Una conversazione con Edoardo Fossati, monzese: dalla collina di Varazze in cui risiede, ci parla di musica, calcio, spiritualità, massaggi, relazioni e altro ancora. Argomenti che riguardano le sue immediate vicende esperienziali e da cui ne ha tratto l'approccio a una visione più intensa e profonda della vita, valida e utile non solo per se, ma anche per gli altri. A questo proposito lo scorso anno ha editato un film, Autobiografia di un Mistiko - Punk, a cui sta per aggiungere la pubblicazione di un libro che sta scrivendo, sempre sugli stessi temi. Si tratta di due opere non autobiografiche in senso convenzionale, ma che hanno una valenza generale sui temi della spiritualità, volta a conoscere e indagare il Mistero dell’Esistenza.
Negli anni '90 ha scoperto la spiritualità di Osho e ne è divenuto un discepolo (Sannyasin). Ha trascorso diversi mesi a Pune (Poona) in India presso Osho Meditation Resort, dove ha conseguito il diploma di Hara Awareness Massage e partecipato ad innumerevoli Meditazioni. Dal dal 2000 al 2005 ha collaborato presso il Centro di Meditazione Osho Arihant di Varazze. Nel 2005 è diventato un Operatore Professionale Shiatsu. Successivamente è stato Presidente dell'Associazione Culturale "Meditarte" presso il Palazzo del Principe di Genova dal 2005 al 2009 e Presidente dell'Associazione Culturale "Le Nuvole Bianche", sempre presso il Palazzo del Principe di Genova dal 2009 al 2012. Nel corso di 15 anni ha frequentato un centinaio di seminari tutti rivolti ad indagare la natura dell’essere umano nelle sue innumerevoli sfaccettature: come funziona il corpo, il cervello, le emozioni, le sensazioni e gli stati d’animo, come diventare un testimone e sviluppare la Presenza, come riconoscere l’Ego e come si manifesta nell’essere umano. A tal proposito ha alle spalle qualcosa come 30 mila ore di pratica meditativa. Ha condotto nel corso degli anni gruppi sullo Shiatsu di base, Hara Point, Chakra e Corpi Sottili, Le Meditazioni di Echkart Tolle sul momento presente, le bellissime Meditazioni di Osho, ritiri al buio, insegnato massaggi agli olii essenziali e creato il Darkness Massage.
Edoardo, tra le altre cose, nel suo trascorso remoto, è stato tra i fondatori di Art Nouveau, un esperienza particolare nella Monza degli anni'80. Ne abbiamo trattato in questo servizio e proprio grazie a questa pubblicazione del 2012, è nato il desiderio di scriverne e documentarne più approfonditamente in un libro da parte sua, insieme a Gianfranco Catania, Dario Fossati e Aru, il cantante del gruppo Professor Romei. Il libro dovrebbe uscire entro la fine del 2021, si spera in tempo per celebrare l'anniversario del quarantennale. Ci sono stati dei rallentamenti a causa della pandemia, ma saranno ripagati con la pubblicazione di inediti, tante foto, tutte le locandine e una serie di contributi dei protagonisti, tra cui c'è anche il mio. Sarà oggetto di un prossimo servizio sulla rivista Vorrei.
Frazione Le Faie, Varazze - Foto di Pino Timpani
Edoardo, di cosa ti occupi attualmente?
Al momento conduco un'attività, il B&B, Le Faie. Si trova in collina a 500 s.l.m. sopra Varazze, in provincia di Savona. E' un lavoro che mi consente di dedicarci poco tempo, quel tanto che mi basta per campare, mantenere mio figlio e soprattutto averne molto altro a disposizione, qualcosa come 10 mesi all'anno in cui occuparmi delle cose che più mi piacciono e affrontare la vita nel mio modo di esserci.
Esattamente di cosa?
