I think tank economici ci azzeccano? Ossia i vari centri studi internazionali e nazionali quanto sono precisi nello stimare la crescita del PIL e dunque l’andamento dell’economia italiana? Esiste un rapporto direttamente proporzionale tra svalutazione e inflazione? Quanto è efficace la lotta alla disoccupazione giovanile sulla bocca di tutti?
“Ecchissenefrega se le previsioni economiche sono precise o no, la mia vita non cambia”, si risponderà alla prima domanda in occhiello. Balle. Sbagliare (sbagliare?) le previsioni di crescita del PIL significa influire pesantemente sul quotidiano dei cittadini. Significa avere o meno nuove tasse da pagare, significa avere o meno tagli allo scuolabus di nostro figlio o al sostegno al reddito dello zio che ha perso il lavoro, significa coltivare o distruggere consenso politico. Significa, in sintesi, incidere sulla qualità di vita delle persone. Un passaggio dal macro al micro che qualcuno aveva capito secoli fa (Marx, per fare un nome, con tutta la sua analisi dei rapporti economici) e che moltissimi oggi non comprendono (pur professandosi di fede politica sulla carta vicina a Marx).
Proviamo a fare un esercizio, mettendo in fila le previsioni sull’andamento del PIL di diversi attori del panorama politico ed economico. Il quadro è desolante (e devastante per i cittadini); ne avessero azzeccata una. Non solo, si fossero solo un po’ avvicinati al risultato finale di lì a pochi mesi.
Prendiamo ad esempio il Governo italiano. Tutti scienziati. I più “scienziati” sono quelli che hanno sbagliato di più. Quello che sembrava il più cialtrone è invece quello che è andato più vicino (si fa per dire) alla realtà.
In ogni caso, uno stillicidio di revisioni al ribasso sconfessando quanto detto e scritto nelle relazioni ufficiali appena 4-5 mesi prima. Provare per credere con una ricerca online (scrivere in un qualunque motore di ricerca: “stime pil governo”).
La domanda sorge spontanea: ci sono o ci fanno? Soprattutto quando si rileggono certe dichiarazioni (che avevamo riportato anche qui) dell’8 aprile 2014 da parte di Renzi Matteo, nato a Firenze l’11/01/1975 e momentaneamente domiciliato in Piazza Colonna 1 - Palazzo Chigi, Roma: “Questo è un documento molto serio e molto rigoroso. Credo che dobbiamo alla storia anche personale di Padoan il rispetto che si deve a previsioni che io ho definito rigorose, lui mi ha corretto con serie”. Esticazzi?
In passato ci siamo già occupati di una delle obiezioni più forti all’abbandono dell’euro: lasciare la moneta unica provocherebbe una svalutazione della nuova lira tale da generare una ondata inflattiva enorme, stile Argentina. A suo tempo avevamo dimostrato trattarsi di una cazzata ipergalattica. Ma ora ci sono anche eventi a noi vicinissimi a dimostrarlo. Avete notato che da Marzo 2014 ad oggi l’euro si è svalutato sul dollaro del 18% (sotto il grafico)? Coloro che avessero osservato una impennata dell’inflazione (nel medesimo periodo crollata a zero) o l’esplosione del prezzo della benzina sono pregati di chiamare Chi l’Ha Visto. Forse ora è più chiaro perchè associare svalutazione e inflazione in un rapporto 1 ad 1 è da emeriti cialtroni.
E ora parliamo di disoccupazione giovanile (ossia quella che tocca i 15-24enni). Il trend è il seguente (fonte Istat) e parla chiaro: una dolorosa crescita costante.
Fin qui nulla di nuovo. Ma facciamo un esercizio di memoria. Eravamo nel Febbraio del 2011 e il PD tuonava contro Berlusconi, reo di aver prodotto un tale livello di disoccupazione (29%). Poi il PD prima sostenne il governo Monti post Berlusconi e poi al governo ci andò con i suoi (Letta e Renzi). Vi sembra che la lotta alla disoccupazione giovanile ne abbia tratto giovamento? Ora siamo al 41,2%. Il puntino rosso è il momento del “tuono” del PD. In grigio quello che è successo poi. Se Berlusconi doveva dimettersi, Renzi ora su quale atollo dovrebbe auto esiliarsi?