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Dossier. Il consumo consapevole. Quindici anni di equo e solidale a Monza. Intervista a Margherita Motta, della Bottega Altromercato

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reare occasioni di lavoro rispettando standard di tipo etico, sia verso l'ambiente sia verso i lavoratori: è la filosofia del commercio equo e solidale, che dagli anni Ottanta coinvolge tante persone nel mondo. Un messaggio di pace e cooperazione basato sulla giusta retribuzione del lavoro: la vera base per ristabilire un equilibrio fra nord e sud del mondo. A livello globale, il commercio equo e solidale coinvolge 35 Paesi, 600 organizzazioni di produttori, 2.750 botteghe con 1.250 dipendenti e 100.000 volontari e 500 milioni di euro di fatturato. Dal sud del mondo, prodotti alimentari, artigianato, libri, persino detersivi (rigorosamente biologici) e cosmesi.
E a Monza? Nel capoluogo brianzolo esiste da tempo una bottega dell'equo e solidale. Abbiamo incontrato Margherita Motta, che la gestisce.

Da quanto tempo opera la bottega in questa città?
La Bottega Altromercato in via Zucchi 37 è attiva dal 1999, ma è dal 1992 che siamo operativi con la cooperativa Il villaggio globale, che nasce dal gruppo missionario della parrocchia di San Biagio. L'interesse verso il commercio equo e solidale era in sostanza agli albori e le prime iniziative consistevano in vendite saltuarie. Pian piano, si è fatta strada l'esigenza di una maggiore continuità della vendita. Da qui la nascita del negozio vero e proprio. Il gruppo di persone è rimasto lo stesso nel corso degli anni.

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Quali elementi sono cambiati con il tempo?
All'inizio c'era uno slancio che la crisi economica ha in parte smorzato. I prodotti si vendevano da soli, ma c'è stato bisogno di professionalizzarsi un po' di più per reggere il confronto con i negozi normali, rispetto a i quali noi guadagnamo infinitamente meno perché la nostra filiera è sbilanciata volutamente a favore del produttore, mentre le tasse e gli affitti sono gli stessi.
Nel 2005 abbiamo aperto anche un secondo punto vendita, in via Vittorio Emanuele. I risultati non erano stati malvagi, ma fra la congiuntura sfavorevole e i costi altissimi, primo fra tutti l'affitto, la chiusura a un certo punto è stata inevitabile. C'è stata, però, una buona ricaduta sul punto vendita storico di via Zucchi: un sacco di gente che neanche sapeva della nostra esistenza ha potuto sapere che nella sua città esisteva un negozio equo e solidale: chiuso quello in centro, ha cercato noi.

Come funziona una bottega dell'equo e solidale? Qual è l'incidenza del volontariato?
Il volontariato è fondamentale. Nella cooperativa c'è una sola persona stipendiata, il resto del personale è costituito da un solido gruppo di soci volontari. Le attività della bottega non si esauriscono in quelle del semplice negozio, ma comprendono anche iniziative come eventi promozionali, divulgazione nelle scuole... senza i volontari, non sarebbe possibile nulla di tutto ciò.

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La bottega è indipendente oppure deve fare riferimento a una struttura che le sta sopra? Come funziona il coordinamento?
Normalmente, ogni bottega di commercio equo e solidale è associata a un consorzio, nel nostro caso Altromercato, che svolge anche la funzione di Centrale di importazione dei prodotti da vendere. Le botteghe associate ad Altromercato devono acquistare un certa percentuale dei loro prodotti da questa Centrale, che si impegna a sua volta a seguire i suoi punti vendita nella formazione e nelle campagne informative condotte sul territorio.

C'è una procedura da rispettare per i produttori, per diventare fornitori delle botteghe?
Le Centrali, oltre a importare i prodotti, provvede a certificarli. Verifica cioè che la loro produzione risponda a determinati criteri etici e ambientali. Per essere equo e solidale, un prodotto non deve pesare sull'ambiente e la sua vendita deve garantire un giusto compenso al produttore.
Le Centrali certificano anche le singole botteghe con controlli periodici. Esiste una diatriba su queste certificazioni, perché in sostanza è il mondo del commercio equo e solidale che certifica se stesso, invece che da un soggetto terzo, esterno, però d'altronde così facendo può sottrarsi alle storture del business e del capitalismo puro.

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Che cosa significa acquistare un prodotto in una bottega piuttosto che in un normale negozio o supermercato?
C'è un rapporto di fiducia che ormai non si ritrova più da nessuna parte. Rispetto a vent'anni fa, il cliente adesso è mediamente più informato, sa che il prodotto che sta acquistando rispecchia certi criteri etici. I nostri, poi, sono prodotti "parlanti": le etichette permettono di sapere in modo preciso che cosa stai acquistando e quale percentuale del prezzo va al produttore, quale al negozio.

Fra i produttori che vi riforniscono ci sono anche provenienze europee o italiane?
Per definizione l'equo e solidale guarda al sud del mondo, del resto nasce proprio per creare opportunità di lavoro in quelle zone. Esistono però fornitori con certificazione etica anche qui in Italia. Altromercato ha lanciato la linea "Solidarietà italiana": un progetto che vede inseriti nel circuito di vendita equo e solidale prodotti dell'economia carceraria, del lavoro dei disabili e delle terre confiscate alle mafie (in bottega non pochi articoli portano il marchio di Libera, ndr).

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Qual è il vostro cliente medio e che cosa compra più spesso?
È difficile definire un cliente medio. Di sicuro il nostro è un cliente fedele, anche nei momenti di crisi. C'è il cliente che vive vicino, che ti prende come un qualsiasi negozio di quartiere, ma c'è anche quello "consapevole", che viene direttamente perché vuole i tuoi prodotti e non altri.
Fra gli acquisti, il più gettonato è l'alimentare, che tiene anche nei periodi peggiori. Del resto i nostri prodotti alimentari competono anche con quelli industriali di marca (i prezzi fra l'altro sono quelli...), anche se ovviamente sono davvero biologici e offrono una tracciabilità di filiera migliore. In ogni, caso, ormai siamo considerati un negozio "normale", mentre all'inizio spesso bisognava anche superare certi pregiudizi del cliente, del tipo: «l'equo e solidale è caro», «non mi fido: dove vanno i miei soldi?», «gente strampalata»...

C'è un coordinamento con altri progetti dalla filosofia affine? In che cosa consistono le eventuali collaborazioni?
Facciamo parte della sezione Monza e Brianza di Libera, collaboriamo con Arci e con i Gruppi di Acquisto Solidale, ma abbiamo preso parte a iniziative anche con Africa 70. Partecipiamo anche alla Fiera del Baratto organizzata da Scambiamo.org.

Gli autori di Vorrei
Simone Camassa
Simone Camassa

Nato a Brindisi il 7 maggio del 1985. Insegnante di Italiano, Storia e Geografia nella scuola pubblica, si è laureato in Lettere, in Culture e Linguaggi per la Comunicazione e in Lettere Moderne, sempre all'Università degli studi di Milano. Suona la chitarra elettrica (ha militato in due gruppi rock, LUST WAVE e BLACK MAMBA) e scrive poesie.

Appassionato di sport, ha praticato il nuoto a livello agonistico fino ai diciotto anni, per un anno ha anche giocato a pallacanestro. Di recente, è tornato al cloro.
È innamorato della letteratura in tutti i suoi aspetti, dalla poesia fino al fumetto supereroistico statunitense. Sogna di realizzare un supercolossal hollywoodiano della Divina Commedia, ovviamente in forma di trilogia e abbondando con gli effetti speciali.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.