Tendenzialmente, se vogliamo parlare di lavoro, sono un insegnante di Meditazione, un Operatore Professionale Shiatzu, un Operatore Professionale di un massaggio che mi è stato insegnato in India a Poona, presso la Resort di Osho, Hara Awareness Massage, un massaggio dedicato alla pancia; ho poi creato un mio massaggio che si chiama Music Meditation Massage; conduco anche sessioni individuali di Zen Counseling, una pratica che aiuta le persone a risolvere problemi individuali e di coppia.
Quando hai scoperto Osho e il suo portato spirituale?
Dall'età di zero a trentanni ho svolto diverse attività: ho viaggiato nel Mondo; ho suonato il piano in un gruppo new wave e il basso in gruppo punk-rock, la musica è una delle tante passioni insieme a molte altre. Mi sono divertito tantissimo. Tuttavia, interiormente, in questi contesti, avevo il sentore di qualcosa che mancava, un senso di vuoto che non riuscivo a colmare né con la fidanzata di turno, né con la musica, o con i viaggi e né con lo sport, il calcio soprattutto, altra mia grande passione. Non c'era verso: anche nella giornata più splendida e felice, passata con la fidanzata, in momenti goliardici con gli amici o gioendo per la vittoria della mia squadra, la sera, prima di prendere sonno, mi ritrovavo puntualmente davanti ad una sensazione di vuoto. Era un senso di inappagamento, di insoddisfazione, un senso di mancanza molto forte. Ero preoccupato per questo stato di coscienza e la cosa peggiore era che nessuno riusciva a darmi una risposta esauriente. Finché a ridosso dei trentanni, un mio collega, lavoravo all'Aeroporto di Linate, un giorno mi regalò un libro, il primo libro di Osho, Meditazione, la prima e ultima libertà. L'istante dopo che ho cominciato a leggerlo, la mia vita è cambiata: ho iniziato subito a sperimentare la prima meditazione sul respiro, quella particolare che concentra l'attenzione sull'intervallo del respiro. Ho saputo sin da subito che ciò che andavo cercando era ben descritto in quel libro. La mia felicità era alle stelle e lo è ancora adesso. Mi ritengo una persona molto fortunata per aver scoperto ciò che mi appaga e mi completa.
La mia vita è cambiata radicalmente: è nato un amore profondo, si chiama meditazione
Come funziona?
E' un osservazione, il porre l'accento sull'intervallo, quel lasso di tempo che separa l'entrata dall'uscita dell'aria nel respiro. Dopo la prima esperienza, ho capito che era la mia strada. Mi sono sentito inebriato per avere finalmente trovato quanto andavo cercando, cominciando a capire il senso di mancanza che mi aveva accompagnato fino ad allora. La mia vita è cambiata radicalmente: è nato un amore profondo, si chiama meditazione.
In quel periodo eri tra i fondatori e conduttori dell'Art Nouveau di Monza?
Questo avvenne qualche anno prima, tra il 1981-84. Fu un esperienza bellissima, nel quartiere Cantalupo che divenne una fucina di gruppi orientati alla New Wave-Punk. Si potrebbe parlarne a lungo. Tra qualche mese sarà pubblicato il libro che stiamo per terminare con Gianfranco, Dario e Aru. Stiamo organizzando eventi per la presentazione a Monza, in cui ne parleremo approfonditamente.
Possiamo dire che sia stata un'esperienza importante per la tua evoluzione successiva?
Certamente e non solo per me: lo è stata in forma collettiva, un processo di maturazione che ha coinvolto un gruppo consistente di giovani e giovanissimi. L'esperienza ha prodotto una serie di stimoli e impulsi verso altri campi di interesse che spaziavano oltre la musica, nei movimenti artistici e letterari, anche di epoca precedente, dal dadaismo, al futurismo, al decadentismo francese all'espressionismo tedesco. E' stato un grande stimolo a conoscere, a leggere e scoprire, una sorta di scuola di apprendimento non forzata ma fruita con passione e per scelta. In quel periodo ho iniziato a leggere diversi libri, cosa che prima non avevo mai fatto. Coltivavo anche la passione per il calcio
Per che squadra tifi?
