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Una sera, stanco come il mondo, arrivo in una bicocca con l’insegna “Hotel del cavallo.”  “C’è posto?”  “C’è rimasta una branda in soffitta.” “Va bene” dico io “purché non vi siano topi.”

Da mio padre avevo preso il morbillo dello scrivere, volevo diventare uno scrittore che fiuta le parole come i funghi nel bosco. Mi esercitavo riscrivendo la Bibbia. Ma arrivato al Diluvio Universale mi sembrava di affogare. L’inchiostro diventava acqua. Scrivevo fino a tarda notte, quando mi si chiudevano gli occhi e dalla mia penna non uscivano che scarabocchi. Sotto l’abatjour i verbi si coalizzavano contro gli aggettivi, le virgole gironzolavano per le pagine come formiche. Avrei picchiato la testa contro il muro per non tenere più la conta degli animali ficcati dentro l’Arca. Non solo iracondi bufali ma anche miti dinosauri per non dire dell’ornitorinco. “Brucio tutto!” avevo deciso e un giorno, dietro il muro del cimitero, avevo dato fuoco ai miei quaderni. Come tirava il vento e come le pagine parevano gridare aiuto! Nessuna pietà. Avevo salvato solo il block notes su cui mia madre annotava le spese (latte, pane, gomitoli di lana, carbonella). Là avrei potuto scrivere qualcosa di me stesso: peso, statura, colore degli occhi, numero delle scarpe. (Trentotto). Anche qualcosa di più intimo: “Mi piace l’inverno con i piedi contro la stufa.”

Il diluvio universale? Mah? Intanto l’ornitorinco era morto. Ormai ero convinto che il mio destino non assomigliasse a quello di uno scrittore tipo Feodor Dostojevskij. Meglio fare il commesso viaggiatore. Per ciò mi misi in giro per tutte le malinconiche botteghe di ferramenta dove avrei cercato di vendere i chiodi della rinomata fabbrica “Chiodi Fulmine”. Fallimento, nonostante il mio scioglilingua sulle virtù dei chiodi che non prendono la ruggine, non si stortano neanche a batterli di sbieco e, soprattutto, costano meno di un fiammifero.

Una sera, stanco come il mondo, arrivo in una bicocca con l’insegna “Hotel del cavallo.”  “C’è posto?”  “C’è rimasta una branda in soffitta.” “Va bene” dico io “purché non vi siano topi.” “Ratti no. Massime qualche scarafaggio.” E mi danno una paletta schiaccia insetti. Per economia ceno con una patata lessa. Mi accomodo con i gomiti sul tavolo e penso e ripenso se sia il caso di mangiare anche la pelle della patata. “Ma ..!” mi dico sbirciando gli altri viaggiatori che sbafano doppi e anche tripli salmì. Beati loro che han venduto stufe di ghisa, caldaie a vapore e vasche da bagno. Io neppure un chiodo. Fingo di pensare ai casi miei e intanto ascolto i viaggiatori che si danno manate sulle spalle e si incitano a finire in fretta le pietanze per correre in piazza dove gira il tango di una balera con signorine da un quintale e più. Io? Io mangio la pelle della patata ormai diventata fredda, ma tagliata a listelli e insaporita con un pizzico di sale sa di omelette.

            E’ ora di notte e vado a dormire. Domani, al mercato, spaccerò i miei chiodi come facsimile dei chiodi della Croce. Salgo la chiocciola che porta in soffitta: ahi, come è duro il salire con le ginocchia che mi dolgono, specialmente il destro come se fosse avvitato male. Che fare? Ho la pomata di grasso d’oca della zia Giuseppina, proverò con quella. Non accendo la luce. Gli scarafaggi potrebbero approfittarne per venire a salutarmi. Al buio aspetto che alla finestrella appaia la luna. Il suo chiaro sarebbe sufficiente … ssst! cosa dico? Dico che il suo chiaro sarebbe sufficiente…ssst! Stai zitto! Zitto, zitto, cosa vuoi rivangare. E’ spuntata la luna. Mi inginocchio come se fossi davanti al Signore. C’è un chiaro remoto di luna appena desta che sparge il suo sereno come l’acqua irrigua che fa crescere i fagioli nel fertile orto.

