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Era estate di incendi esplosi nelle periferie industriali e di sordi crolli delle case che andavano in polvere.


Essendo estate la luna faceva luce come di giorno per i poveri occhi sbarrati verso il cielo dove muggivano le fortezze volanti in rotta verso gli obiettivi militari. Era estate di incendi esplosi nelle periferie industriali e di sordi crolli delle case che andavano in polvere. Sopra un carretto tirato dal cavallo, ogni sera ci mettevamo in viaggio verso la campagna avendo per meta la cascina Baragia che ci avrebbe ospitato nei suoi giacigli di paglia. Fuggivamo dalla città: mia madre carica di borse con tutto ciò che era rimasto da mangiare, mio padre stretto nel suo mantello invernale dal quale uscivano solo i suoi baffi grigi ed i suoi occhi lucidi, io con la scatola dei minerali: quarzi, piriti, capocchie di fiammiferi, la lente d’ingrandimento, il raschietto, la colla, le etichette. Sul carro principalmente la famiglia Cazzaniga: la signora Erminia con la gobba, il signor Tommaso, suo marito, quasi cieco, Mario, il loro figlio primogenito, altissimo, la loro figlia Margherita, bellissima. La figlia Margherita accoccolata davanti, quasi in groppa al cavallo, protesa verso la strada con gli occhi fulgenti che diradavano le ombre della notte, con le mani diafane che legavano uno all’altro gli infiniti punti del buio facendone una rete che si riempiva di lucciole. Sul carro anche la famiglia Truzzi, padre, madre e figlia dalle sette trecce legate con la corda, tre persone di stazza, dondolanti e silenziose, come merci in viaggio per Tucuman (Libro Cuore. Dagli Appennini alle Ande). A Restellone, già oltre le ultime case eravamo nei campi infiniti. La signora Erminia volgeva al cielo le mani giunte: “Te Deum laudamus, te Dominum confitemur…” e tutta la gente del carro come un solo uomo: “Vai a Messa la domenica mattina e le altre feste comandate.” Di nuovo la signora Erminia: “Te Deum laudamus, te Dominum confitemur.” Di nuovo il coro: “Non mangiar carne nel venerdì e negli altri giorni proibiti, digiuna nei giorni prescritti.” Di seguito: ”Te Deum laudamus, te Dominum confitemur…” “Confessati almeno una volta all’anno…”Confitemur…”   “Comunicati almeno a Pasqua… “Te Deum…” “Onora il padre e la madre…” “Te Deum…” “Non ammazzare…”  “Te Deum…”  “Non bere, non mangiare, non dormire, non commettere atti impuri…” “Emh, emh che cosa hai sentiro?” “Io niente, io non ho sentito niente…”Ascolta, ascolta…” “Te Deum, Te Deum, Te Deum…” Tutti pregavano, con  gli occhi al cielo e le mani giunte, tranne la figlia Margherita che, pur nel buio della notte, si rimirava nel suo specchietto pettinandosi col pettinino di tartaruga  incrostato di lapilli d’argento che incessantemente fluivano come una cascata luminosa davanti agli occhi del cavallo, quanto basta perché il quadrupede abbagliato menasse un calcio al suo sconsolato andare e, dato il più alto nitrito, rompesse al trotto per arraffare quelle scintille che scintillavano davanti alle sue pupille, incurante dello sballottamento che rischiava di ribaltare il carro – Sono senza fiato, un periodo così lungo non è mai uscito dalla mia penna che, solo a vedere un aggettivo, vomita. In ogni modo avanti, avanti! –Ta Pum!!! Scoppio, fiamme e fumo!!!  “Cos’è? Cos’è?” “E’ lo spostamento d’aria di una bomba.” “Gesù Maria!!!” “No, non è lo spostamento, è una bomba nella sua fattispecie di anima e corpo, caduta davanti al cavallo,  tant’è che l’animale, non sapendo più quante ne ha in tasca, trotta a zig zag e invece di portarci alla cascina Baragia ci porta a Cologno, mentre noi non vogliamo andare a Cologno, bensì alla cascina Baragia. Capito? Assolutamente non a Cologno dove il ponte sul Lambro è già stato bombardato sia dagli americani che dagli inglesi e chi vuole passare  deve buttarsi a nuoto rischiando di affogare in mezzo alle rane. Comunque non c’è da fidarsi perché tutto intorno è minato e si dice che nella boscaglia siano nascosti…” ”Chi, chi nascosti?” “ Ssst, sei matto, non si può dire.” “ Come non si può dire, lo sanno tutti.” “Taci, il nemico ti ascolta.” “Taci tu.”  “Tu sta zitto.” “Invece parlo. Chi c’è nella boscaglia?” “Disertori…” “Cosaaa?” “Chiudi il becco perché se ci capita una disgrazia dobbiamo sapere da che parte arriva.” “Io, io non dico niente, già ho un figlio al fronte”  “ Che fronte?” “Non so più niente, prima  era in Russia, poi è passato uno del suo battaglione, uno di Melzo, sicuro di averlo visto in Africa.” “In Africa?” Proprio là, nel deserto, in mezzo alla sabbia, ma non c’è da fidarsi.” “Perché?” “Perché ha una gamba sola.” “Uno di Melzo con una gamba sola?””Sicuro.” “E l’altra gamba? “ “Rimasta a Giarabub!” ”Dio santo,cosa è stato?” “Mi ha detto una mina, comunque deve  ringraziare il Signore, meglio una gamba sola che una pallottola in testa.” Troppe chiacchere, troppe chiacchere! la signora Erminia, nonostante la gobba, si era fatta sollevare dal marito che se l’era messa in spalla, perché tutti, con le orecchie bene aperte, ascoltassero l’Atto di dolore da giustapporre alla bomba caduta davanti al cavallo. Atto di dolore: mio Dio mi pento con tutto il cuore dei miei peccati, e li odio e li detesto…eccetera eccetera. Tutto l’Atto di dolore compresa la sberla che la signora Erminia era riuscita a rifilare alla figlia Margherita, urlando di buttare via lo specchietto. Neanche per sogno, la figlia Margherita non  voleva saperne di buttar via lo specchietto dove si raffigurava giorno e notte. Lei era arcifelice, era ultrabeata perché  lei stessa, nello specchietto, si vedeva bella, bellissima come nessuna altra era stata bella dal principio del mondo fino a tutt’ora nonostante le ragazze della sua età, dal principio del mondo in poi, sculettassero in libera offerta alle rapaci occhiate dei giovanotti che svenivano, dopo tre o quattro atti impuri, davanti a quei misericordiosi sculettamenti. Comunque la figlia Margherita era stata la prima a saltar giù dal carro perché eravamo finalmente arrivati davanti alla cascina Baragia dove saremmo stati al sicuro. Altro che sicuro! La signora Erminia, sulle spalle del marito, si strappava i capelli perchè  la cascina Baragia non c’era più ed al suo posto friggeva una fiammata vulcanica  mentre in alto ronzavano le fortezze volanti, fitte come mosche, sbirciando  se fosse doveroso scaricare un’altra partita di bombe avendo ricevuto la spiata che nella cascina si nascondeva la contraerea.

6386         26 maggio 12

 

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Gli autori di Vorrei
Adamo Calabrese
Adamo Calabrese

Adamo Calabrese è scrittore, autore di teatro e illustratore. Ha pubblicato con Einaudi il romanzo "Il libro del re", con Albatros i libri di racconti "L'anniversario della neve", "La cenere dei fulmini", "Il passaggio dell'inverno", con Joker "Paese remoto". Ha illustrato i propri libri ed edizioni di Dante, Gibran e Pascutto. Scrive e disegna per il quotidiano "Il cittadinio" di Lodi, per le riviste "Vorrei" di Monza e "Odissea" di Milano. I suoi ultimi lavori teatrali hanno messo in scena opere di Brecht, Joyce, San Francesco e Iacopone. Nel 2012 RAITREha trasmesso un suo testo. Nel 2014 è stato finalista del premio internazionale di grafica satirica "Novello". Insegna letteratura presso le Università della terza età di Sesto san Giovanni e Milano (Università Cardinale Colombo)

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