Storie dalla quarta età. C'era una volta un russo, un ecuadoregno e un italiano...
Sono arrivati finalmente! Li attendevo da mesi; dovevano imbiancare alcune pareti rovinate dall’acqua filtrata dal soffitto, poiché si era allagato l’appartamento disabitato, sopra il nostro.
Purtroppo ieri non potevo contare sull’aiuto di Concetta (assente più che giustificata!) corsa ad assistere una figlia che sta per partorire. Gli operai sono tre: il più anziano è il proprietario della piccola impresa mandata dall’assicurazione; il secondo è alto, robusto e sembra esperto, perché indica al più giovane come preparare l’ambiente per non sporcare troppo.
Preparo del caffè da offrire e, sentendoli parlare, mi accorgo che rappresentano tre nazioni: l’Italia “dialettale”, l’Ecuador e la Russia. L’ecuadoregno conosce poco la nostra lingua, il russo è più disinvolto, ma l’accento è tipico dei paesi dell’est; l’imprenditore mi allunga un biglietto da visita col nome della sua piccola impresa e in buon dialetto veneto mi prega di far sapere, a lavoro ultimato, all’amministratore del condominio l’indice di gradimento!
Poi se ne va. Il Russo, vedendomi in difficoltà nel passare da un locale all’altro, mi tende le mani. Chiedo: “Lei ha figli?”.
“Si, ne ho quattro e già sono nonno! Troppo giovane mia figlia per fare la mamma!”.
“Allora, statele vicini!”.
“Loro sono in Russia.”
Gli brillano gli occhi. Pure a me. Si inchina e mi bacia le mani. Esce sul pianerottolo per raccogliere barattoli e pennelli. L’Ecuadoregno stenta a rimettere le porte nei cardini e, in italiano, intona una litania di parolacce. Ma non bestemmia!? Per non metterlo in imbarazzo, esco e dico al Russo: “Il piccolo non ha imparato la mia lingua, ma già conosce un buon numero di imprecazioni colorite!
“Oh, signora! Quando negli anni Novanta sono arrivato io, mi esprimevo solo a gesti. Ho trovato facilmente lavoro, ma dopo qualche giorno, avevo urgente bisogno di essere pagato e un operaio mi suggerisce, scandendo più volte la forma della richiesta: “Tu devi dire così. Testa di minghia, dammi i soldi!”. Mi è andata bene, perché il Capo ha capito che non sapevo ciò che dicevo. E mi ha pagato! Qualche volta l’integrazione non costituisce un grosso problema.
Immagine tratta da “Paul, Mick e gli altri” di Ken Loach