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Caterina Soffici alla Festa del Libro di Lissone presenta il suo libro "Ma le donne no"

Un libro di storie, di fatti, di volti e voci che solo con un piccolo sforzo di fantasia riusciamo a materializzare davanti ai nostri occhi grazie alla bella e precisa scrittura di Caterina Soffici, giornalista e autrice di “Ma le donne no”, presentato alla Festa del Libro di Lissone, sotto una tensostruttura che mercoledì 16 giugno ha tenacemente resistito, silenziosa, alla violenza di un temporale estivo.

Di violenza non si parla nel libro, ha spiegato l'autrice: “Viene solo sfiorata. Una problematica troppo ampia da trattare, come quella dell’influenza della Chiesa nel definire il ruolo della donna nella società: ci vorrebbe un intero volume. Ho preferito dare spazio ad altri temi, come la discriminazione sul lavoro e la sessualizzazione del corpo, senza trascurare le storie di successo: serve leggerle, soprattutto alle tante donne che, purtroppo, in Italia hanno smesso di crederci”.

Esempi di donne di successo? “Non è esattamente di successo che parlo nel libro, ma della libertà di scegliere cosa e come essere. Le donne che lavorano vivono con un perenne senso di colpa: a casa dovrebbero essere al lavoro e al lavoro dovrebbero essere a casa. L’obiettivo è conciliare queste due dimensioni evitando di indossare il gessato dell’uomo che ci spoglia delle nostre vere identità”.

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"Colpa della società di oggi", spesso si sente dire, e come negarlo guardando il caso citato da Caterina, delle 350 ragazze rese disponibili ad un costruttore per un appalto? (personalmente aggiungo quello del Giappone che ha corrotto con escort i piccoli paesi per un “sì” alla pesca alla balena). “Anche le relazioni oggi sono dominate da leggi di mercato e la donna è una delle monete di scambio: una peculiarità italiana - ha assicurato - negli altri paesi non è così, a partire dalla legge sulle quote rosa che io appoggio: non la trovo mortificante come provvedimento, e all’estero viene così garantita l’alternanza in politica di uomini e donne, da noi neanche a parlarne, anzi, non esiste la meritocrazia neanche tra uomini”.

“Ma le donne no” è un libro sociale, come ha spiegato l’autrice stessa che non ha ancora smesso di chiedersi “perché è stato possibile che accadesse tutto ciò? E perché nessuno reagisce? Non parlo solo alle donne, la condizione femminile, infatti, non è che la cartina tornasole della qualità di vita di un paese e, secondo le classifiche l’Italia si trova al 73° posto su 130. Questo dato dovrebbe preoccupare tutti. Manca l’idea di poter raggiungere un sogno, manca la forza di immaginarsi una realtà diversa senza vederla come utopia”.

“Mi ha dato molte soddisfazioni questo libro nato da ritagli di giornale accumulati in anni e anni di lavoro e di vita: ricevo molte mail, lettere e telefonate di lettrici di tutta Italia, la maggior parte si dice stupita e ignara dei fatti narrati, ma poi vi si riconosce. C’è poca consapevolezza”.

Per ora il libro sta vendendo parecchio, ma, bando agli incassi e alla fama, “primo successo fra tutti è stato il  congedo di paternità a cui dedico qualche pagina, infatti, sia Pd sia Pdl hanno presentato una proposta di legge poco dopo l’uscita del mio libro, si parla di 4 giorni per i papà, ma sono un forte segnale che mi fa ben sperare”.