Ovviamente per il Milan! Ho giocato al pallone per trentanni, tuttora gioco qualche volta. Sono entrato ancora bimbo nell'A.S. Cantalupo, la squadra del quartiere. Ho avuto tante soddisfazioni. Racconto un fatto. Per un anno lasciai la squadra per trasferirmi a Villasanta, dove mio padre aveva militato in serie C, nel 1950-51. Ho giocato nel Villasanta quando avevo 15 anni, nel torneo allievi regionali A e abbiamo incontrato le squadre più forti del momento, Inter, Monza, Como, Seregno, Pro Patria, Lecco, insomma, le società blasonate. La prima giornata, ricordo ancora nitidamente, avevo il n°9 del centravanti, ma le mie azioni erano ostacolate da uno stopper, n°5, un ragazzotto alto, grosso e con i baffi. Dalla panchina l'allenatore che si chiamava Fossati come me, tentava in tutti i modi di spronarmi. Urlava e diceva: Fusàa, a tal vedat minga cha lè grand, gros e ciula e le minga bun de giucà al balun? Anni dopo, quando lo rividi gli ricordai di quella partita e gli rivelai che lo stopper era, nientemeno, Beppe Bergomi, uno dei migliori nel ruolo di stopper e vincitore del mondiale con la Nazionale Italiana di calcio in Spagna nel 1982. Nella nostra squadra giocava anche Filippo Galli che andò nel Milan di Arrigo Sacchi, dove vinse di tutto e di più.
Però, praticare lo sport non è qualitativamente meglio che guardarlo passivamente?
Allora, devo dire, prima non ne avevo compreso bene il senso, ma ho fatto parte sia degli Ultras del Monza che delle Brigate Rossonere del Milan. I miei week end, dai tredici anni in su per quattro anni, erano dedicati a giocare al pallone, seguire le partite dei più grandi e la domenica pomeriggio andare allo stadio, a Monza o a San Siro. Era appassionante trovarsi in gruppo, condividere la passione, cantare insieme, aldilà della vittoria o meno della propria squadra. Dava un senso di appartenenza a una comunità. Certo, l'ambito del tifo contiene situazioni nefaste, in cui la violenza a volte si sfoga in modi brutali e irrazionali e tuttavia in tutti quegli anni sono riuscito a tenermi fuori e non farmi coinvolgere negli episodi. Nel calcio, quella sfera magica che è il pallone e che mi è famigliare da quando ero un bimbo, con mio padre che era appassionato e che purtroppo è venuto meno quando avevo otto anni, lasciandoci orfani di quattro figli, poi ho capito, si riproduce una forma simile a quella della meditazione. Era bello, il sentirsi uniti e condividere gioie e dolori. Dava tanta felicità. Poi amavo tanto cantare i classici inni da stadio. Era una liberazione dallo stress. Nel libro che sto scrivendo ne tratterò in modo approfondito.
Copertina
Nel tuo film ci sono un paio di scene in cui palleggi a lungo e con padronanza. Mi ha dato l'impressione che in un certo senso l'agonismo, vincere o perdere una partita, per te passa in secondo piano. E' così?
Si, certamente conta anche vincere, fa parte del complesso della magia del pallone. Nel film ho eseguito un palleggio per 400 metri in salita. Questo esercizio è il risultato di un insieme di condizioni: oltre ad avere un buon allenamento, una prestanza fisica in grado di sentire il pallone con tutto il corpo e la mente, è fondamentale prevederne il movimento, avere intuizione delle traiettorie. I piedi devono essere morbidi e la palla esegue e va dove vuoi tu. Ci vogliono ore di esercizio e soprattutto di divertimento oltre ad una sorta di gasamento orgasmico quando la palla danza davanti ai tuoi occhi senza mai toccare la terra. Nella mia evoluzione di calciatore, a un certo punto, da centravanti divenni terzino, un marcatore, proprio perché avevo affinato l'istinto di prevedere il movimento del pallone e le intenzioni dell'avversario. In questo senso l'agonismo diventa un banco di prova di se stessi e il vincere o perdere il gioco passa un poco in secondo piano. Mi è capitato, in una partita, di ricevere un passaggio da fuori area e deviare il pallone con un tiro d'esterno di prima intenzione, imprimendogli un effetto imprevedibile: il pallone sembrava indirizzato fuori dalla porta, per qualche secondo guardai la parabola, come se il tempo si fosse fermato, per poi vederlo insaccarsi nell' incrocio della rete. Qui ho avuto per la prima volta la percezione che il tempo non esiste. Per alcuni secondi si era fermato tutto. Solo la palla si muoveva. Era una partita importante, tutta la squadra ebbe un giubilo di gioia, vincemmo la partita e la finale del torneo.
