Il nostro tour in Ville Aperte 2016 prosegue nella splendida Villa Gallarati Scotti di Oreno e nel poco noto, ma prezioso, ex Monastero Benedettino di Brugora a Besana Brianza
Una giornata ancora estiva ci permette di fruire nel migliore dei modi delle visite guidate predisposte nell'evento di Ville Aperte. A dire il vero la nostra scelta di selezionarne solo due non è stata per nulla facile. Perché i luoghi visitabili sono oltre 130 e sono tutti interessanti. Per fortuna alcuni li abbiamo già conosciuti negli scorsi anni. Ma ne restano ancora tanti da vedere e siamo alla quattordicesima edizione dell'evento!
Sarebbe opportuno ripetere l'evento in altre occasioni durante il corso dell'anno, magari dandogli un configurazione permanente e meno estemporanea. Ma questa è una domanda che ci riserviamo di porre a Gigi Ponti, il presidente attuale dell'Area Vasta di Monza e Brianza che abbiamo intenzione di intervistare a breve sul tema del futuro prossimo a venire dell'ente ex provincia. Intanto ecco qui la nostra intervista di presentazione dell'evento fatta a Gianpiero Bocca e qui il nostro servizio sulla relazione tenuta in Villa Rasini venerdì scorso.
Per accedere alla prima visita dobbiamo percorrere pochissimi chilometri: da Villasanta ci spostiamo verso est e in poco tempo percorriamo la Sp45. Attraversiamo il Parco Agricolo della Cavallera e raggiungiamo la frazione di Oreno. Nel centro del borgo, a sinistra del piazzale con la chiesa parrocchiale, un gruppetto di persone già aspetta il proprio turno di visita, previsto alle ore 10.
Villa Gallarati Scotti - Oreno di Vimercate - incisione di Marc'Antonio Dal Re
La Villa Gallarati Scotti
Con la Villa Reale di Monza è una delle migliori ville di delizia della Brianza e un importante bene culturale della Lombardia. Viene costruita però molto tempo prima, probabilmente nel 1685, eppure un secolo dopo della villa dei Rasini di Cavenago Brianza, di cui abbiamo scritto qui. La villa contiene insieme forme monumentali barocche e neoclassiche, a causa degli interventi che ha subito nel corso dei secoli. Come la villa dei Rasini e altre sparse in Brianza, Villa Gallarati Scotti viene fatta costruire in vicinanza dei possedimenti agricoli della nobile famiglia. In questo caso le terre di proprietà si estendo dai territori di Oreno fino ai confini di Arcore e Monza. Nello stesso periodo i conti Gallarati Scotti fanno costruire la Cacina Cavallera: è uno dei migliori esempi di architettura rurale presenti in Brianza. In Italia esiste una omonima villa: la Villa Gallarati Scotti di Fontaniva, in provincia di Padova e risalente, nel suo impianto originale, agli inizi del '600.
La villa nasce dal desiderio di Giovanni Battista Scotti di edificare una moderna residenza di villeggiatura
La villa originale barocca, con declinazioni rococò, nasce dal desiderio di Giovanni Battista Scotti di edificare una moderna residenza di villeggiatura. E' lui stesso, affiancato da architetti, ingegneri, artisti e artigiani, a stendere il progetto architettonico. Particolarità del progetto è l'idea di realizzare un cannocchiale prospettico, simile a quello della reggia di Versailles o della Villa Reale di Monza: è una forma di illusione ottica, dove si può intravedere l'orizzonte del parco e nel contempo valorizzare l'estensione in grandezza delle terre di proprietà. Questo primo progetto è testimoniato dall'incisione di Marc'Antonio Dal Re e inserita nel suo volume Ville di delizia nello Stato di Milano della metà del Settecento.
Nel 1703 accanto al corpo centrale della villa vengono aggiunte le ali laterali. Successivamente vengono costruiti il parco e altri edifici particolari. Tra questi le scuderie, la serra e il Ninfeo di Nettuno, fontana conclusa nel 1728, anno in cui è vista e descritta da Montesquieu in occasione della sua permanenza presso i conti Trivulzio. Dell'originaria decorazione barocca ad affresco si è conservata intatta la sala di Alessandro Magno, decorata con episodi della vita del condottiero macedone tratti da Plutarco: Alessandro doma il cavallo Bucefalo; Alessandro tronca il nodo di Gordio, Alessandro malato a Tarso, Alessandro ed Efestione con la moglie di Dario. Alcune attendibili ipotesi sostengono che ad eseguire le decorazioni siano stati Pietro Maggi, Giovan Battista Sassi, Francesco Bianchi e un anonimo artista della cerchia di Giovan Angelo Borroni. Per le inquadrature, invece, si è ipotizzato l'intervento diretto di Giovan Battista Castellino, autore insieme a Giovan Battista Sassi degli affreschi della Sala del Giuramento di Paride. Il tema di Alessandro si ritrova peraltro anche nella Reggia di Caserta, costruita nello stesso periodo storico per volere del re di Napoli Carlo di Borbone.
