economica che ha aumentato esponenzialmente le cosiddette "malattie della disperazione" (droghe, alcol, suicidi) ampliando le tipologie di persone che ne vengono coinvolte. Bernie affronta di petto e con compassione umana l'argomento della disperazione e dell'annientamento della dignità personale derivanti sia da lavori sottopagati con salari insufficienti per tirare la fine del mese, e con gravissime ripercussioni sui bambini, sia dalla perdita del lavoro (e quindi anche dell'assicurazione sanitaria) che spesso arriva improvvisamente magari a 50 anni o più.
Conseguenze di "de-regulation" e "de-industrialization" sempre più massicce in questo sistema super-capitalista, alla cui formazione è stata data una gran bella spinta negli anni ‘90 "quando Bill Clinton si allineò con Wall Street per approvare i cosiddetti patti di libero commercio, come il North American Free Trade Agreement (NAFTA)", che spalancarono le porte al trasferimento di moltissime industrie in paesi esteri a basso costo del lavoro.
Bernie documenta anche il progressivo divario tra gli stipendi di dirigenti e lavoratori: se negli anni '50 un Ceo guadagnava 20 volte di più di un lavoratore medio, si è progressivamente passati alle 42 volte degli anni '80, alle 120 degli anni 2000, alle 400 di oggi.
Compensi che vanno di pari passo con i successi nel far crescere i profitti delle aziende grazie alle migliaia di lobbisti, spesso ex politici, che hanno a disposizione milioni di dollari per corrompere i legislatori i quali, una volta in carica, devono ricambiare.
Per conseguire quel "cambiamento trasformazionale" è indispensabile, come diceva l'eroe di Bernie Eugene Victor Debs, la presa di coscienza da parte della working class della necessità della lotta di classe che a sua volta passa da conoscenza e informazione.
"Non è solo la forte opposizione del mondo delle corporation a rendere sempre più difficile l'organizzazione sindacale. Sono gli alleati che le corporation hanno nel mondo politico, dove sia Repubblicani sia Democratici hanno adottato un'agenda anti-lavoratori. Purtroppo però questi sono temi di cui non si discute sui media e che sono raramente citati nelle campagne elettorali. Il che va benissimo per i boss. Quanto meno si parla di conflitto di classe, tanto meglio per loro."
Solo ponendosi dei perché è invece possibile non rassegnarsi all'accettazione di un sistema venduto come l'unico possibile. Sanders racconta ad esempio di incontri "immensamente stimolanti" con i dipendenti di Starbucks:
"Giovani lavoratori stavano ponendosi le domande giuste. Perché, a dispetto degli enormi profitti, Starbucks non voleva pagare salari decenti? Perché se Starbucks poteva permettersi una liquidazione di 60 milioni di dollari per un Ceo che andava in pensione, non poteva dare ai lavoratori i benefit per un'assicurazione sanitaria sostenibile? Perché se la compagnia si vantava di essere progressista loro erano sottoposti a una violenta campagna anti-sindacale?"
Quanto ad Amazon e Jeff Bezos, Sanders riferisce, tra tanto altro, di "una riunione a porte chiuse" con i lavoratori in Alabama (dove il tentativo di sindacalizzazione per ora è fallito) che gli hanno raccontato delle "terribili condizioni nel loro posto di lavoro e nei magazzini Amazon di tutto il paese e dei subdoli schemi adottati per sconfiggere lo sforzo organizzativo."
Invece il successo ottenuto a Staten Island dal "movimento grassroot messo in piedi da Christian Smalls [ora presidente del Sindacato Amazon] e Derrick Palmer" non solo ha dimostrato "che i lavoratori di Amazon possono battere le campagne intimidatorie della compagnia multimiliardaria", ma ha sprigionato un’ondata contagiosa che si diffonde sempre più in tutto il paese.
Nell'aprile 2022 Bernie ha invitato Christian Smalls e Sean O'Brian (presidente del Sindacato Teamsters) a un incontro della commissione Budget del Senato, che allora dirigeva, per avere il loro parere “sul fatto che il governo federale dovesse stipulare contratti da decine di miliardi di dollari con corporation che avevano apertamente infranto la legge nelle relazioni di lavoro." A tale scopo ha anche fatto pressioni a Biden "perché firmasse un ordine esecutivo" per proibire tali contratti "pagati dai contribuenti americani". A Biden ha anche scritto una lettera:
«Presidente Biden, come si ricorderà, durante la campagna presidenziale lei [presidente Biden] promise di "istituire un’interdizione pluriennale per quegli imprenditori che si oppongono illegalmente ai sindacati" e di "assicurare contratti federali solo a imprenditori che firmino accordi di neutralità impegnandosi a non intraprendere campagne antisindacali". Quella promessa era giustissima. Oggi le chiedo [Presidente Biden] di rispettare quella promessa.»
«Mentre scrivo queste parole alcuni mesi dopo, lui non ha risposto.»
Dalla presidenza della Commissione Budget a quella della Commissione HELP
Dal 2 febbraio 2023 Bernie Sanders ha assunto la presidenza del Help Committee (Health, Education, Labor, Pension) dove ha subito iniziato a far tremare Ceo di diverse corporation.
Per esempio, come afferma la giornalista Liza Featherstone su Jacobin Magazine, la recente udienza contro Howard Schultz , il fondatore di Starbucks che in seguito alle convocazioni si è dimesso dalla carica di Ceo, ha scatenato una piccola rivoluzione, "costringendo i senatori democratici, che preferirebbero restare nelle grazie del finanziatore democratico, a denunciare il suo flagrante comportamento illegale." Schultz deve ora sottostare a un patto stipulato in buona fede: "firmare un primo contratto con almeno una delle strutture sindacalizzate entro due settimane. Ci vorrà sicuramente molto più tempo per far sì che i senatori democratici resistano alle trattative dietro le quinte che Schultz metterà in atto per riportarli nei ranghi, tuttavia ieri è stato un buon inizio."
A Chicago con Jessy Jackson e M.L.King III per Brandon Johnson sindaco
Mentre scrivo mi trovo a Chicago dove nella serata di ieri 30 marzo Bernie Sanders è intervenuto come sostenitore d'onore all'evento elettorale del progressista Brandon Johnson, che martedì 4 aprile sarà al ballottaggio contro il "corporate democrat" Paul Vallas. Nessuno si aspettava che Johhnson mettesse all'angolo Lori Footlight, primo sindaco di Chicago a non essere rieletto per il secondo mandato negli ultimi 40 anni, eppure, proprio come successo a Bernie, è accaduto. La sfida è durissima perché Vallas ha ricevuto e sta continuando a ricevere finanziamenti massicci dallo spettro politico di destra, sia republicano sia democratico, e molte volte abbiamo visto come finisce in questi casi. Bernie sanders a parte un esempio eclatante è stato quello di Nina Turner dell'anno scorso in Ohio. Tuttavia vittorie come quella di Alexandria Ocasio Cortez del 2018 e di altri candidati progressiti in quello stesso anno e poi nel 2020 e nel 2022 hanno dimostrato che sconfiggere il big money può essere possibile. Tra le varie personalità politiche e sindacali presenti all'evento per Brandon Johnson vi erano anche Jessy Jackson, ormai su una sedia a rotelle, e Martin Luther King III.
Jessy Jackson
M.L.King III
Brandon Johnson