È da poco pienamente operativo a Monza il circolo Arci Scuotivento, sorto per aggregare la cittadinanza attorno alla cultura, spingendola verso modelli di vita consapevoli e innovativi. Abbiamo intervistato Rossana Currà, vicepresidente dell'Associazione, e la socia Margherita Motta
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orge accanto all'ormai storico Frequenze Studio, nel quartiere San Rocco di Monza. Arci Scuotivento, associazione di promozione sociale presieduta da Paola Arpago, è il risultato di un percorso lungo tre anni, che è sfociato, lo scorso 16 gennaio, all'apertura ufficiale del primo circolo Arci monzese. Con una particolarità: mentre di solito un'associazione prima nasce e poi si affilia al circuito, questa è nata "già affiliata", in quanto – come spiega la vicepresidente Rossana Currà – l'obiettivo dei fondatori era precisamente quello di dar vita a un Arci. Con lei, e con la socia Margherita Motta, abbiamo approfondito il discorso.
Tanto per cominciare: perché era necessario un circolo Arci a Monza?
È necessario perché è una città grande, di più di 120.000 abitanti, che ha un enorme bisogno di luoghi di aggregazione, di spazi per la cultura.
Davvero non c'era nulla prima?
Niente niente no: alcuni spazi erano e sono interessanti, tanto da volerci collaborare nel periodo in cui la nostra associazione era "migrante". Penso al circolo Libertà, o a quello Martiri della libertà di Cederna... i luoghi esistono, ma spesso sono più che altro bar, non spazi di propulsione per fare cultura. Niente di male: spesso, semplicemente, prevedono destinatari differenti.
Da dove deriva il nome Scuotivento?
Monza, ribadisco, è una città in cui era (ed è) necessario smuovere le cose, in cui ci si sente un po' soffocare dalla carenza di spazi, di proposte culturali underground, di contesti aggregativi e luoghi in cui conciliare il fare cultura con il fare politica... "Scuotivento" lo propose una sera l'attuale presidente, Paola. Subito pensammo che descriveva perfettamente il bisogno di #arianuovaincitta (che è anche il nostro hashtag) da cui tutta questa nostra avventura era partita.
Poi, incidentalmente, Scuotivento è anche un personaggio di Mondo Disco, romanzo di Terry Pratchett, che Paola aveva letto da poco. Ma non è tanto a lui che ci ispirammo, quanto alla sonorità e alle evocazioni della parola, al senso di movimento e di aria che sferza e rinnova.
In che cosa consiste l'attività di un circolo Arci? In che cosa si differenzia da un qualsiasi bar, pub, o locale?
L'attività di un Arci consiste nel fare cultura proponendo stili di vita diversi. Noi fondatori dell'Associazione proveniamo tutti da esperienze di questo tipo: ci siamo conosciuti nel Gruppo di Acquisto Popolare Perle ai porci, poi abbiamo incontrato Margherita della Bottega equa e solidale. Il nucleo della nostra esperienza è la critica al sistema di vita dominante, la proposta di uno stile di vita innovativo: non è soltanto l'offerta di teatro, musica e birra.
Tanto per fare un esempio: da noi non trovi la Coca Cola (neanche la Pepsi, ndr), ma la Ubuntu Cola del commercio equo. Orientarsi è difficile, tenendo fede a scelte come queste, ma ci proviamo. Quando abbiamo eventi culinari, ci impegnamo a usare sempre prodotti locali come per esempio lo zafferano della valle Scuria.
Tutto questo è sorretto da un pensiero rivolto al cambiamento, al pensiero critico. Più che un locale, portiamo avanti un discorso di vita associativa: qui noi spendiamo tante ore della nostra vita, in termini di puro volontariato. In prospettiva, vorremmo avvalerci – retribuendole – di alcune professionalità (un barista, tanto per cominciare), dato che in molti aspetti siamo costretti a improvvisare.
