Elezioni regionali Lombardia 2010
L
’ottimismo, scriveva uno psichiatra americano, è un’arma di difesa essenzialmente tragica: vi si fa ricorso quando i tentativi razionali di affrontare un problema portano in sé segni manifesti di fallimento.
Se dovessimo definire queste Regionali non potremmo trovare parole migliori. Dopo il caos delle liste, i decreti interpretativi, gli scandali delle tangenti (è di ieri il video che ritrae l’ex presidente della Commissione urbanistica di Milano Milko Pennisi mentre intasca una mazzetta per mezzo della sua segretaria) e quelli dei trans, dopo che mezza Giunta regionale è stata chiamata dai magistrati a fornire spiegazioni, e i più fortunati il Natale lo hanno trascorso nelle patrie galere, non si vede come un elettore razionale possa aver voglia di recarsi alle urne.
È a questo punto che entra in gioco l’ottimismo. Sentimento, dicevamo, essenzialmente tragico, ma utile ad andare avanti e in ultima analisi, uno degli splendidi artifici della natura per garantire la sopravvivenza della specie.
Dallo speciale elezioni che pubblichiamo potete avere un’idea delle forze in campo. Abbiamo cercato di intervistare i candidati sui problemi reali, quelli che riguarderanno la gente.
Probabilmente fra una settimana racconteremo la vittoria di Formigoni. Ma abbiamo pochi dubbi che queste saranno ricordate come le elezioni della svolta. Innanzitutto perché il “celeste” non potrà ricandidarsi nel 2015, e la destra dovrà trovare un sostituto all’altezza in Lombardia; in secondo luogo perché è difficile immaginare un uomo come Berlusconi che va per i 74 anni reggere ancora a lungo le fila di un partito che è un ricettacolo di tensioni e ambizioni personali in gran parte, per il momento, frustrate.
Il Pd dal canto suo deve ringraziare il giovane radicale Lipparini che, con la sua intraprendenza nel presentare ricorso contro la lista di Formigoni, gli ha dato l’occasione di chiamare in piazza con rinnovato sdegno un popolo rassegnato ancora prima di giocarsi la partita alle urne. Una campagna elettorale incolore ha fatto il resto.
Il Movimento a 5 stelle di Grillo conferma la teoria che da sempre governa la politica: per comandare bisogna innanzitutto restare vivi. Lo aveva capito Craxi negli anni ‘70, e ci riuscì, lo hanno seguito poi i vari Bertinotti, Di Pietro, per non parlare di Mastella… a volte le lezioni servono.
Fermo restando la nobile intenzione dei grillini di cambiare le cose partendo da posizioni trasversali (il popolo viola è la novità più interessante degli ultimi anni, grazie a una sana dose di pragmatismo che lo distingue dai vecchi girotondini), il problema è che per governare nessuno ha ancora inventato uno strumento migliore del vecchio partito. La sua macchina anche oggi la più adatta per gestire il potere. Farne a meno può risultare fatale. Facciamo l’esempio della comunicazione. Il passaparola non basta. Bisogna essere organizzati per competere. Le interviste non ancora andate in porto al momento di chiudere il dossier sono quella al presidente Formigoni, che ha dato l’impressione di non voler rispondere senza aver controllato cosa andava in stampa, e quella a Vito Crimi, che la nostra redazione ha cercato inutilmente di contattare. Ma mentre Formigoni se lo può permettere, un piccolo partito che si presenta per la prima volta alle elezioni, no. L’impressione che ne deriva è quella di tante buone intenzioni che rischiano di andare sprecate.
Chiudiamo con la Lega. Fuori Formigoni, nel 2015 saranno loro probabilmente i più accreditati a raccoglierne l’eredità. Per questo, l’obiettivo è monetizzare subito in termini di voti per avere posizioni di rilievo in Giunta e quindi visibilità in vista delle prossime consultazioni. Un po’ partito, un po’ movimento, forse il compromesso migliore tra le due varianti, le camicie verdi alle Regionali giocano sul loro terreno e lo fanno andando nei paesi a parlare con la gente, non con la faccia “pulita” da partito di governo, ma con la retorica delle sezioni che ne ha decretato il successo negli anni. Mentre Bossi ieri pomeriggio era sul palco di San Giovanni, nella capitale, per le strade di Milano ancora campeggiavano i manifesti con gli improperi contro Roma Ladrona. Che fosse uno degli ultimi politici rimasti in circolazione, si sapeva. Che i suoi fossero in grado di presentare una lista senza errori perché venuti su dal basso e avvezzi anche al "lavoro sporco", pure.
Ma che il Senatùr faccia accordi solo ed esclusivamente con chi difende i suoi valori, a prescindere dal colore politico, qualcuno sembra averlo dimenticato. Gli elogi all’ “alleato più fedele” fanno parte della retorica berlusconiana, la stessa che vuole Fini definito mielosamente “cofondatore” in ogni occasione del Pdl quando nella realtà dei consigli comunali i partiti di Forza Italia e An si presentano in aula ancora divisi e le cariche sono spartite seguendo il sempre utile manuale Cencelli. Così, non escluderemmo di trovarci , nel 2015, i leghisti in una coalizione inedita. Ne avevamo parlato due anni fa, e confermiamo il giudizio. La Lega è l’unico partito che va tra la gente. L’unico che si è preoccupato di fare campagna elettorale nei paesi senza organizzare cene per i “grandi elettori”, ma andando porta per porta a procurarsi i voti. In Lombardia, ma crediamo ovunque in caso di consultazioni amministrative, si vince così. Forse è il caso di imparare la lezione,
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