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"Intravedo un futuro di risveglio dei valori umani.
Il legame vitale tra la terra e gli esseri che la popolano non può essere soffocato"

 

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ono nato a metà degli anni ’70 nel quartiere San Biagio. All’età di cinque anni mi sono trasferito nel quartiere Cazzaniga, in una zona agricola nei pressi di via della Birona, dove c’è ancora un piccolo parco secolare e un frutteto. Qui, finchè la curiosità adolescenziale non spinse me e i miei amici ad andare oltre il cancello, abbiamo vissuto in una sorta di isola felice, tra ciliegi e giochi da cortile. Gli spazi sembravano illimitati ed era bello usare l’espressione “andiamo a Monza”, quando partivamo con le nostre biciclette per andare in centro o per tornare a San Biagio a trovare gli amici della “Zeguina”, noto rione di via Col di Lana. Parrebbe aver preso questo nome dal fatto che dopo la seconda guerra mondiale vi abitarono molti italiani sfollati della Jugoslavia. L’appellativo zeguini coniato dai monzesi e riferito ai residenti, sembra sia nato in relazione a Bosnia-Erzegovina, una regione molto povera. In qualche modo era una nomea un po’ dispregiativa, visto che la maggior parte degli sfollati proveniva dall’Istria.

Per me la cascina per eccellenza di Monza, aldilà di quelle che avevo modo di visitare nel mio quartiere, era la cascina Cappelletti, ristrutturata recentemente, in via Cavallotti. Mia nonna era una Cappelletti, i suoi racconti vecchi e nuovi erano legati alla vita di questa cascina: l’attività dei bachi da seta, la vita delle famiglie, tutto un mondo di relazioni parentali e amicali. I miei ricordi si soffermano soprattutto sugli alberi di cachi, che ancora oggi esistono e le foto del vecchio magazzino. Mio padre, che 50 anni fa aprì l’attività di imbianchino, partì proprio da li, da un angolo della cascina usato come deposito delle vernici e mio nonno fu il “Fermin”, il guarda tolle.

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La Cascina Cappelletti di Via Cavallotti negli anni '80

 

Credo che buona parte dei monzesi abbia un legame affettivo con Erve, con il Resegone e la Capanna Monza. Per me è viscerale, perché Erve significa stagioni intere passate a giocare nei prati. Io ero un villeggiante, così venivamo definiti dagli ervesi non residenti, un villeggiante con il sangue ervese. Mio padre è infatti nativo di Erve. Mia madre, monzese doc, conobbe mio padre in una gita domenicale e successivamente nacque una relazione, durante una villeggiatura estiva nel piccolo borgo della valle San Martino. In quei tempi era consueto per i monzesi frequentare questi luoghi. Ancora oggi i vecchi parenti quando mi vedono mi chiamano “Malughet”, come veniva chiamato mio nonno da queste parti. Il Resegone si vede bene anche da Monza e questo per me vuole dire molto, i miei soggiorni ad Erve hanno avuto un’influenza decisiva nella mia vita, infatti nelle poesie che mi diletto a scrivere, traspare esplicitamente quanto ho potuto vivere in questo piccolo paese. Ad Erve, alla sua gente e a i suoi prati io devo molto, ma credo che questo valga anche per tanti altri monzesi; spesso nelle belle giornate luminose mi dicono, in giro per Monza, “hai visto il Resegone oggi? Che bello!”. Io rispondo, se Monza è la testa della regina Teodolinda, il Resegone è la sua corona!

 

 

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Il Resegone visto dalla Brianza

Ora vivo in Brianza, nella zona di Canonica, rimasta tuttora un’isola felice di verde naturale e di vita paesana a misura d’uomo, mi chiedo spesso ancora per quanto. Con la cementificazione implacabile che avanza giorno dopo giorno, è messo a repentaglio il nostro eco-sistema planetario, proprio a partire dalla sietematica distruzione dei micro-sistemi di quartieri, di isolati, di cascine.

Qui vicino alla mia casa passerà la pedemontana, un’autostrada in trincea a cielo aperto di otto corsie. Passerà eliminando per sempre i campi coltivati con anche una storica cascina, esistente nel territorio comunale di Biassono e rimasta per molti anni integra, nella sua caratteristica dimensione rurale.

Non sono contrario a priori alle “grandi opere”, ma queste come prima cosa dovrebbero tutelare la vita degli abitanti dei territori. La Terra è alla base di questa considerazione, in un parco o in un bosco se decidi di passarci, ci puoi passare anche sotto o limitare i danni il più possibile.

Ma, nonostante i tempi, sono ottimista, perché intravedo un futuro di risveglio dei valori umani. Il legame vitale tra la terra e gli esseri che la popolano non può essere soffocato; gli antichi valori ancestrali riprenderanno la loro forza secolare, riscoprendo le tradizioni, le identità, il valore e la saggezza contadina per la terra.

Gli autori di Vorrei
Pino Timpani

"Scrivere non ha niente a che vedere con significare, ma con misurare territori, cartografare contrade a venire." (Gilles Deleuze & Felix Guattari: Rizoma, Mille piani - 1980)
Pur essendo nato in Calabria, fui trapiantato a Monza nel 1968 e qui brianzolato nel corso di molti anni. Sono impegnato in politica e nell'associazionismo ambientalista brianzolo, presidente dell'Associazione per i Parchi del Vimercatese e dell' Associazione Culturale Vorrei. Ho lavorato dal 1979 fino al 2014 alla Delchi di Villasanta, industria manifatturiera fondata nel 1908 e acquistata dalla multinazionale Carrier nel 1984 (Orwell qui non c'entra nulla). Nell'adolescenza, in gioventù e poi nell'età adulta, sono stato appassionato cultore della letteratura di Italo Calvino e di James Ballard.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.