Il valore aggiunto di un'esperienza come la nostra, insomma, è che si segue un obiettivo come gruppo, come associazione, anche a costo di litigare: l'importante è crescere insieme. Il mondo di oggi è frastagliato, le relazioni spesso molto lasse. Il nostro modello invece crea una sorta di fratellanza, crea un legame. Questo discorso, inevitabilmente, si connette all'altra idea portante, quella dell'apertura, dell'accoglienza, che per noi è letteralmente statutaria.
Tant'è che nel mettere in piedi la sede avete ricevuto aiuto da alcuni richiedenti asilo. È corretto?
Sì, alcuni richiedenti asilo, per lo più della Nigeria, hanno dato un contributo attivo e volontario, tramite la cooperativa I Girasoli, di Monza. In particolare, tre ragazzi si sono spesi tantissimo per noi, credo per un bisogno di rendersi utili. Poi sono diventati parte integrante dei nostri momenti associativi, per esempio alla recente inaugurazione. Uno di loro, Joshua è un DJ che venerdì scorso si è esibito in una nostra serata.
Parliamo del programma e delle attività svolte in questi primi giorni...
Come era prevedibile, i primi giorni di vita hanno visto alti e bassi, ma i risultati soddisfacenti ci sono: la serata De André di sabato 23 gennaio è stata un successo, evidenziato dal ricco tesseramento. Non è stata male nemmeno la serata dopo, quando abbiamo ospitato l'evento Bike the Nobel insieme a Monza in Bici, per proporre la bicicletta come premio Nobel per la pace: ci sono stati tanti giovani.
Le attività proposte nel programma hanno avuto un gran lavoro alle spalle, notti intere passate a lavorare... è un programma calibrato, quello di gennaio e febbraio, pensato per dare l'idea dell'ampio ventaglio di attività che intendiamo proporre e ospitare. Un'anticipazione sono contenta di darla: da noi suoneranno Luca Urbani (Soerba, ndr) e Garbo!
Il vostro palco è molto bello, e invitante per gruppi di ogni ordine e grado, dai veterani alle band alle prime armi: come gestite le richieste di suonare da voi?
Su questo aspetto, soprattutto per quanto riguarda i gruppi emergenti, giovani, dobbiamo ancora decidere una linea comune, elaborare una politica che tenga conto delle richieste senza lasciarsi soverchiare. Di per sé, dare spazio a chi lo chiede è un'idea bella, che appartiene alla nostra filosofia. La questione, però, è vagliare le proposte con criterio, con cognizione di causa, per dare vita a eventi che diano soddisfazione a noi che li ospiteremmo e agli artisti che si esibirebbero.
Fra le vostre attività, ha avuto un certo risalto nazionale quella della Trattoria Popolare al venerdì: in sostanza, i tesserati che non possono pagare il pranzo possono saldare il conto prestando ore di lavoro. Come procede?
Non è partita male questa esperienza (i primi avventori hanno preferito pagare il conto), ma va detto che ancora non abbiamo intercettato i destinatari giusti, quelli a cui il progetto è dedicato. Abbiamo da poco fatto tradurre i volantini in arabo e vorremmo diffonderli in luoghi come il mercato o addiritturla lasciarli casa per casa. Pian piano, faremo tutto.
Come vi ha accolto il quartiere San Rocco?
La scelta del posto è stata il frutto di un compromesso: noi volevamo insediarci in una realtà tollerante verso le attività culturali e giovanili, e a Monza San Rocco è fra i quartieri più abituati. Confessiamo che alcuni di noi non lo conoscevano, ma ha una storia interessante ed essendo periferico costituisce una sfida stimolante cercare di animarlo. Noi ci siamo presentati partecipando alle consulte e alle feste di quartiere. L'accoglienza è stata decisamente buona da parte delle altre associazioni, così come della parrocchia, delle scuole...
Si ringrazia l'Arci Scuotivento per il materiale fotografico utilizzato nell'articolo.