Il movimento e lo sport sono una tua costante innata, in cui è preminente l'intuito, il senso del tempo e dello spazio. Non trovi che le modalità di insegnamento in uso nelle nostre scuole siano alquanto inadeguate per l'apprendimento?
Assolutamente si: trovo aberrante costringere i bambini a restare immoli, seduti per ore davanti a un banco. E' innaturale: il corpo di un bimbo (ma anche quello di un adulto) è fatto di movimento, tenerlo imprigionato è un danno grave. Il nostro sistema nervoso funziona ad onda sinusoidale, vuol dire che si alterna nelle intensità tra una fase attiva e un'altra meno attiva, di riposo. Se non si rispetta questa alternanza, l'insieme del corpo-mente inizia a soffrire. Si crea un disequilibrio degli stati di coscienza. Il riposo e l'attività vanno lasciati scorrere nel loro andamento, senza forzare. I ragazzi sono costretti a “studiare” fino a otto ore al giorno, quando dovrebbero alternare l'attività di concentrazione mentale con l'attività fisica. Alcuni anni fa, dopo averci pensato, con la mia ex moglie abbiamo deciso di ritirare nostro figlio Alessandro dalla scuola media e continuare con l'insegnamento di homeschooling. Ci siamo attrezzati e abbiamo organizzato in famiglia il percorso di apprendimento con ottimi risultati. Per questo abbiamo ripreso a studiare e imparare e insegnare. Dopo l'esperienza, da quest'anno, nell'area di Varazze, abbiamo formato, con la disponibilità di alcuni insegnanti, una comunità con 16 ragazzi della scuole superiori.
Golfo di Genova, visto da Le Faie - Foto di Pino Timpani
L'illuminazione è riconoscere che tutto ciò che esiste è ciò che sta accadendo e ciò che sta accadendo non accade a nessuno
Torniamo alla scoperta di Osho. Come è proseguita?
Devo precisare che tanto tempo prima, all'età d sette anni, senza esserne cosciente, avevo sperimentato la Meditazione Vipassana. E' la meditazione per eccellenza creata da Gautama il Buddha per offrire la possibilità ad una persona di vivere il presente: essere coscienti del respiro che accade nel presente, è un escamotage per evitare alla mente di andare in astrazione, di estraniarsi, di perdersi nel passato o nel futuro e di restare nel qui ed ora. L'avevo praticata senza conoscere minimamente Buddha e la meditazione. Quando iniziai la meditazione, usando il libro di Osho, di cui ho parlato prima, mi diedi il traguardo di divenire un Sannyasin che significa ricercatore spirituale. Raggiungere l'illuminazione è la meta di ogni ricercatore. L'illuminazione è riconoscere che tutto ciò che esiste è ciò che sta accadendo e ciò che sta accadendo non accade a nessuno. Capire il concetto contenuto nella frase è difficilissimo, ci vogliono anni di indagine meditativa per coglierne il senso. Così sperimentai per un paio di anni le tecniche di meditazione. Divennero il centro della mia vita. Nel libro ce ne sono tantissime. E' consigliabile, a chi si vuole approcciare a queste discipline, il darsi un tempo di 21 giorni, fino a quando la meditazione inizia a produrre una serie di effetti benefici nel corpo-mente. Si aprono un numero infinito di spazi di consapevolezza del nostro essere. Dopo quattro anni, seguendo le pratiche anche in ambito di piccole comunità in cui abitavo, in Monza e Milano, decisi di compiere una svolta profonda e cambiare completamente il percorso della mia esistenza. La meditazione è stata una rinascita, per celebrarla, nella comunità spirituale, mi hanno ribattezzato col nome di Nirava Khalook Kaluc, che significa la Silenziosa Fragranza. Ho avuto questo nome per 12 anni. Puoi immaginare, quanto questo sia stato un passaggio sconvolgente, per tutti quelli che mi conoscevano, in quel quartiere popolare per antonomasia di Monza che è il Cantalupo!
