20211703 Upton Sinclair personaggio chiave di Mank

Una traccia per entrare nelle trame parallele di Mank di David Fincher. Candidato a ben 10 Oscar, il film sulla genesi dello script di Quarto Potere e dei conflitti tra lo sceneggiatore Herman Mankievicz e Orson Welles inaspettatamente si rivela essere anche un documento storico sui complotti per porre fine alla Epic Campaign dello scrittore socialista Upton Sinclair, in corsa per il governatorato della California nel 1934. 


A poco più di due anni dall’articolo  L’attualità del passato: “La giungla”, Upton Sinclair e Theodore Roosevelt  - focalizzato soprattutto sul celeberrimo romanzo-documento The Jungle (1906) che descrivendo le aberranti condizioni igieniche e lavorative nei macelli e nell’industria della carne di Chicago portò alla creazione del primo nucleo della Food and Drug Administration - torniamo a parlare dello scrittore socialista Upton Sinclair  per il ruolo chiave che David Fincher, nel film Mank,  ha riservato  a lui e alla sua Epic Campaign del 1934,  quando corse per il governatorato della California nel pieno della Grande Depressione. 

Mank, candidato a 10 Oscar tra cui miglior film e miglior regia, si è rivelato essere molto  più della storia con la quale era stato presentato, ossia quella della stesura della sceneggiatura di Citizen Kane (Quarto Potere) da parte di  Herman Mankievicz alias Mank (Gary Oldman nominato come miglior attore protagonista) e del conflitto con Orson Welles (Tom Burke) per la paternità di quello script.

Il ruolo di Upton Sinclair e delle vicende politiche scatenate dalla sua Epic Campaign, in cui l’aggettivo “epic” era anche l’acronimo dell’espressione End Poverty In California, ben lungi dall'essere un mero sfondo storico del film di Fincher, sarà dunque l'argomento principale di questa indagine. 

La trama parallela della Epic Campaign di Upton Sinclair è il motore di Mank

A corto di ingaggi nonostante la sua genialità poiché quasi perennemente ubriaco, Mank aveva accettato di lavorare per Orson Welles come ghost writer sulla storia di un personaggio potente di quei tempi raccontata da diversi punti di vista, rinunciando a qualsiasi riconoscimento autoriale. Alla fine della stesura dello script tuttavia, convinto che quello fosse il suo miglior lavoro di sempre, Mankievicz cambiò idea e riuscì a spuntarla su Orson Welles ottenendo la co-sceneggiatura e condividendo con lui, seppure a distanza perché nessuno dei due si presentò alla serata degli Oscar, l’unica statuetta delle nove nomination che Citizen Kane ebbe nel 1942. 

la storia della Epic Campaign di Upton Sinclair è sorprendentemente il motore di tutta la vicenda, la trama parallela che irrompe esattamente a un terzo del film segnando  l'inizio di un crescendo continuo.

Sebbene la diatriba tra Mankievicz e Welles  sia uno dei temi di Mank, che allude peraltro anche alla lunga disputa avvenuta successivamente tra chi si è schierato con Mankievicx e chi con Welles (famosa quella tra Pauline Keal e Peter Bogdanovich) e nella quale Fincher prende le parti del primo, è la storia della Epic Campaign di Upton Sinclair ad essere sorprendentemente il motore di tutta la vicenda, la trama parallela che irrompe esattamente a un terzo del film (precisamente alla fine del 44esimo minuto su 132 totali), segnando  l'inizio di un crescendo continuo. Eppure Upton Sinclair non c'è mai,  se non per quattro brevissime inquadrature nel flashback di due minuti di un suo comizio serale a Hollywoodland, il nome che Hollywood aveva a quei tempi. Mank vi capita per caso e resta in disparte ad ascoltare Sinclair che espone alcuni dei punti cardine della sua rivoluzione politica. Non è casuale il fatto che Fincher inserisca questa unica apparizione di Sinclair (Bill Nye) al  66esimo minuto, ossia alla metà esatta del film. Sebbene passi inosservata, la centralità di quell'unica presenza visiva appare altamente simbolica all'interno dell'organizzazione del film, dando un peso molto particolare dunque a quell'uomo che voleva modificare il sistema capitalistico attraverso la presa in carico da parte dello stato californiano e dei lavoratori disoccupati della moltitudine di aziende abbandonate durante la crisi, tra cui non solo industrie e fattorie ma anche i piccoli studi cinematografici che a differenza delle grandi  major non erano riusciti a sopravvivere. 

