UN GIOCO DELL’OCA SPASSOSO E INTERATTIVO

SUL PALCO DEL BINARIO 7 DI MONZA

Sabato 21 e domenica 22 marzo, il giovane collettivo Generazione Disagio

in scena con Dopodiché stasera mi butto

Monza, 13 marzo 2015. Dopo una lunga tournée, arriva a Monza, sabato 21 e domenica 22 marzo, il divertente e irriverente Dopodiché stasera mi butto, vincitore nel concorso Giovani Realtà del Teatro 2013, diventato in pochissimo tempo un fenomeno teatrale di rilevanza nazionale.

Dopodiché stasera mi butto, una drammaturgia scritta a più mani che racconta una generazione di precari, è il primo lavoro del neonato collettivo Generazione Disagio - è proprio così che si autodefiniscono, non una compagnia teatrale fissa, bensì un luogo di incontro di diversi artisti.

Lo spettacolo è un cinico e spassoso gioco dell'oca che mira all'annullamento. Le tematiche di disagio generazionale, crisi e voglia di cambiamento vengono affrontate in chiave ironica e paradossale: invece di risolvere i problemi o lottare per un mondo migliore, il pubblico viene invitato a scaricare tutti i suoi problemi su un attore che è un giocatore-pedina e che si contenderà con gli altri la possibilità di arrivare per primo alla casella finale, quella del suicidio. Attraverso il gioco, fatto di prove e imprevisti vari, i personaggi si muoveranno come pedine, grazie all’aiuto del pubblico in sala.

PRESENTAZIONE

Sappiamo chi sei. Tu sei un disagiato. Lo sai tu e lo sappiamo anche noi. Sappiamo quante energie sprechi per non farlo vedere. Fratello disagiato, basta: il disagio non è un ostacolo sulla strada, il disagio è la strada. Non cercare di cambiare te stesso. Non cercare di apparire migliore. Accettati come sei: pigro, inetto, inconcludente, dispersivo, vile. Noi ti vogliamo bene così. Non preoccuparti: elimineremo assieme ogni senso di colpa, ogni residuo di frustrazione. Noi siamo qui per aiutarti. Siamo portatori di un messaggio universale che si esprime attraverso la pratica delle tre d: Distrazione, Disinteresse, Disaffezione. Stringi la mano che ti porgiamo. Il futuro è nostro. Grandi giorni di festa si avvicinano. Noi siamo la Generazione Disagio. E ce ne sbattiamo il cazzo.

Non resta dunque che andare a teatro per rispondere a questa esortazione: «Gioca anche tu a Dopodiché!».

IL MANIFESTO DI GENERAZIONE DISAGIO

GD è un contenitore da cui partono molti progetti artistici. Si prefigge di essere aperto e sociale, popolare e inclusivo. Il minimo comune denominatore di GD è l'appartenenza a una generazione di mezzo, che non è rappresentata. GD è un nuovo collettivo, una identità allargata, una classe sociale nell'era dell'annullamento delle classi sociali. A partire da una condizione comune: l'avere fatto del disagio la nostra condizione abituale. GD vuole creare prodotti artistici e poetici che parlino della nostra generazione, dei nostri sogni, della nostra condizione e della nostra volontà e mira a prendere la parola con diversi progetti in più spazi diversi contemporaneamente: teatri, spazi urbani, stazioni delle metro, bar, centri sociali.

L'evento artistico non è il solo modo di agire del collettivo, che mira anche ad interrogarsi su questioni di politica sociale. Uomini e donne, artisti in vari campi, con il sogno di un'Italia migliore. Ecco chi è GD. E' una voce che gratta l'orecchio di chi la sente e pone domande, problemi ma propone anche soluzioni. GD parla con la gente e porta la sua arte sui muri dei luoghi dove va. Entra nei bar, beve un bicchiere assieme al suo pubblico, racconta una storia e alla fine di uno spettacolo teatrale offre una fetta di torta o un bicchiere di vino a chi è venuto ad ascoltare una storia. GD è una mamma che ci accetta tutti per quello che siamo, e cerca di far andare bene avanti la famiglia. GD mira a togliere la barriera che divide l'arte dalla vita. È arte che parla della vita.

