Dopo gli studi ho fatto il servizio militare e dopo di esso sono stato costretto a migrare dal profondo Sud al profondo Nord con la solita valigia... senza spago. A mio padre, operaio che non sapeva nè leggere e nè scrivere avevo promesso che sarei diventato qualcuno. Oggi posso dire di aver raggiunto l'obiettivo ma dopo un tirocinio abbastanza duro.
Nel settembre 1968 mi recai ancora a Milano per ritentare la fortuna, dopo la prima esperienza del 1962. Ebbi modo di fare amicizia con Bruno, un mio commilitone durante il servizio militare. Bruno era a conoscenza che al mio ritorno a Bari sarei poi ripartito per Milano e così mi trovò la pensione e un lavoro. Il lavoro era provvisorio e quindi non fui messo in regola con i contributi. Era una piccola azienda artigianale che preparava le griglie per i condizionatori d'aria. Qui dovevo scaricare i cartoni contenenti il materiale sfuso, per poi riempirli con le griglie montate e ricaricarli sul camion. Durante la mia permanenza a Milano, mio padre decise di non lasciarmi solo e di tentare ancora fortuna a Milano. Così mi raggiunse. Fummo inizialmente ospitati da amici e poi trovai un appartamento in via Imbriani. I miei si trasferirono in seguito con i pochi mobili che si potevano portare perchè la casa non era molto grande e noi in famiglia eravamo in 6: i due genitori, due fratelli e due sorelle. Mio padre fu assunto ancora nell'azienda di mobili dove era stato nel 1962; le mie due sorelle furono assunte in una azienda di tessuti ed io continuai a lavorare in modo precario nella piccola azienda artigianale.
Per aumentare le entrate, mio padre ed io andavamo di sera in un cinema vicino casa (si chiamava Perla) a vendere i gelati e le bibite. Tante volte ho visto mio padre piangere. Di giorno continuavo a lavorare nell'azienda artigianale di griglie. Nel febbraio 1969 fui assunto dalla Magnetofoni Castelli con la funzione di assistente in un progetto di studio per la realizzazione di un registratore magnetico e studio per migliorare la catena di produzione e la produttività. Ricordo che mi presentai al colloquio in una giornata di neve, presi diversi mezzi per arrivarci. Non so se ero stato l'unico a presentarsi o altro, sta di fatto che mi assunsero, con grande gioia dei miei genitori e mia. Passarono i giorni, finché arrivò la comunicazione dal comune di Bari che finalmente alla mia famiglia era stata assegnata una casa popolare. Questa lettera fu l'occasione del ritorno a Bari. I miei si erano già abituati alla vita milanese, però, sapendo che avevano avuto dopo tantissimi anni la sospirata casa popolare e avendo sopportato numerosi stenti in una casa vecchia e insufficiente, pensarono che il destino li voleva ancora a Bari. Così fu. Io rimasi a Milano, per me le opportunità a Bari erano nulle.
Purtroppo sul lavoro le cose non andarono bene. Ci fu il rapimento del figlio della famiglia Geloso alla quale andava la produzione della Magnetofoni Castelli. L'azienda incominciò ad avere problemi, ci furono gli scioperi. Nonostante fossi ancora in prova, partecipai agli scioperi al fianco della classe operaia, e così, a scioperi terminati, fui licenziato. Era il giugno del 1969. Ritornai all'azienda artigianale dove si assemblavano griglie per condizionatori. La ricerca di un nuovo posto di lavoro era quotidiana. Mi ricordo che la paga non era sufficiente, bastava a stento a coprire le spese e quando arrivava il fine settimana, incominciava il calvario, perchè non sapevo cosa fare e dove andare. Non conoscevo nessuno.