La vicenda della Epic Campaign, come molti altri temi del film, viene ricostruita attraverso i flashback, che, come in  Citizen Kane, fanno parte della struttura portante.  Mank alterna infatti il presente della storia, ossia i due mesi del 1940 in cui Mankievicz, dopo un brutto incidente automobilistico, scrive lo sceneggiatura di Quarto Potere dal letto di un ranch californiano dove risiede insieme a un'infermiera e una segretaria,  ai salti temporali che coprono i primi anni del decennio precedente insistendo particolarmente proprio sul biennio 1933-34 della campagna di Sinclair.

Nel primo terzo del film i flashback servono principalmente per contribuire alla conoscenza di Mank e per introdurre le persone e gli ambienti del suo mondo,  a partire  dalla moglie Sara e dal fratello minore John (regista di tanti capolavori tra cui Eva Contro Eva, Uomo bianco tu vivrai, Improvvisamente l'estate scorsa). Ma la parte del leone la fanno i suoi primi incontri con William Randolph Hearst, il magnate dell’editoria che farà da modello per Charles Foster Kane, con la amante e convivente di Hearst Marion Davis (Amanda Siegfried candidata a miglior attrice non protagonista) e con Louis B. Mayer, l’imperatore-dittatore della Metro Goldwyn Mayer e presidente del Partito Repubblicano californiano. Quanto a Orson Welles, dopo una prima breve apparizione semionirica, le sue sporadiche comparse avvengono nel presente.  
Ma dallo scoccare del quarantacinquesimo minuto, quando  Sinclair viene nominato per la prima volta in un flashback risalente al 1933,  diventando oggetto di una conversazione strettamente politica, lui e la sua campagna saranno una presenza costante. 

L'irruzione di Upon Sinclair a un terzo del film

Upton Sinclair, che fisicamente vediamo solo per una manciata di secondi alla metà esatta del film,  compare per la prima volta come oggetto di una animata conversazione politica a una festa nel castello di W.R.Hearst dove c'è  anche il segretario personale di F.D.Roosevelt.

Siamo a una delle consuete feste che Hearst tiene nel suo castello di San Simeon, il modello per la Xanadu di Quarto Potere, frequentate come d'abitudine da mezza Hollywood, ma anche da personaggi politici. Dopo uno scambio di battute su Adolf Hitler è il produttore David O’Selznick a introdurre l’argomento Sinclair, citando il pamphlet  Io governatore della California e come ho posto fine alla povertà. Una storia vera del futuro,  immediatamente diventato un best seller californiano.  Si anima una conversazione che coinvolge P.R.Hearst, Mank, L.B.Mayer, il suo tuttofare Irvin Thalberg e l'ospite politico Rexford Tugwell, niente di meno che segretario personale di F.D. Roosevelt. 

O’Selznick: A proposito di socialisti che dire dell’ultimo libro di Sinclair? Vuole consegnare l’impresa privata allo stato della California. 
Mayer: Quel ratto bolscevico va messo come Hitler sulla lista di quelli da non pendere sul serio. 
Mank: C’è una differenza abissale tra comunismo e socialismo.
Mayer: Entrambi vogliono qualcosa per niente.
Mank: Ad esempio la manodopera gratuita?
Thalberg: Metà costi e lavoro solo temporaneo.
Hearst: Penso sia lecito supporre che nessuno qui vorrebbe un crociato socialista come salvatore della California. Certo non Roosevelt. Dico bene, Rex?
Tugwell: In via confidenziale il presidente dice che va tenuto d’occhio, specie ora che i repubblicani sembrano intenzionati a ricandidare Frank Merriam [il governatore repubblicano in carica]. 
Thalberg: Sinclair ha già corso due volte e cosa ha ottenuto, il 2% dei voti?
Hearst: Ma via, signori, quell’uomo è un autore!
Mank: Come lo era Thomas Jefferson.
Hearst: Andiamo Mank, Upton Sinclair come Thomas Jefferson!
Mank: Ha ragione W.R., Jefferson non ha mai fatto approvare leggi contro il monopolio del petrolio, o contro i trust ferroviari, né ha fatto riformare i macelli del bestiame.
Thalberg: E’ uno scriba arrabbiato, un provocatore.
Mank: Perché provoca la riflessione.
Thalberg: Sempre dalla parte degli scrittori, Mank. Povere anime che sopravvivono alla depressione con 5.000 dollari alla settimana.
Mayer: Comunisti.
Thalberg: L.B. non ha torto.
Mank: Irving, lei è un uomo di cultura. Conoscerà la differenza tra comunismo e socialismo. Nel socialismo tutti condividono la ricchezza, nel comunismo tutti condividono la povertà. 
Thalberg: Grazie Signor Mankiewicz.
Mank: Upton vuole solo che lei destini parte della sua gratifica natalizia, Irving, a chi le fa le pulizie in casa. 