«Siamo una generazione precaria, mutevole e senza un'etichetta giusta. Non siamo catalogabili. Ci rappresentiamo perché non ci rappresentano. Viviamo un mondo che non contempla ancora il nostro modo di vivere e la nuova società. Viviamo il disagio di essere una generazione di mezzo, non più figli ma non ancora padri. Siamo gli eterni giovani, non più abbastanza giovani da godere degli sconti su trasporti, musei e cinema, ma ancora troppo giovani per essere presi sul serio. Non abbiamo più la paghetta ma non ci danno ancora lo stipendio. Siamo una generazione i cui amici d'infanzia vivono sparsi per l'Europa e per il mondo, alla ricerca di un posto che ci accetti. Siamo quelli che per votare dobbiamo tornare al luogo di nascita, alla residenza fiscale, da mamma e papà. Come nel medioevo torniamo al castello per il censimento, per esprimere con una x su un foglio di carta un parere del quale non importa a nessuno. Vogliamo andarcene via, cercare la nostra America, ma a scuola non ci hanno insegnato l’inglese, e poi siamo affezionati all’italiano. Siamo la generazione che vive in grandi città metropolitane con affitti alle stelle e speculazione edilizia sfrenata, contemporaneamente però nelle nostre città vediamo palazzine abbandonate, solitudine e mancanza di spazi di aggregazione. Siamo la generazione che risparmia sulla spesa per permettersi una birra il sabato sera. Coabitiamo, conviviamo, ci spostiamo, siamo diversamente orientati sessualmente, usiamo il pc. I valori con cui ci hanno cresciuto però sono il matrimonio, il posto fisso e la stanzialità. Conosciamo e rispettiamo i centri sociali, i luoghi occupati e autogestiti e i circoli arci: sono gli unici che ci possiamo permettere come prezzi. Ci dispiace che vengano bollati come luoghi di aggregazione criminale e sediziosa. Spesso vengono chiusi e sgomberati e ci vediamo togliere l'unico luogo in cui potevamo fare sport a prezzi abbordabili, potevamo provare a parlare di politica e sognare spazi a misura d'uomo in una città dove non ci sono più piazze, panchine, e non ci sono più gabinetti pubblici e per pisciare devi per forza comprare un caffè, e allora pisci per strada. Siamo quelli che non vedono via d'uscita, o se la vedono sono troppo lenti o pigri per imboccarla. Così abbiamo deciso. Facciamo il salto. Siamo qui per farla finita. Accettare di vivere sarebbe accettare le condizioni. Chiuderemo con questo mondo. Non staremo alle condizioni e non ci consegneremo prigionieri. Sull'orlo del burrone, prima di buttarci, senza più niente da perdere, abbiamo capito la libertà. Abbiamo accettato il rischio della morte e ne abbiamo fatto il nostro punto di forza. Quando abbiamo accettato la morte, abbiamo scelto di vivere».

TEATRO BINARIO 7

DOPODICHÉ STASERA MI BUTTO

 scritto e interpretato da

Enrico Pittaluga

Graziano Sirressi

Alessandro Bruni Ocaña

Luca Mammoli

regia

Riccardo Pippa

scene e costumi

Margherita Baldoni

tecnica

Federico Visconti

disegni Duccio Mantellassi

Niccolò Masini

produzione

Generazione Disagio e ProximaRes

 

Record di incassi e presenze di pubblico al TORINO FRINGE FESTIVAL 2014

Spettacolo vincitore del concorso GIOVANI REALTÀ DEL TEATRO 2013

Menzione speciale della giuria al premio SCINTILLE 2013 di Asti Teatro 35

Menzione speciale della giuria al premio nazionale INTRANSITO – Teatro Akropolis 2013

 

Date spettacolo:

sabato 21 marzo, ore 21.00

domenica 22 marzo, ore 16.00 e ore 21.00

Biglietti:

intero € 18| ridotto € 15 (CartaPiù Feltrinelli)| ridotto € 12 (under25, over65, abbonati altre stagioni e convenzionati)| in abbonamento per gli allievi de La Scuola Delle Arti| under18 € 6

Per info e prenotazioni:

Teatro Binario 7

via Filippo Turati 8, Monza

tel. 039 2027002 | biglietteria@tetrobinario7.it

www.teatrobinario7.it