Diceva Ken Saro-Wiwa, importante scrittore nigeriano scomparso nel 1995 “Provo sgomento per la vergognosa povertà del mio popolo che vive su una terra molto generosa di risorse; provo rabbia per la devastazione di questa terra; provo fretta di ottenere che il mio popolo riconquisti il suo diritto alla vita e a una vita decente”.
Più o meno al centro del confine sud dell’area sub-sahariana, dove si incontrano Niger, Nigeria, Camerun e Ciad, esiste un lago che si chiama Lago Ciad. Questo lago, poco profondo, permette (permetteva) di vivere a circa 30 milioni di persone e a svariate specie animali. A causa della siccità e dei cambiamenti climatici, questo lago sta lentamente sparendo, lasciando al suo posto un’area verde che rapidamente diventa deserto. Non è un caso isolato: stanno così sparendo o si stanno inaridendo molti altri laghi, come quelli del Mali, e corsi d’acqua. La selvaggina, non avendo più acqua da bere, scompare. Gli esseri umani, non avendo più animali da cacciare o pesce da pescare, muoiono. La siccità sta desertificando un intero continente, riducendo costantemente le aree vivibili. Per contro l’Africa, nel giro di un paio di generazioni, raddoppierà la sua popolazione. Passerà cioè a due miliardi e mezzo di abitanti, mentre le risorse saranno e sono già ora in rapido esaurimento. Tanto per capirci, la Nigeria avrà, solo lei, una popolazione superiore a quella dell’intera Europa. Molti Stati africani soffrono poi di situazioni politiche e religiose instabili, se non di aperto conflitto. In Egitto le minoranze cristiane sono costantemente oggetto di attentati da parte di fondamentalisti islamici non meglio identificati. La stessa cosa avviene in Nigeria da parte dei tagliagole di Boko Haram. In parte della Somalia, in Mali, in Gambia, in Niger ed in molti altri Stati, la vita non è meno complicata. In altri paesi come Libia, Eritrea, Sudan, Guinea, Senegal, Costa d’Avorio, Congo, per limitarci a quelli geograficamente più vicini a noi, vi sono guerre, guerriglie,e, bene che vada, situazioni politiche ed economiche difficili e suscettibili di rapidi sconvolgimenti.
Da queste aree proviene la parte più numerosa della immigrazione africana in Europa.
Diceva Ken Saro-Wiwa, importante scrittore nigeriano scomparso nel 1995: “Provo sgomento per la vergognosa povertà del mio popolo che vive su una terra molto generosa di risorse; provo rabbia per la devastazione di questa terra; provo fretta di ottenere che il mio popolo riconquisti il suo diritto alla vita e a una vita decente”.
I paesi occidentali ed ex colonizzatori hanno le loro colpe in tutto questo, così come hanno colpe nei cambiamenti climatici che questi territori devono sopportare.
Si tratta di persone giovani (l’Africa è un continente giovane. La speranza di vita, tolti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo dove si vive più a lungo, va dai 50 a poco più di 60 anni), donne e bambini, che fuggono dalla miseria, dalla povertà, dalla mancanza di risorse e dalla totale mancanza di opportunità di vivere, a cui si aggiungono le persecuzioni dei terroristi dell’Isis che colpiscono anche la popolazione musulmana.
I paesi occidentali ed ex colonizzatori hanno le loro colpe in tutto questo, così come hanno colpe nei cambiamenti climatici che questi territori devono sopportare.
Sul fronte mediorientale, in Siria, la popolazione fugge (quella che può farlo) dalle bombe russe che colpiscono indiscriminatamente civili e oppositori del dittatore Assad, con la scusa di fare la guerra all’Isis, ma certamente producono un effetto devastante per l’intero territorio. I paesi occidentali non sono esenti da colpe perché hanno lasciato macerare ed esplodere la situazione in Siria senza batter ciglio ed ora il risultato è un fiume di profughi da respingere con accordi internazionali, muri e fili spinati.
In Iraq, cristiani e musulmani subiscono il terrorismo dei tagliagole, innestato dalla invasione americana, condotta al solo fine di liberarsi di un dittatore non più affidabile. In Afghanistan è avvenuta la stessa cosa verso i talebani, già addestrati e istruiti precedentemente in funzione antisovietica.