Dopo qualche battuta scherzosa e un accenno del pianista all’Internazionale, il discorso riprende:

Mayer: Come presidente eletto del partito repubblicano dello stato vi dico che qui non succederà niente. Le persone che contano in California non lo permetteranno. Tutte queste chiacchiere sono utili come pisciare contro vento. 
Mank: Elegante metafora.
Marion: Ho sentito Papi [il nomignolo con cui chiamava Hearst] al telefono che aiutava il presidente a formare il suo gabinetto come quando si sceglie un cast. Loro possono fermare uno come Sinclair, non è vero Papi?

Scende il gelo e Marion, resasi conto della gaffe, chiede scusa e se ne va in giardino. Mank, con l’assenso della moglie, la segue dando il via alla seconda scena del flashback. Oltre ad assistere al rapporto particolare tra Mank e Marion, lo spettatore ottiene ulteriori importanti informazioni su Sinclair e sul perché Hearst e Mayer lo odino tanto. 

L'intersecarsi di Mank e Quarto Potere e l'aderenza alla realtà

Il problema dell'aderenza alla realtà è particolarmente complicato in Mank per i  molteplici livelli e sottolivelli che si intersecano nel film, tra cui quelli biografici, storici, politici, metacinematografici.

Il dialogo riportato integralmente e quello solo citato tra Mank e Marion  non hanno riscontri precisi nella realtà, ma tutto ciò che viene detto rende perfettamente ragione alla realtà  storica delle complicità del mondo politico con i potentati di Hollywood e dell'intero establishment, introducendo  anche il ruolo che Franklyn Delano Roosevelt avrà nell'affossare la campagna di Upton Sinclair.  E' verità storica infatti che dopo la vittoria di Sinclair alle primarie democratiche (dopo aver corso senza successo col Partito Socialista per altre cariche pubbliche Sinclair aveva aderito al Partito Democratico per la competizione governatoriale), FDR non solo non lo sostenne alle elezioni generali contro il governatore repubblicano in carica Frank Merriam,  ma si alleò con quest'ultimo in cambio della promessa di questi di supportare il New Deal, che premeva a FDR molto più dell'elezione californiana.  Una sintesi dei contenuti sociali e politici della Epic Campaign e della sua storia si  può trovare nell'ultimo capitolo dell'articolo Citizen Sinclair  di  Jacobin Italia. Quanto al film è ancora Mank ad attestare la verità storica della co-responsabilità  di Roosevelt nella sconfitta di Sinclair durante un altro dei ricorrenti  dialoghi politici.

Tutto ciò porta direttamente alla questione dell'aderenza che alcuni film, per la loro stessa natura, hanno o si presume debbano avere con la realtà.  Nel caso di Mank il problema è particolarmente complicato sia per i  molteplici livelli e sottolivelli del film, sia per l'intersecarsi di due pseudo-biopic, Citizen Kane e Mank, in cui il secondo racconta la creazione del primo. 

Tra le 10 candidature agli Oscar ottenute da Mank, una in più di Quarto Potere, manca purtroppo quella relativa all'oggetto del contendere tra Mankievicz e Welles, ossia quella alla miglior sceneggiatura originale.  La scrisse  negli anni '90 il padre di David, Jack Fincher, scomparso nel 2003 e accreditato, non a caso, come sceneggiatore unico.


