20110412-sara-panzeri-a

Terza parte della nostra inchiesta sui giovani (brianzoli e non) che lasciano l'Italia a caccia di futuro. Questa volta andiamo in Spagna.

È

in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li immagino li creo; se li creo esistono; se esistono li vedo. La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo. (Fernando Pessoa)

Sono rimasta piacevolmente colpita e commossa dalla testimonianza di Sara, giovane coraggiosa partita per la Spagna per inseguire i propri sogni.

Nella vita vorrei fare l’insegnante e vorrei insegnare in Italia

“Nella vita vorrei fare l’insegnante e vorrei insegnare in Italia - dice - questa è una delle ragioni che mi hanno portata ad accettare questa borsa di studio, nonostante in Italia avessi già un lavoro con possibilità di passare da precario a non precario.”

Sara è partita per la Spagna, precisamente un paesino vicino a Barcellona, grazie alla borsa di studio Comenius, un progetto europeo per la mobilità d’insegnanti o aspiranti tali che eroga un supporto economico per assistenti linguistici in scuole di ogni genere e grado in Europa. Sara è stata mandata esattamente dove desiderava a fare quello per cui è più portata: insegnare in una scuola superiore lingua italiana e inglese.

 

20110412-sara-panzeri-01

Foto di Sara Panzeri

 

In realtà, nonostante questa esperienza l’abbia arricchita, il suo sogno è quello di insegnare lingua spagnola in Italia, e ci crede. Ha accettato la borsa senza troppi rimpianti per il sicuro lavoro perduto (non era quello che voleva fare, non era felice) e spera che l’esperienza le possa servire per arricchire il curriculum e per essere più competitiva in Italia rispetto ai coetanei con la stessa formazione: “Lo spagnolo in Italia sta conoscendo un periodo florido. Sempre più gente sceglie di studiarlo, quindi, per assurdo, c’è più possibilità di lavorare come docente di castigliano che come docente d’inglese. In più le graduatorie d’inglese sono sempre molto piene, mentre è da soli pochi anni che si stanno formando professionisti nella didattica dello spagnolo.”

Le ho chiesto che differenze ha trovato fra la scuola spagnola e la nostra, quali pregi e quali difetti. Anche i professori spagnoli sembrano lamentarsi continuamente del sistema dell’insegnamento statale. Non ci sono fondi, le strutture e gli edifici sono obsoleti, mancano i materiali, non s’investe nell’istruzione, le graduatorie sono pienissime e il precariato scolastico è una piaga sociale.

 

20110412-sara-panzeri-02

Foto di Sara Panzeri

 

Gli stipendi sono il doppio di quelli di un professore di una scuola superiore italiana

Eppure, spiega Sara, gli stipendi sono il doppio di quelli di un professore di una normale scuola superiore italiana e, a differenza del nostro paese, i giovani hanno ancora la possibilità di accedere al master universitario della durata di un anno per l’abilitazione alla docenza nella scuola superiore.

Al momento in Italia diventare insegnante sembra impossibile, le SSIS, scuole biennali per l’abilitazione all’insegnamento, sono state chiuse. Ora non si sa da che parte muoversi, bisogna aguzzare l’ingegno e cercare di accumulare più esperienza degli altri ed essere più qualificati, attraverso stage non pagati e anni di lavoro all’estero per perfezionare la lingua, finché si rischia di restarci per sempre all’estero, se si trova il mestiere che si vuole fare e pure ben pagato.

Infatti Sara spiega che, se volesse, potrebbe diventare insegnante di inglese in una scuola statale spagnola. Basterebbe il riconoscimento della laurea italiana e un esame avanzato di lingua presso una scuola ufficiale: in Spagna, infatti, mancano insegnanti d’inglese.

Che dire? In Spagna si vive bene: un bel sole, un bel mare, clima splendido e persone aperte. Eppure, secondo Sara, il sole e il mare non possono essere le sole ragioni per vivere in un luogo piuttosto che in un altro. L’esperienza che Sara sta vivendo è bella proprio perché è destinata a finire, quindi a suo modo fittizia: “Sono arrivata in Spagna da privilegiata, con una borsa di studio e sapendo già parlare la lingua. Non ho dovuto cercarmi un lavoro ed è stato tutto semplice. Non è una vera emigrazione, è una possibilità meravigliosa che ho avuto la fortuna di ottenere, ma la vita vera è un’altra cosa.”

La vita vera è un’altra cosa

L’inglese non è la lingua che Sara vuole insegnare, non è quella nella quale si è specializzata, eppure sarebbe così semplice sostenere l’esame d’inglese ed entrare in graduatoria in Spagna: la burocrazia spagnola è migliore di quella italiana, Baix Llobregat, la regione in cui momentaneamente si trova, ha un sistema di trasporti efficace che consente di lavorare dappertutto senza doversi comprare una macchina, potrebbe andare avanti un anno, due, tre… mentre la possibilità di ritornare in Italia sfumerebbe sempre di più.

Questa è la frase che mi ha più commosso quando ho chiesto a Sara se vivrebbe tutta la vita all’estero e, nel caso, cosa le mancherebbe dell’Italia: “Casa mia è altrove, le mie radici sono altrove, la mia famiglia è altrove, l’amore è altrove. Qui sto bene, però sono sola. Sono una che sopporta molto bene la nostalgia, però crescendo ho raggiunto la convinzione che sia bene essere vicino alla propria famiglia. Non voglio che i miei genitori invecchino mentre mi trovo in un altro paese o che il mio nipotino cresca senza che io possa godermelo giorno dopo giorno. Lo so che in un paio d’ore d’aereo posso essere a casa, ma più tempo si resta lontani fisicamente e più si tende ad allontanarsi con la testa e col cuore.”

 

20110412-sara-panzeri-03

Foto di Sara Panzeri

 

Non voglio che i miei genitori invecchino mentre mi trovo in un altro paese

So come Sara che all’estero la vita scorre con ritmi totalmente differenti, è come essere immersi in un’altra dimensione, si chiedono informazioni e si resta in contatto con i propri cari ma la presenza fisica è un’altra faccenda. Alla fine ti capita di sentire che l’unica vera dimensione sia quella da “emigrato”, solo, indipendente, libero.

È difficile tornare in Italia dopo un anno all’estero, un anno in cui si sono conosciute o solamente incontrate persone meravigliose, in cui si ha fatto un lavoro appassionante, in cui la vita vissuta è stata particolarmente interessante e piena di novità ed emozioni.

“E allora mi dico che non importa il dove, ma il come, importa credere in ciò che si fa e farlo con passione e amore, senza temere fatica e porte in faccia.”

l’Italia ha bisogno di gente appassionata, non di gente che rinuncia e getta la spugna

Sara è giunta alla propria conclusione, altri ne giungeranno ad altre altrettanto valide in base alle proprie esperienze e alle proprie necessità: come ha detto Stefano (prima parte), non è solo il lavoro che ti lega a un luogo, non possono essere solo il sole e il mare come dice Sara, ma sono un insieme di situazioni e di sfaccettature infinite legate alla vita di ciascun individuo che rendono le esperienze e le vite delle persone così magicamente diverse.

Sara dice di non poter tollerare l’atteggiamento di chi si sente vincente e migliore per essere partito: l’Italia ha bisogno di gente appassionata, non di gente che rinuncia e getta la spugna, è convinta che il nostro paese abbia ancora qualcosa da offrirci, e noi a lui.


Qui la prima parte

Qui la seconda