In entrambi i paesi abbiamo lasciato macerie e distruzione.
Si parla che nei prossimi vent’anni si sposteranno dalle regioni povere a quelle ricche circa quattro-cinquecento milioni di persone. Buona parte di queste migrazioni ci interesseranno.
lacrime di coccodrillo quando veniamo coinvolti in qualche attentato, ma, beninteso, solo se avviene in Europa
Cosa stiamo facendo per evitare questo?
Contro le guerre e i tagliagole direi niente, salvo piangere lacrime di coccodrillo quando veniamo coinvolti in qualche attentato, ma, beninteso, solo se avviene in Europa, perché se avviene altrove già ci importa meno.
Contro i cambiamenti climatici cosa stiamo facendo? Direi molto poco.
Vi sono processi in atto che lasciano prevedere un futuro che il mondo civile non può neppure immaginare. Parliamo del cambiamento climatico e il conseguente innalzamento dei mari, dell’esaurimento delle risorse, dello sfruttamento della superficie, delle minacce alla biodiversità e alla sostenibilità, del supermento dei limiti massimi di carbonio nell’atmosfera (400 parti x milione) che costituisce un “punto di non ritorno” per cambiamenti climatici irreversibili.
La comunità scientifica è concorde nell’assegnare al mondo solo qualche decennio di sopravvivenza. Chi parla del 2050 chi del 2100, ma gli effetti sono già sotto gli occhi di tutti.
D’altra parte non esistono in Italia né altrove meccanismi di gestione collettiva dei beni e delle risorse, ma anzi i nostri governanti ( vedi l’ultimo referendum in Italia, e anche quello precedente) tendono ad accentrare presso di sé ogni decisione relativa al territorio, espropriandone le autorità locali, per potere avere poi mano libera.
L’Italia in particolare è messa male: nel 2015 il nostro giorno del “sovrasfruttamento”, calcolato in base alle risorse effettive dei nostri 301.000 chilometri quadrati di territorio e mari adiacenti, era già avvenuto in aprile. Ci siamo mangiati cioè tutti i nostri interessi naturali in poco più di tre mesi, e per il resto dell’anno intacchiamo il capitale del nostro futuro e importiamo energia e materie prime da altri Paesi più dotati
Non possiamo permetterci di continuare su questa pericolosa traiettoria. Le Nazioni Unite hanno appena aggiornato le proiezioni demografiche (fatte a prescindere da tutto il resto): saremo 9,5 miliardi di individui nel 2050. Se tutti continueremo a bruciare materiali fossili accelerando il riscaldamento globale, prelevare massicce frazioni di biomassa e restituire rifiuti non biodegradabili, avremo bisogno per fine secolo dell’equivalente di tre pianeti.
Appare a tutti evidente che ciò non sarà possibile.
Ora, tornando al problema dell’immigrazione, non si vede all’orizzonte una presa di coscienza della politica che sappia mettere sul tavolo una soluzione praticabile.
Per le destre europee e i loro fans (su Tv, social, giornali), presentando l’immigrato come un delinquente parassita che succhia le nostre sostanze e rivendica un livello di vita decente a nostre spese, il problema viene risolto auspicando muri e barriere, se non peggio, ignorando, o facendo finta di ignorare per meschini interessi di bottega elettorale il processo epocale in corso. Guardano alla punta dell’iceberg e non a quello che sta sotto.
I governi europei semplicemente subiscono gli eventi.
Manca un’autorità morale e/o politica di livello internazionale che sappia dare un indirizzo alle politiche del mondo, cioè risolvere il problema del cambiamento climatico e dell’esaurimento delle risorse ed eliminare i conflitti su questo pianeta in modo che ognuno possa provvedere a sé stesso come è stato per migliaia di anni.
O meglio, qualcuno c’è: è Papa Francesco che con l’enciclica “Laudato sì”, oltre a ricordarci l’insegnamento fondamentale di Gesù Cristo e cioè l’amore verso il prossimo, ci ha ricordato anche che l’amore verso la natura ed il nostro pianeta è parte di questo precetto e fondamentale per la salvezza del mondo intero. Ecco perché dubito che il mondo possa sopravvivere a se stesso nei prossimi decenni. Perché mancano entrambi.
Buone Feste.