Come è naturale, moltissime sono  le relazioni tra Mank e Quarto Potere a cominciare da quegli aspetti che ancor prima del contenuto fanno appello all'estetica, al gusto, al piacere visivo dello spettatore. Come Citizen Kane, Mank è un capolavoro di bianco e nero, con il quale il direttore della fotografia Erik Messerschmidt (nominato all’Oscar), utilizzando tagli di luce, chiari e scuri, fessure di tapparelle, contrasti, ombre, foschie e semifoschie e altri accorgimenti tecnici, ha fatto rivivere Gregg Toland, il grande innovatore nel campo della cinematografia che Orson Welles volle a tutti i costi, così come lo aveva voluto a tutti i costi John Ford per Furore nel 1939.

L'immersione  non solo nell'atmosfera di Quarto Potere ma nell'immaginario del mondo hollywoodiano anni '30 e '40, che tanti film hanno contribuito a cementare almeno negli spettatori meno giovani, è totale, anche grazie alla cura di tutti i particolari. Non per niente Mank è candidato anche nelle categorie  scenografia, colonna sonora, costumi,  trucco e acconciature, sonoro, ottenendo una nomination in più di quelle che a suo tempo ricevette Quarto Potere.

L'unico grande rammarico è che manchi la candidatura  per la quale Citizen Kane ricevette la sua unica statuetta, quella  alla miglior sceneggiatura originale che, per ironia della sorte riguarda proprio proprio l'oggetto del contendere tra Mank e Orson. La scrisse  negli anni '90 il padre di David, Jack Fincher, scomparso nel 2003mche viene accreditato  come sceneggiatore unico. Quasi volesse rivendicare anche nel suo stesso film l'importanza, spesso sottovalutata, degli sceneggiatori rispetto a quella dei registi, quel credito esclusivo attribuito a Jack, nonostante le modifiche che David da regista  avrà apportato allo script nella  lavorazione del film, oltre ad essere un omaggio al padre sembra essere anche un ulteriore simbolico riconoscimento della vittoria morale di Mank su Welles. Peccato dunque che Jack Fincher non sia nella rosa dei cinque nominati. Facendo una digressione quella candidatura se la sarebbe meritata più di Aaron  Sorkin che l'ha invece ricevuta per  Il Processo ai Chicago 7,  in cui la ricostruzione storica, così importante in un film del genere, crolla platealmente nella manipolazione del falso finale melodrammatico, consolatorio e accomodante con la retorica del potere, che volutamente ignora  la verità, molto più scomoda,  delle dichiarazioni rese dagli imputati a conclusione del processo. Non a caso mancano nel finale, contrariamente a quanto avviene in molte altre parti del film, gli inserti di repertorio a corroborarne la verità. Chiusa digressione.

"La narrazione è come una girella alla cannella"

Anche Mank  pone dunque domande su quanto ci sia di vero e quanto di modificato o inventato rispetto alla realtà, soprattutto in ragione della complessità del film che, come si diceva, è data dalla copresenza e dall'intersecarsi di diversi livelli tra cui quello biografico, quello storico-politico, quello metacinematografico.  

In una conversazione tra Mank e John Houseman, il controllore delle intemperanze alcoliche e del lavoro di Mank, nonché scadente  revisore di bozze impostogli  da Orson Welles durante i due mesi di lavoro, questi si lamenta che le prime 40 pagine ricevute da Mank siano “un gigantesco groviglio” e “un guazzabuglio di conversazioni, una collezione di frammenti che rimbalzano nel tempo come fagioli salterini messicani”.
Mank gli risponde: “La narrazione è come un unico grande cerchio. È come una girella alla cannella. Non è una linea dritta che punta all’uscita più vicina. Non si può cogliere l’intera vita di uomo in sole due ore. Il massimo che puoi sperare è dare l’impressione di averlo fatto." 