 “Coraggio” mi dico: “Bè! Potrei provare a scrivere una riga o due. No, no. Inutile ricominciare, non sei Feodor Dostojevskij, sei un commesso viaggiatore. Pensa a vendere chiodi.” Eppure…dentro il mio cuore si scatena la rissa: “Scrivo!” “No, non scrivo!” “Solo poche parole. Solo il titolo: Storia del Diluvio Universale.” “Sei matto? La scrittura è una malattia.” “Solo una riga.” “E va bene, una riga!” La mia coscienza mi ha concesso una riga. Prendo il block notes. Prendo la mia penna. Prendo il boccettino dell’inchiostro. Svito il tappo. Infilo la penna.  L’inchiostro è secco! Gratto l’inchiostro secco. Ci fosse un po’ d’acqua calda per sciogliere la crosta d’inchiostro. Forse in cucina.

Mi infilo le scarpe e le soprascarpe tanto è freddo. Mi imbacucco nella sciarpa di lana della zia Giuseppina e scendo i gradini sdruccioli tastando la parete. Per fortuna non è proprio buio. C’è un lumino sotto il quadro della fuga in Egitto della Sacra Famiglia. La pittura è veritiera. La Madonna e Gesù non sono raggomitolati sopra un povero asinello tutto pelle e ossa che mai sarebbe arrivato a destino. La Sacra Famiglia è accomodata sopra un grandioso elefante con la proboscide protesa a cantare gli inni sacri.

 Sotto il quadro, meditabondo davanti a un bicchierone di birra, siede un omone con una profonda ruga in mezzo alla fronte. “Salve!” gli dico. Lui non batte ciglio. Mi presento: “Rappresentante dei chiodi Fulmine”. Neppure mi guarda. Congiungo le mani: “Cerco un poco d’acqua calda.” Lui è di sasso. Gli indico che nel mio boccettino l’inchiostro è secco. Ha capito. Solleva la sua birra e ne versa un goccio nel mio bottiglino. “Grazie.” gli dico. Lui risponde: “Bitte.” E’ un tedesco. Ci parliamo a gesti. Mi fa capire che morirà presto. “La morte?” dico: “perché?” Lui scrolla le spalle e mi fa segno con la mano che Annabelle (Annabella) lo ha lasciato. “Ah?” dico io e gli faccio una carezza. Nei suoi occhi spunta una lacrima. Mi volto. Piango anch’io mentre risalgo nel mio bugigattolo e lui non sa che piango. Ad ogni gradino mi fermo e invoco una che ho conosciuto tanti anni fa, una che si chiama anche lei Annabella. Chissà che fine ha fatto? Sì, certo! Un Natale mi ha mandato una cartolina dall’Australia. C’era scritto: “Qua piove.”

 

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Gli autori di Vorrei
Adamo Calabrese
Adamo Calabrese

Adamo Calabrese è scrittore, autore di teatro e illustratore. Ha pubblicato con Einaudi il romanzo "Il libro del re", con Albatros i libri di racconti "L'anniversario della neve", "La cenere dei fulmini", "Il passaggio dell'inverno", con Joker "Paese remoto". Ha illustrato i propri libri ed edizioni di Dante, Gibran e Pascutto. Scrive e disegna per il quotidiano "Il cittadinio" di Lodi, per le riviste "Vorrei" di Monza e "Odissea" di Milano. I suoi ultimi lavori teatrali hanno messo in scena opere di Brecht, Joyce, San Francesco e Iacopone. Nel 2012 RAITREha trasmesso un suo testo. Nel 2014 è stato finalista del premio internazionale di grafica satirica "Novello". Insegna letteratura presso le Università della terza età di Sesto san Giovanni e Milano (Università Cardinale Colombo)

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