Così nei due pomeriggi di sabato e domenica, mi rintanavo in un cinema economico subito dopo l'apertura e ne uscivo dopo aver visto lo stesso film per diverse volte. Ogni tanto ero invitato a pranzo della domenica dalla famiglia barese di Giovanni De Palo. La mia pensione era in viale Zara, l'amico Giovanni abitava al quartiere Gallaratese. Ebbene, l'andata e il ritorno li facevo a piedi. Uno stratagemma per riempire la domenica. Altre volte prendevo un tram a caso e scendevo al capolinea. Poi ritornavo a piedi seguendo la linea tranviaria e i cartelli delle fermate. Altro stratagemma per riempire il fine settimana.
Villasanta - Officina Delchi negli anni '70
Il proprietario dell'azienda artigianale di griglie, parlò con qualcuno dell'azienda di cui era fornitore. Da questo colloquio nacque la mia assunzione nella Delchi di Villasanta nell'ottobre del 1969, come operario di 3° categoria. La pensione che lasciai a Milano non era un granchè, gente strana, poco ordine e pulizia, poco rispetto verso il prossimo. Insomma un ambiente a cui non ero abituato. Non avevo altra scelta, dovevo restare lì fino a quando la situazione non fosse migliorata. E questo accadde quando venni assunto dall'azienda di Villasanta. Trovai un nuovo alloggio a Monza e feci il mio primo documento di viaggio. Fui inserito nel reparto tranceria, un grandissimo cappannone dove arrivavano fogli enormi di laminati che dovevano essere tranciati a misura per formare in seguito la struttura del condizionatore.
Mi diedero un grembiule di cuoio foderato con tanti anelli di acciaio e due guanti, anch'essi molto robusti per resistere al taglio delle lamiere. Si dovevano prendere i fogli che venivano trasportati dalla gru verso la trancia, noi li dovevamo mettere sotto la macchina e con un rumore assordante il foglio veniva tranciato in lungo e in largo per formare tutti i pezzi occorrenti. La fase successiva era la piegatura: portare questi pezzi alla pressa per sagomarli. I più anziani poi eseguvano la saldatura con altre macchine. Era un ambiente molto rumoroso, alla sera avevo ancora problemi di udito, dopo quei tremendi boati provocati dalle discese delle lamine della trancia sul profilato. Ricordo che si lavorava a cottimo: più si lavorava e più di guadagnava. Però fino a un certo punto, perchè una volta che un lavoro era finito, non se ne iniziava subito un altro, per non complicare la tempistica stabilita da Tempi e Metodi che seguivano una procedura con bolle di lavoro, in base alla programmazione degli uffici acquisti e ventite.
Da ottobre 1969 a febbraio 1970 fui operaio, poi mi informarono che ero stato promosso e mi riqualificarono come impiegato di 3° categoria. Fui messo sempre nel reparto tranceria ma questa volta dovevo aiutare il capo-officina nel disbrigo delle bolle di lavoro agli operai e mantenere i contatti con gli uffici. Il lavoro era senz'altro migliore, ma l'ambiente era sempre lo stesso. Fortunatamente i buoni rapporti che avevo con gli operai mi furono molto di aiuto nella nuova mansione. Ero conosciuto e stimato. Penso di aver svolto anche quell'attività nel migliore dei modi.
A Milano c'era anche il mio amico di infanzia Michele. Con lui avevo frequentato la scuola elementare, poi ci separammo: io frequentai l'Istituto di Avviamento Professionale e lui la Scuola Media, poi ci incontrammo di nuovo all'Istituto Tecnico Industriale Panetti di Bari. Al servizio militare ci dividemmo ancora. Lui era stato assunto dall'azienda GT&E, situata in via Bernina, zona Farini. L'azienda stava cercando giovani diplomati da avviare alla formazione della nuova classe dirigente (così ci dissero) e così accettai volentieri un colloquio. L'intervistatore era un giovane... barese. Dopo un breve colloquio informativo e una lunga discussione sulla nostra città di origine ero nella lista dei probabili assunti.
A fine giugno diedi le dimissioni dall'azienda Delchi per essere assunto dall'azienda GT&E di Milano.
Francesco Schino http://www.schino.com