Straniero io?, il film di Carlo Concina e Cristina Maurelli – prodotto da Liberi Svincoli con il contributo del Comune di Monza – restituisce dignità di nome e cognome agli "stranieri" della città
Di cosa parliamo quando parliamo di stranieri? Visivamente, il più delle volte gli “stranieri” sono campi lunghi e lunghissimi: cioè inquadrature “da lontano” in cui i corpi agiscono anonimi. Immagini che difficilmente ci permettono di riconoscere volti, storie personali, relazioni. Gli “stranieri” - nel racconto dei media mainstream - sono quasi sempre numeri, dati statistici, percentuali, grafici e mappe. Al più conquistano l’onore del nome e cognome quando sono coinvolti in fatti di cronaca, quella piccola della criminalità comune. In quella “grande” dei naufragi in cui perdono la vita in decine e centinaia, i nomi tornano a non esserci. Gli stranieri sono comunità, sono ondata, sono nordafricani, sono musulmani, sono extracomunitari, sono emergenza, sono clandestini, sono chinatown… Non sono mai nome e cognome. Una rimozione di massa priva migliaia, milioni di persone della loro identità, della loro storia personale, delle loro speranze e ambizioni, dei loro traumi e delle loro gioie. Le loro esistenze vengono ricondotte solo e soltanto al luogo da cui provengono.
Fra i molti meriti che Straniero io? ha, c’è dunque quello di aver restituito agli “stranieri” di Monza la dignità di un nome e di un cognome, di averli liberati dall’anonimato di una vaga provenienza. Il bellissimo film di Carlo Concina e Cristina Maurelli – prodotto da Liberi Svincoli con il contributo del Comune di Monza – non parla di percentuali, non elenca statistiche, non snocciola numeri. Mostra meravigliosi primissimi piani di esseri umani che raccontano la propria storia personale, la famiglia, i sogni, le aspettative, gli amori e le difficoltà. Normali esistenze, eccezionali nella pigrissima narrazione pubblica dei media. Ci restituisce l’umanità che l’abitudine a parlare per frasi fatte ci nasconde. La preziosa fotografia curata dallo stesso Concina e da Diego Capelli insiste a lungo sugli occhi degli intervistati, sui loro gesti, sul movimento delle labbra che rincorrono parole a volte sciolte a volte annodate, affaticate dalla corsa dietro una lingua che stanno imparando. Non sono storie memorabili, non sono mirabolanti avventure o gesta eroiche. Sono normalissime – eppure per nulla banali – storie di uomini e donne nati altrove e arrivati per mille motivi diversi a vivere a Monza. Chi con la consapevolezza e chi senza, chi per necessità e chi per voglia.
Settanta minuti in cui si attraversa la città in lungo in largo, dal Parco alla stazione, dall’asilo notturno all’autodromo, dal Ponte dei leoni a Viale Lombardia per incontrare gli intervistati nelle loro case, sul posto dove lavorano, dove pregano o dove trascorrono il tempo libero. Con la musica di Francesco Pederzani e il montaggio (presumiamo degli stessi registi) che donano grande pathos, questo film rappresenta qualcosa di molto importante per Monza ma non solo. Auguriamo agli autori e a Giorgia Mosca, produttrice esecutiva, di fare molti chilometri per presentarlo ovunque. È un bel modo di testimoniare la via monzese alla convivenza, al rispetto reciproco, all’accoglienza.
Il 16 febbraio 2017, gran parte di quei volti si sono materializzati, uscendo dal grande schermo e allineandosi sotto lo sguardo delle centinaia di spettatori che hanno assistito alla prima proiezione pubblica del film: corpi impacciati dall’emozione, occhi lucidi dalla commozione. Una fila lunga e colorata di protagonisti salvati dall’anonimato. Questo, credo, è il merito più grande che Liberi Svincoli ha nell’aver voluto produrre Straniero io?, ha restituito dignità a esseri umani belli, brutti, buoni, cattivi, capaci o meno esattamente come noi. Una restituzione, non un regalo. Il regalo, semmai, il film lo fa a noi: ricordandoci di non ragionare sempre e solo per schemi, che non esiste solo il bianco e il nero. Straniero io? ci regala la possibilità di apprezzare tutti i colori di Monza.