Una riflessione su due manifestazioni recenti. Le “Giornate sulle disuguaglianze” di Bologna e “Forum Disuguaglianze e Diversità” della Fondazione Basso. Fra le voci, quella di Stiglitz «Non usciremo dalla depressione se non ci sarà una vera politica redistribuiva che passi anche attraverso la tassazione delle rendite»
Quando si parla di disuguaglianza si fa riferimento soprattutto alla disuguaglianza economica, in termini di ricchezze e di redditi.
Ma la disuguaglianza caratterizza diversi aspetti della convivenza umana. Per questo mi sembra utile riferire su due iniziative che hanno cercato di portare ulteriore luce sull’argomento.
La prima si è svolta tra ottobre e novembre del 2017 a Bologna, promossa dall’Istituto Cattaneo, ed è consistita in dieci “Giornate sulle disuguaglianze” articolate in un ciclo di incontri aperti al pubblico e in una conferenza scientifica internazionale, con oltre 70 contributi di studiosi e la partecipazione tra gli altri del premio Nobel Joseph E. Stiglitz e di Romano Prodi.
Il titolo dato alle Giornate è stato “Disuguali perché?”. E i perché sono stati articolati in: disuguali perché rifugiati; perché scomodi; perché seguaci di un altro Dio; perché stranieri; perché poveri; perché donne. Un particolare rilievo è stato dato al lavoro come strumento per combattere le disuguaglianze, e in questo ambito alla creazione di nuove imprese. Su quest’ultimo argomento sono intervenuti tra gli altri Fabrizio Barca e Susanna Camusso.
Stiglitz ha messo sotto accusa coloro che perseguono un liberismo senza freni, a cui addebita la nascita di grandi monopoli in ogni settore, che considera i motori delle disuguaglianze e dell’involuzione autoritaria. Ed ha affermato che «non usciremo dalla depressione se non ci sarà una vera politica redistribuiva che passi anche attraverso la tassazione delle rendite”. . Prodi ha sottolineato la difficoltà, ma la necessità di contrastare il clima politico e sociale di insicurezza, sfiducia e chiusura verso l’altro che è l’ultimo frutto avvelenato del liberismo. Ed ha accennato alla necessità di un organismo mondiale per la redistribuzione delle risorse, pur esprimendo il proprio pessimismo sulla possibilità di realizzarlo.
La seconda iniziativa consiste in un “Forum Disuguaglianze e Diversità”. promosso dalla Fondazione Lelio e Lisli Basso, a cui hanno aderito altre sette organizzazioni volontaristiche di notevole peso, tra cui ActionAid, Caritas Italiana, Cittadinanzattiva, Legambiente, e un gruppo consistente di ricercatori impegnati nello studio delle disuguaglianze e delle loro negative conseguenze sullo sviluppo. Ha anche degli sponsor, come la Fondazione Charlemagne e l’Enel.
Il Forum parte dalla constatazione della crescita apparentemente inarrestabile delle disuguaglianze, che alimenta la paura per il futuro e la rabbia degli esclusi. Ma contemporaneamente rileva l’esistenza di un impegno e una creatività diffusi in associazioni, istituzioni pubbliche e imprese che danno vita a numerosissime pratiche di contrasto alle disuguaglianze.
Occorre avere una visione lungimirante ma anche concretezza nell’agire, una convergenza tra ragione e sentimenti, conoscenze e iniziative.
Secondo i promotori, si è verificata negli ultimi decenni una inversione delle politiche pubbliche, una perdita di potere negoziale del lavoro e una involuzione del senso comune su ciò che accade e ciò che occorre fare. Tutto ciò ha generato una minore giustizia sociale, un minore sviluppo sostenibile e una dinamica politica in senso autoritario. Per contrastare questa deriva, occorre avere una visione lungimirante ma anche concretezza nell’agire, una convergenza tra ragione e sentimenti, conoscenze e iniziative. Questi criteri dovrebbero generare proposte di politiche pubbliche e azioni collettive sostenute da forti campagne di comunicazione.