Hai proprio cambiato radicalmente vita?
Decisamente. In quel contesto è capitato un poco di tutto: dallo sconcerto di amici e parenti, a persone incredule, all'amica che tentava di salvarmi dal “guru” e dalla setta, a chi si è rifiutato di chiamarmi Khalook. C’era anche chi era divertito e incuriosito da una simile trovata e cambiamento così radicale. E' stato un momento potente e dirompente di rottura. Ho frequentato una sequenza di training, tra cui uno detto Primal, la guarigione del bambino interiore. E' avvenuto, ricordo bene la data, perché decisi dopo 20 anni di smettere di farmi le canne, il 6 ottobre 1998 nel centro Osho più importante in Italia a Miasto in Toscana, con l'aiuto di terapeuti specialisti. Da quella esperienza ne uscii rafforzato, con la consapevolezza di non dovere per forza colmare il senso di vuoto. Occupare il tempo con qualcosa, non importa cosa, non mi era più necessario. Sembra paradossale, ma quella percezione, dopo tanti riscontri, l'ho capita a fondo: non è un male ma anzi è una risorsa, un'opportunità che ci aiuta a capire come siamo fatti realmente: siamo fatti di vuoto e di pieno che convivono armonicamente.
Così hai deciso, non solo di cambiare vita, ma anche trasferirti in un altro luogo?
Si era creata una condizione limite in cui mi stava stretto tutto: il lavoro palloso di impiegato a Milano a Linate, gli amici, i viaggi, la Milano da bere e le fidanzate.
Perché, avevi tante fidanzate?
Si, ne ho avute tante. Sono appassionato del genere femminile. Le donne sono bellissime. Sono come delle Dee. Impossibile per me resistergli. Sento una spinta ed una attrazione che mi sospinge in quella direzione. Devo solo lasciarmi trasportare dal flusso e fondermi con la loro bellezza. Non è solo una questione sessuale. Resto incantato e posso stare a guardare una donna per ore senza mai stancarmi. Insomma l’unione e l’Amore portano alla completezza e a quel senso di appagamento interiore. Io con una donna sto da Dio.
Quindi, sei andato via da Monza?
Ho vissuto in Germania per qualche tempo. In Liguria ho conosciuto, presso il centro di meditazione Ariant di Varazze, quella che poi è diventata mia moglie, ormai ex, perché ci siamo lasciati sette anni fa. Ricordo che in quel mutamento radicale decisi di trasferirmi in Liguria nel giro di un mese, come dare un calcio ad un pallone, lasciando un lavoro sicuro e ben remunerato, con l'apprensione della famiglia, mia madre, le mie sorellee mio fratello, ma con l'ammirazione da parte dei colleghi di lavoro.
Perché ammirazione?
Il lavoro in aeroporto, come ho detto, era sicuro e ben remunerato, ma alla lunga era diventato un lavoro come un altro, in cui si perdono gli stimoli e ci si sente legati dalla monotonia, imprigionati a costrizioni. I colleghi erano ammirati perché avevo “preso il volo”, mi ero liberato, ero riuscito a seguire il desiderio di libertà proprio di ognuno di noi. Ero quello che ce l’aveva fatta, che aveva avuto il coraggio.
Poi come hai proseguito?