Se nelle critiche di Houseman il problema è  quello dalla struttura di Quarto Potere, una novità per lui talmente complessa che temeva rendesse impossibile la comprensione per gli spettatori del tempo, con la battuta di Mank il discorso si sposta al cinema in generale, e non tanto per la complessità  dei diversi punti di vista (peraltro inesistenti in Mank dato che la prospettiva è  solo quella di Mank) e dei salti temporali, che non sono più un problema per lo spettatore odierno, ma per altri aspetti. Uno riguarda ad esempio le licenze che un autore si può prendere nel raccontare la vita o parte della vita di una persona senza falsarne l'autenticità, o la verosimiglianza, o l'essenza. A questo riguardo per esempio diverse sono state le polemiche su quelle che molti ritengono essere state le vere idee politiche di Mank e quelle filosocialiste che Fincher attribuisce al suo personaggio nel prendere le,parti di Upton Sinclair. Ma ciò esula dal nostro discorso.

La fedeltà storica riguardo alla Epic Campaign

La fedeltà alla ricostruzione  storica della guerra condotta dall'establishment politico ed economico, di cui Hollywood era parte integrante, è sottolineata anche dai filmati d'archivio che Fincher inserisce nel film, quali i falsi cinegiornali fatti girare da Louis B. Mayer, che milioni di spettatori vedevano al cinema.

Quel che ci interessa sottolineare è piuttosto come la parte del film che riguarda  la ricostruzione storica della campagna di Sinclair e della suo boicottaggio feroce da parte dell'establishment sia totalmente aderente alla realtà.

Fincher stesso sembra voler esentare lo spettatore da qualsiasi dubbio inserendo nel film, oltre a scene dettagliate che riproduco alcune delle mosse storicamente documentate messe in atto da W.R. Hearst e da L.B.Mayer nella propaganda contro Sinclair, anche originali video d’archivio, facilmente reperibili da anni su You Tube, come ad esempio i falsi cinegiornali e le false interviste magistralmente fatte girare da Louis B. Mayer  per far passare Upton Sinclair come un pericoloso comunista che avrebbe sovietizzato gli Stati Uniti. 

La popolarità dell'Epic Plan, che aveva convogliato nella campagna per il governatorato un seguito di attivisti, sostenitori e gente comune senza precedenti (e che non avrebbe avuto uguali per un'altra ottantina d'anni fino all'arrivo di Bernie Sanders) avava infatti terrorizzato l’establishment, rendendo imperativo categorico il suo annichilimento utilizzando, soprattutto slealmente, tutti i mezzi allora a disposizione.

W.R. Hearst e L.B.Mayer furono tra i principali artefici di quella propaganda sleale di cui  Fincher mostra tutte le tattiche, col grande merito di riesumare da un passato dimenticato non solo un grande personaggio come Sinclair ma una battaglia politica di porporzioni davvero epiche, che persino la quasi totalità degli americani oggi ignora. Nello stesso tempo il film apre un filo diretto con i nostri giorni sul tema delle "fake news"che, se amplificate esponenzialmente da Donald Trump, sono anche state uno dei mezzi principali di  cui media mainstream e ed establishment democratico hanno fatto uso nel 2016 e nel 2020  per sconfiggere  Bernie Sanders. 

Tornando, in conclusione di un discorso  che potrebbe essere molto più lungo e articolato, alla questione dell'aderenza alla realtà,  va sottolineato che in effetti c'è in Mank una licenza che i due Fincher si concedono all'interno, o meglio a lato, della trama storica. Si tratta dell'invenzione di un personaggio, Shelly Metcalf, di cui non sveliamo nulla, se non che Fincher lo inserisce  come “tuttofare” nella banda dei colleghi e amici di scommesse e di gioco di Mank, alcuni dei migliori scenegiatori della Hollywoodland di quei tempi. Senza modificare in nulla gli eventi storici, la sua  funzione è un espediente narrativo che sottolinea la gravità e le criminalità di alcune  fake news e delle loro conseguenze. 

 

20211704 epic plan upton sinclair mank

Gli autori di Vorrei
Elisabetta Raimondi
Elisabetta Raimondi
Disegnatrice, decoratrice di mobili e tessuti, pittrice, newdada-collagista, scrittrice e drammaturga, attrice e regista teatrale, ufficio stampa e fotografa di scena nei primi anni del Teatro Binario 7 e, da un anno, redattrice di Vorrei.
Ma soprattutto insegnante. Da quasi quarant’anni docente di inglese nella scuola pubblica. Ho fondato insieme ad ex-alunni di diverse età l’Associazione Culturale Senzaspazio.

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