Il Forum è stato presentato il 16 febbraio di quest’anno, dopo una lunga gestazione. Esso si propone obiettivi molto ambiziosi, anche a livello internazionale, ma contando nello steso tempo su una miriade di iniziative, anche piccole ma incisive. “Una goccia al giorno” è uno slogan del Forum, che esprime evidentemente la fiducia che con il tempo “gutta cavat lapidem”, le gocce dell’azione collettiva scavino la pietra delle resistenze al cambiamento..
L’esperimento è interessante per molti versi, perché:
- Collega l’azione alla ricerca, contrastando la prassi diffusa degli interventi occasionali, di breve respiro, demagogici, ispirati a una logica del fare non supportata da studi e riflessioni adeguati. E’ il “Conoscere per deliberare” della lezione di Luigi Einaudi.
- Unisce la battaglia contro le disuguaglianze con la difesa della diversità. L’uguaglianza dei diritti, delle condizioni di partenza, sanciti nell’articolo 3 della nostra Costituzione, non è in contraddizione con quelle che Amartya Sen definisce come «libertà sostanziali, ovvero le capacità di cui ciascuno dovrebbe disporre per vivere una vita cui dia, a buona ragione, valore».
- Coinvolge le tre strutture su cui si regge la convivenza umana: le istituzioni pubbliche, le organizzazioni volontaristiche, le imprese. Molte ideologie e comportamenti sono portatori di visioni conflittuali tra queste tre espressioni del vivere civile, di cui abbiamo un esempio attuale nell’attacco indiscriminato alle Organizzazioni non Governative (OnG) da parte di politici irresponsabili. Mi piace citare Bono, che nelle sue iniziative umanitarie in Africa cerca il dialogo con le istituzioni locali, per quanto carenti.
- Attribuisce importanza fondamentale alla partecipazione. Per sconfiggere le disuguaglianze e le povertà non basta aspettarsi l’adozione di politiche calate dall’alto. Occorre una mobilitazione diffusa, per la quale la comunicazione e i suoi strumenti giocano un ruolo decisivo
- Conta su un sistema reticolare, cioè sulla cooperazione di diversi protagonisti autonomi a tutti i livelli, potenziata dalla rivoluzione digitale, contro la persistente tendenza al gigantismo e alle strutture gerarchiche, governate dall’alto da pochi centri di potere.
Barca: le disuguaglianze non sono il prodotto di un destino cinico e baro, bensì di precise azioni politiche
In una intervista a Il Manifesto del maggio scorso Fabrizio Barca, che è tra i promotori più autorevoli del Forum, ne illustra lo spirito sostenendo che «le disuguaglianze non sono il prodotto di un destino cinico e baro, bensì di precise azioni politiche». E mentre da una parte sottolinea, tra le proposte del Forum, l’adozione in Italia del progetto che l’economista Antony B. Atkinson ha elaborato per ridurre le disuguaglianze in Gran Bretagna (che ho illustrato tempo fa su questa rivista), dall’altra dice: «Occorre ripartire dal basso, i luoghi devono essere reali… dove lavorano già organizzazioni straordinarie, che a differenza dei partiti raccolgono la fiducia dei cittadini e producono idee e soluzioni. Occorre attivare strategie d’area, di quartiere, comprensive, scuole, salute, lavoro, illuminazione la notte, sicurezza, piccoli esercizi commerciali cacciati dalla gentrification. E portare tutto ciò all’attenzione delle pubbliche autorità affinché i cambiamenti urbani non siano decisi né in un ufficio burocratico né in quelli di una corporation».
La domanda è ovvia: può essere in grado una politica basata su questi criteri di invertire progressivamente la tendenza alla disuguaglianze? Vengono in mente tre condizioni: che essa coinvolga una forte pluralità di paesi (specialmente per gli aspetti finanziari e fiscali); che si abbia la capacità di tradurla in percezione diffusa e consenso tramite la comunicazione; che si riesca a creare una coalizione di forze politiche, economiche e sociali abbastanza potenti da riuscire a prevalere sulle inerzie e gl’interessi dominanti.
Alle condizioni sopra elencate occorre a mio parere aggiungerne un’altra, come insegna la storia: la leadership. Purtroppo è il disagio sociale che ha generato i suoi leader, populisti e autoritari. Le forze politiche che dovrebbero prospettare un futuro migliore, una “utopia realistica” come auspicata da Rutger Bregman, ancora no.