20150602 io sto con la sposa 75757 

Il lungometraggio è formato da una doppia storia: c’è la tragedia, la storia vera di ognuno dei personaggi, e c’è la messinscena del matrimonio, che rende l’esperimento, di per sé rischioso per tutti, una festa continua.

“C’è un solo sole e una sola luna per tutta l’umanità”. Partendo da qui, risulta difficile spiegare a un uomo che vuole scappare dalla guerra le frontiere, spiegargli perché si muoia nel tentativo di superarle e perché, ammesso di averle superate, nessuno lo aiuterà a ricominciare a vivere. Spiegare a quest’uomo che sta cercando di salvare i suoi figli dove sono i 17 paesi europei che si dichiararono disponibili all’accoglienza dei profughi e il motivo di tutte le porte che gli vengono sbattute in faccia da questi stessi paesi. Se non siete in grado di spiegarlo, agite. È quello che hanno fatto Gabriele Del Grande, Antonio Augugliaro e Khaled Soliman Al Nassiry girando il docufilm “Io sto con la sposa”.

Il lungometraggio è formato da una doppia storia: c’è la tragedia, la storia vera di ognuno dei personaggi, e c’è la messinscena del matrimonio, che rende l’esperimento, di per sé rischioso per tutti, una festa continua.

Presentato al Festival di Venezia ha subito avuto successo in tutta Europa, tanto da essere selezionato per l’IDFA di Amsterdam e abbastanza da evitare ai registi i 15 anni di carcere rischiati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Realtà e finzione, quindi, e azione politica: ribellione e denuncia contro l’inerzia europea al fenomeno che Del Grande conosce bene, fondatore del blog Fortresse Europe (http://fortresseurope.blogspot.it/), e che ancora meglio è noto al resto del gruppo. Esuli siriani e palestinesi, partiti dalle coste del Nord Africa e miracolosamente arrivati in Italia per salvare sé stessi e creare un futuro per i loro figli, ma che sono solo alla seconda tappa della loro fuga: come moltri altri migranti, la loro volontà è di ripartire per la Svezia. Stoccolma, Malmo, queste sono le vere mete. Ma prima bisogna superare quella che ormai è una fossa comune in questa tragedia contemporanea, il Mediterraneo. Con le frontiere chiuse e le complicazioni create dagli Stati; arrivare al nord é quasi impossibile.

Partendo da Milano, dal reclutamento degli attori, che poi veri attori non sono, la via scelta comprende tappe in Francia, Lussembrugo, Germania e Danimarca, differenziandosi sostanzialmente dal percorso scelto dai trafficanti denunciando l’ennesimo ostacolo all’immigrazione legale e sicura in cui non si muore, in cui non si rischia per una minima possibilità di salvezza.

 

locandina

 

Il corteo nuziale è formato da 23 fra siriani, palestinesi, italiani, sposi e invitati. Il viaggio si fa vestiti da matrimonio, durante le tappe si festeggia. Sulle macchine ci sono i fiocchi, perché “quale poliziotto di frontiera chiederebbe mai i documenti a una sposa?”. Ma sulla strada per la Svezia, ogni personaggio parla della sua storia, e ogni storia forma la vera essenza del documentario. Le testimonianze si susseguono in auto, in treno, nei tratti a piedi; c’è sempre qualcuno che racconta e ciò che dice non può non essere ascoltato. Va sentito per capire, per conoscere e per crescere. Non per forza per appoggiare o collaborare, ma almeno per sapere, per aprire gli occhi soddisfando l’obbiettivo del progetto. C’è chi parla del figlio, di quanto sia stato forte a resistere in mare, della paura di perderlo; qualcuno racconta di com’era mettersi le cuffie e alzare il volume per non sentire i colpi dei mortai, e di come non volesse partire, perchè “la guerra si fa per chi c’è, se non c’è nessuno per cui combattere non ha senso”. Uno degli invitati piange, è felice: palestinese, quindi da molti considerato apolide, ha appena ottenuto la cittadinanza italiana, la sua prima cittadinanza riconosciuta. E c’è chi ti colpisce allo stomaco, ricordando i nomi di chi era con lui, e ora è solo una vittima di un massacro da fermare.

Non si parla di slogan, di commenti vuoti. Chi ha partecipato al progetto ha vissuto la realtà che racconta, come esule o come reporter, e di parole ne ha sentite fin troppe. Si parla di violare 5 ordinamenti, di rischiare in prima persona. Per salvare un piccolo gruppo, dice qualcuno; per aprire occhi, porte, menti, discussioni, dico io.

Io sto con la sposa è stato realizzato con il sostegno di 23000 persone che, partecipando al crowdfounding lanciato dai produttori, hanno donato in tutto 98151 euro per coprire le spese di produzione e postproduzione. Dopo il successo al Festival di Venezia e la presentazione in numerose sale e scuola italiane, il progetto continuerà con la distribuzione di un kit didattico per insegnanti, per non fermare il progetto e portare avanti un ideale, raggiungere un obiettivo e fermare una tragedia.

 

lab redazione mondo 300laboratorio di giornalismo dedicato all'intercultura e all'immigrazione sul territorio brianzolo tenuto da Daniele Biella, promosso da Africa 70, Arci Scuotivento, Comune di Monza e Vorrei con il sostegno di Fondazione Monza e Brianza.

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