Il salone della Villa gallarati Scotti dedicato ad Alessandro Magno
Nel 1789 i Gallarati Scotti affidano a Gaetano Cantoni il compito di riprogettare l'intero complesso architettonico della villa. L'architetto ridisegna in stile neoclassico la facciata. Rivede la decorazione e la distribuzione dei volumi interni, progettando un’ampia corte anteriore chiusa da due tempietti e il corpo nobile su tre piani, con ampi saloni riccamente arredati e affrescati. Al Cantoni venne affidato anche il compito di redigere il progetto di trasformazione del parco. Durante la prima metà del'800 la villa subisce un processo di radicale trasformazione: oltre alle opere di rifacimento e di nuovi manufatti eseguite Cantoni, come le nuove scuderie, la cappella e il teatrino ecc., il duca Tomaso Gallarati Scotti commissiona una serie di nuovi interventi all'architetto Gioacchino Crivelli. Nella seconda metà del'800 vengono realizzati altri interventi diretti dall'ingegner Franco Ruggeri. In seguito è il parco della villa a essere oggetto di molteplici trasformazioni. Oggi la Villa è una delle 35 sedi Châteauform presenti in Europa. Non è un albergo ma un sito esclusivamente dedicato ai seminari aziendali.
Vicini di casa dei Gallatati Scotti sono i Borromeo, che possiedono Il contiguo Casino di Caccia, ereditato da Isabella D'Adda nel 1612 e anch'esso visitabile in Ville Aperte 2016 e sulla destra, confinante con la villa, il convento dei Frati Minori Cappuccini, fondato secondo la tradizione da San Francesco stesso, attorno al 1215, durante il suo viaggio verso la Francia. Il suggestivo Casino di Caccia del sec. XV conserva uno straordinario ciclo di affreschi in stile gotico internazionale, con scene di caccia e di amore cortese, tra gli esempi più importanti di pittura profana del Quattrocento in Lombardia.
Monastero di Brugora - foto di Pino Timpani
Monastero Benedettino di Brugora e Chiesa dei SS Pietro e Paolo
Nel pomeriggio, partendo sempre da Villasanta, ci dirigiamo verso nord. Anche questa volta la strada da percorrere non è molta: in pochi chilometri saliamo sulla collina di Lesmo e ci introduciamo, attraverso una strada secondaria, nella campagna che forma il cuore della Brianza. Nonostante tutto c'è ancora molto verde. A tratti si scorge, sulla destra, il fitto bosco della Valle del Pegorino. Raggiungiamo in breve le prime case di Besana Brianza. Esistono bellezze poco conosciute intorno a noi. Qui, in località Brugora, nella frazione Montesiro, sorge il più importante complesso architettonico religioso besanese, eretto nel secolo XI dalla famiglia Casati. Non è una villa di delizia: è un complesso comprendente una chiesa e un monastero benedettino femminile, poi soppresso e trasformato a casa di riposo per anziani, con annesse moderne strutture di mini alloggi protetti.
L’edificio ha 900 anni di storia. Viene costruito, sui resti di un'edificato preesistente di architettura paleocristiana, da Eriberto Casati il 1102
L’edificio ha 900 anni di storia. Viene costruito, sui resti di un'edificato preesistente di architettura paleocristiana, da Eriberto Casati, famiglia di antica origine Longobarda e proprietaria di castelli a Casatenovo e di altri possedimenti nelle vicinanze. E' il 1102. Qui la ricostruzione storica. Inizialmente viene edificata una chiesa, ma, per volere di un sacerdote della famiglia Casati, alla chiesa viene aggiunto un piccolo monastero di suore. Anni dopo le suore intraprendono un acceso contenzioso con i discendenti dei Casati: vorrebbero riprendersi il possesso del bene. La controversia dura per molto tempo e trova infine soluzione con l'accordo che stabilisce il potere di nomina delle badessa alla famiglia Casati. La prima badessa si chiama infatti Nicodilla Casati. A partire da lei, i Casati possono gestire direttamente l'andamento del monastero. Con questo assetto, raggiunto alla fine del '400, la comunità religiosa delle benedettine entra con serenità nell'epoca del rinascimento cinquecentesco e si concede una serie di abbellimenti, con decorazioni e affreschi, nella chiesa, oltre a ulteriori nuovi spazi costruiti nel convento.