Abbiamo da subito affittato una casa in campagna, bellissima, in mezzo a un bosco e ho iniziato a lavorare nel centro di meditazione. Facevo il tuttofare, ricoprendo diversi incarichi: dalle meditazioni, alle pulizie del centro, ai massaggi e alla cura del giardino Zen che avevo creato. Iniziai a frequentare altri corsi e mi iscrissi alla scuola di Shiatzu per quattro anni. Divenni un operatore professionale e poi aprii un mio centro, a Genova, il Meditarte in cui conducevo seminari di meditazione.
Questo è durato alcuni anni?
Si. Sul tema della meditazione, vorrei raccontare un episodio antecedente, senza dubbio il più incredibile che mi sia capitato nella vita, avvenuto nel 1996. Stavo praticando una tecnica di meditazione di origine tibetana, la Nadabrahma Meditation. Si tratta di una hamming, la ripetizione continua della sola sillaba M, diversa dal mantra OM. Quando avevo sette anni, mi accadde una cosa simile: perdere la concezione del tempo, dello spazio, del mondo e sparire per un lasso di tempo, in cui, incredibilmente, afferrai un pacchettino di caramelle in un market del quartiere, passando disinvoltamente e ingenuamente davanti alla cassiera, per poi essere platealmente richiamato da questa che lo considerava un furto. Mi ero annullato, come se stessi dormendo, se vogliamo, come se non esistessi. Non sono cose che puoi decidere di fare consapevolmente. Accadono di per se. Io non ero presente in quel lasso di tempo. Ero come morto. E’ come finire in una dimensione dove non esiste nessuno. Solo il Vuoto. In questo secondo caso avvenne in modo un poco diverso: oltre ad essere scomparso, si era annullato anche tutto il mondo. Se vogliamo è un paradosso della meditazione, ovvero arrivare a fondersi nel Tutto che poi è nello stesso tempo anche il Vuoto. E' stata una percezione intensissima, durata solo tre-quattro secondi. Non ho visto più nulla, solo il Vuoto, cioè quello spazio in cui ci troveremo tutti, molto probabilmente, quando cesseremo di esistere.
Lo puoi descrivere?
E' difficile con le parole: c'era una luce bianca davanti a me, tutto intorno era completamente vuoto, buio e luminoso allo stesso tempo. Senza confini. Un Vuoto immenso. Oceanico. L'immagine che più si avvicina, ma solo per dare un idea assai parziale, è un cielo stellato. Passati questi attimi, mi ritrovai nella coscienza razionale, sulla sedia in cui ero seduto. Questa è stata l’esperienza più forte che mi sia mai capitata nelle meditazioni. Tuttora mi capita di avvicinarmi a quella soglia e di esserci anche dentro, ma tuttavia non come quella volta, così nitida, intensa e duratura. Questo è quello che siamo, un po' come dice Guido Tonelli, il fisico italiano di meccanica quantistica: non solo l'universo è nato dal vuoto, ma è ancora vuoto. Credo che l'identificazione della realtà, passi attraverso catalogazioni e semplificazioni adattive che il nostro cervello è in grado di compiere di un qualcosa che c'è e non c'è, che va e viene in frazioni infinitesimali di tempo, si parla di un miliardesimo di secondo.
Come è andata l'esperienza con Meditarte?
Sono stato presidente per cinque anni. Forse non ero abbastanza preparato e forgiato per guidare un'associazione così grande, con tre soci fondatori, sette collaboratori, duecento soci e con complicati problemi di gestione. Inoltre, come tanti altri servizi di questo genere, i corsi e le attività funzionavano per nove mesi all'anno, con un buco nei tre mesi estivi in cui non c'erano entrate ma solo spese. Si trovava a Palazzo dei Principi, nel centro di Genova. Nel frattempo era nato mio figlio e insieme alla moglie avevamo deciso di cambiare casa e spostarci da Alpicella alle Faie. Insomma, per me era divenuto un impegno insostenibile che assorbiva tutte le energie e mi richiedeva lavoro sette giorni su sette. Decisi di procedere, grazie all'aiuto di un collega, con una Costellazione Familiare. Si tratta di un metodo inventato da Bert Hellinger e consiste in una seduta in cui vengono messe in luce le interdipendenze e le dinamiche inconsce presenti in un gruppo, non solo famigliare, ma anche di ambiti lavorativi che non fanno fluire l'energia e l'amore all’interno del sistema. La soluzione individuata dal Costellatore fu imprevista e geniale: smettere di pagare l'affitto e chiudere l'associazione; continuare a fare lo stesso lavoro, ma andando a lavorare presso altre associazioni, uscendo di casa solo con la certezza di avere un introito, di cui una parte contribuiva al pagamento dell'affitto dell'associazione ospitante. Da solo non sarei arrivato a questa soluzione che poi è stata utilissima a darmi molto più tempo da dedicare a mio figlio, alla mia compagna e anche a me. Le costellazioni famigliari sono utilissime per tante situazioni, personali e di gruppo. Hanno la risposta non scontata ma risolutiva.
Edo Fossati e Celestina Scotti a lavoro per il B&B - Foto di Pino Timpani
Il B&B le Faie è nato dopo?
Si. Dopo che è andata in crisi la relazione con la moglie. Non si sentiva più di continuare lo stesso percorso spirituale. Semplicemente si guardava in direzioni diverse e differenti. E' stato un passaggio difficilissimo che ho comunque superato, non senza grandissime difficoltà. Questa soluzione, essendo un lavoro stagionale, mi permette di integrare meglio la mia professione e di condurre seminari, sessioni individuali e condividere la possibilità che una vita vera è possibile per tutti condurla così come è successo a me.
Invece l'idea di realizzare un film, come è venuta?
E' venuta con Marco Benzi, il cameramen, dopo aver girato un breve video di cinque minuti, Benvenuti in Paradiso, per pubblicizzare il B&B. Poi si è pensato di farne altri con scene dei massaggi e delle meditazioni. Nel frattempo, da semplici scene, si è sviluppato un film completo. E' dedicato ad Angela, Sohana il nome spirituale, Atteo una carissima amica scomparsa durante il periodo delle riprese. Ho preferito trattare gli argomenti sul modello Yin e Yang, per cui ho iniziato a parlare della morte e a seguire della vita; ho parlato della guerra, per poi parlare della pace; di meditazione, per parlare dell'amore: continuare ad alternare queste due facce che alla fine non sono opposte, ma si integrano, si compenetrano l'una nell'altra. La gestazione del film è durata due anni di riprese e due di montaggio. Mi hanno aiutato alcuni amici. C'è tanta musica e un bellissimo racconto indiano. Anche nel titolo si ritrovano gli opposti: Autobiografia di un Mistiko - Punk. Nel film c'è la tendenza a fare tabula rasa dei luoghi comuni e stereotipi, del punk come anticristo o del mistico che vive in disparte nel suo monastero. E' un messaggio spirituale, nonostante faccia capolino la meccanica quantistica e le scoperte scientifiche a certificare l'esistenza del vuoto. Il senso che ho tentato di comunicare è la visione spirituale che prova a scardinare il dualismo, quel gioco degli opposti in cui si nutrono specularmente gli ego e in cui nemmeno la consapevolezza può avere un senso compiuto, se non riconosce il vuoto da cui prende forma (apparente) e in cui è destinata a tornare. I mistici aggiungono in più una possibilità, ovvero una via per uscire dal dualismo, riconoscendo come illusione la coscienza stessa e non mi riferisco a quella, diciamo, “cattiva” dell'ego, perché questa, anche se “nobile”, si genera sempre dal vuoto e, nello stesso istante in cui si forma, crea separazione, dualismo. L'epitaffio voluto da Osho, nome diverso da quello originale, è illuminante: Osho: Mai nato, mai morto. Ha solo visitato il pianeta Terra tra l'11 dicembre 1931 e il 19 gennaio 1990.