Le suore, per dare alla chiesa uno slancio estetico di trascendenza, decidono anche di elevare di quasi un terzo l'altezza della chiesa. Inoltre, essendo questa troppo grande rispetto alla necessità di capienza dei pochi abitanti del borgo, di dividerla in due parti: una pubblica, accessibile dalla piazza e l'altra interna ad uso esclusivo alle monache di clausura. Ma quando si procede ad affrescare la prima parete della chiesa, si scopre la sua tremenda fragilità: essendo posta sopra il crinale della collina, avviene un cedimento strutturale: proprio in corrispondenza del primo affresco, si sposta la parete destra e crolla parte dell'intonaco. Alle suore viene consigliato di legare con delle grosse funi le pareti della chiesa: in questo modo, tenendole strette tra loro, l'edificio è in grado di resistere ai movimenti del terreno circostante. La chiesa si salva: ancora oggi le pareti sono legate in alto da grandi funi di acciaio in tensione.
Tiranti alle pareti - foto di Pino Timpani
Consolidata la sicurezza della struttura, le suore continuano l'opera di abbellimento facendo affrescare le altri pareti dello spazio dedicato alle monache di clausura e denominato sala del coro, perché qui si riunivano per cantare. Nella sala si possono ammirare le figure della Madonna affrescate in un trittico: una Natività, un’Assunzione al cielo e un’Incoronazione a Maria. Questi e gli altri affreschi sono stati restaurati dal 1989 fino al 2005 con il sostegno del Rotary Club di Seregno-Desio-Carate e recuperati dal degrado insieme alla sala del coro: era stata lasciata per lungo tempo in stato di abbandono e prima ancora usata come magazzino. Non si conoscono gli autori: le suore, non avendo molte risorse a disposizione, procedettero agli abbellimenti con il massimo risparmio possibile. E' presumibile che l'artista o gli artisti, in virtù delle scarse disponibilità dalle suore, non fossero di grande fama. Nemmeno si sono trovati nel territorio altri affreschi simili o comparabili dagli esperti in modo da poter risale a un ipotetico autore.
La parete dietro l’altare, nella parte di chiesa aperta al pubblico, presenta interessanti elementi di pittura cinquecentesca e in particolare di Ultima Cena del XVI secolo dai colori particolarmente brillanti e ben conservati. L'opera è in corso di attribuzione, perché è stata scoperta di recente. E' stata nascosta da una pala d'altare con un dipinto a tema analogo di Ultima Cena, eseguito tra il 1624 e il 1625 da Daniele Crespi e attualmente collocato alla Pinacoteca di Brera: é ispirata, più che al Cenacolo di Leonardo, al prototipo di Gaudenzio Ferrari di Santa Maria della Passione a Milano. E' probabile che la pala abbia nascosto il dipinto sottostante per quasi tre secoli: dal periodo della controriforma, dopo il Concilio di Trento, da quando vengono bandite molte immagine e usanze non ritenute in linea con il pensiero ufficiale della chiesa cattolica. Dopo il passaggio alla Pinacoteca di Brera, l'opera di Crespi fu temporaneamente sostituita, sull'altare di Brugora, con un Crocifisso del Morazzone, oggi spostato in un ambiente secondario del monastero.
Il dipinto di Daniele Crespi ora conservato alla Pinacoteca Brera di Milano
Infine, ma fuori dal percorso della visita guidata, c'è un'altra opera degna di nota. Si trova all'interno del chiostro, nella cappella della casa di riposo e già antico refettorio: è un affresco del 1512. Viene attribuito alla scuola di Ambrogio Bergognone. L'affresco riprende un tema iconografico, a suo tempo diffuso nei refettori dei conventi. Nella scena della Crocifissione, oltre alla Vergine Maria e alle altre figure classiche, sono presenti le immagini dei fondatori del monachesimo: San Benedetto, gli apostoli Pietro e Paolo, Santa Scolastica, San Domenico Guzman e San Francesco d’Assisi.
Verso la fine del '700, durante il periodo della Repubblica Cisalpina, il monastero viene occupato dai militari francesi che usano la chiesa come stalla. Qualche anno dopo le suore vengono definitivamente allontanate e il convento passa di proprietà e di eredità, insieme ai terreni circostanti, a diversi soggetti fino agli inizi del '900, quando Giuseppina Scola, ultima proprietaria nella catena delle eredità, dispone la sua trasformazione in ospedale per i bisognosi. Così, nel 1923 la congregazione di carità di Besana lo trasforma in casa di riposo Ospedale Giuseppina Scola.