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Chiara Ballabio e Zeno Celotto, storico attivista ambientalista fin dagli anni ‘80, hanno presentato il loro secondo libro su Seregno

 

Al margine della presentazione, svoltasi sabato 2 dicembre presso la sala Monsignor Gandini, abbiano intervistato gli autori di “Corti e contrade. Il borgo di Seregno dal XVI al XX secolo”, edito dal circolo culturale “Seregn de la memoria” nella collana “Pomm Granàa”, con la collaborazione di Maurizio Esni per le fotografie e Gianni Corrado per la grafica. Questo lavoro, che va alla riscoperta di quanto ancora resta del passato nel tessuto cittadino, dopo l'industrializzazione e l'urbanizzazione massiccia degli anni '60, rappresenta la continuità al precedente libro, sempre degli stessi autori, di cui avevamo pubblicato qui, nella rivista Vorrei, un servizio di Carmela Tandurella.

 

Hanno presenziato all'iniziativa il presidente del circolo culturale e il commissario prefettizio Antonio Cananà, insediato dal ministero degli interni dopo l'arresto del sindaco per sospetti di corruzione e legami con la ‘ndrangheta e le conseguenti dimissioni dei consiglieri comunali. Nella sala civica erano presenti anche diverse persone provenienti dai comuni limitrofi che condividono con i seregnesi, oltre alla conurbazione e alla saturazione quasi totale del territorio che di fatto li hanno saldati in un’unica grande città, l'interesse a reagire e a ricercare forme utili a salvaguardare quanto resta del patrimonio ambientale, anche riscoprendo il passato storico, la cultura e le tradizioni locali.

 

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 Carmela Tandurella, autrice su Vorrei del servizio per il primo libro di Chiara Ballabio e Zeno Celotto - Foto di Pino Timpani

 

 

Chiara Ballabio e Zeno Celotto

 

Come nasce questo libro?
Zeno Celotto: l'idea di questo libro arriva dal circolo culturale “Seregn de la memoria”. Si può dire che è una continuazione del precedente libro sulle cascine, in cui abbiamo trattato delle periferie agricole e ha avuto un buon riscontro in città, anche perché sul tema non vi erano stati precedenti studi specifici. Ci hanno proposto di realizzare un altro libro, questa volta sul tema dei cortili nel centro storico, usando la stessa metodologia. Prima di accettare la proposta, abbiano riflettuto per qualche tempo, perché sul tema del centro esistono già diverse pubblicazioni e non volevamo incorrere nel rischio di ripetere cose già scritte da altri. Infine abbiamo deciso di accettare e ci abbiamo lavorato per un anno e mezzo.

Cosa avete scoperto nella lunga ricerca?
Chiara Ballabio: siamo andati a esplorare diverse fonti, cominciando a cercare nell'archivio capitolare Ballerini della Basilica di S. Giuseppe. E' stato utile anche l'archivio comunale, il cui inventario è consultabile on-line. Così abbiamo raccolto molto materiale e successivamente abbiamo pensato a come organizzarlo. Approfondendo i documenti storici, ci siamo anche accorti di alcune inesattezze riportate in pubblicazioni precedenti.

Forse perché non avevano avuto tempo per approfondire adeguatamente?
Chiara Ballabio: non avevano tempo o non sapevano bene dove andare a cercare, non saprei dire. Diciamo che attualmente le ricerche sono più facili da svolgere, avendo a disposizione gli strumenti di internet o, ad esempio, l'organizzazione digitalizzata del sistema bibliotecario, che ci ha permesso più facilmente di individuare i testi utili e poterli anche prendere in prestito per studiarli.
Zeno Celotto: diciamo anche che nei precedenti libri di storia locale sono state reiterate alcune congetture che poi, a furia di essere ripetute da altri, sono diventate verità. Questo lavoro più meticoloso ci ha premesso di correggerne alcune.

 

 i danni principali sono stati perpetrati negli anni '60, quando esistevamo meno norme di tutela e, nell'accezione più popolare, i vecchi edifici venivano accostati all'idea di povertà

Quanti edifici storici seregnesi si sono salvati nel passaggio dell'industrializzazione e dall'urbanizzazione degli anni '60-70?
Chiara Ballabio: dipende da cosa si intende per salvati, nel senso che ci sono diversi edifici, che forse costituiscono metà del centro, che si possono considerare storici, ma spesso le ristrutturazioni che hanno subito li hanno resi irriconoscibili e ben diversi dall'aspetto che avevano originariamente. Un esempio lo si vede nello scorcio tra Via Umberto I e Piazza Biella: qui sono state eseguite ristrutturazioni con uno stile che tende a soddisfare di più il gusto corrente, in modo scarsamente fedele e conservativo. Tuttavia i danni principali sono stati perpetrati negli anni '60, quando esistevamo meno norme di tutela e, nell'accezione più popolare, i vecchi edifici venivano accostati all'idea di povertà. Non essendo riconosciuto il loro valore di testimonianza storica, si potevano tranquillamente demolire.
Zeno Celotto: comunque, qualche ristrutturazione accettabile c'è stata, anche se poi si limita a ospitare spesso residenze di lusso. Ma di edifici storici, intesi come manufatti di pregio, di fatto oggi ne esistono ben pochi. Leggendo i documenti e le relazioni degli uffici tecnici, si capisce che Seregno era povera, con molti edifici degradati e si intuisce quanto era diffusa la tendenza a nascondere, a esorcizzare la percezione e le sembianze della povertà: ci si vergognava del contesto da cui si proveniva e uno dei modi per sbarazzarsene era la tendenza a demolire le “case vecchie”.
Chiara Ballabio: vanno aggiunte altre considerazioni che giustificavano in parte questa idea diffusa: una è costituita dai limiti funzionali degli edifici di allora: tra i più eclatanti erano le condizioni disastrate dei servizi igienici.

 

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Curt del Zelantu, Pomirolo - 1934

 

Questa mentalità è ora cambiata nella popolazione?
Chiara Ballabio: non so dire quanto sia modificata la mentalità nei seregnesi. Sicuramente c'è più sensibilità in buona parte della popolazione. Però quel modo di pensare persiste, quando ancora alcune persone ritengono inutile conservare e rispettare ciò che considerano “vecchiume”. Magari possono accettare la conservazione di un edifico di pregio, ma per il resto hanno scarso interesse.

Quali sono gli edifici di pregio a Seregno?
Chiara Ballabio: tralasciando le chiese, c'è ad esempio Palazzo Castelli, ristrutturato recentemente. Forse l'edifico di maggior pregio è la villa di Piazza Italia.
Zeno Celotto: attualmente si chiama Villa Silva, più conosciuta come Villa Odescalchi.
Chiara Ballabio: in realtà nelle nostre ricerche abbiamo scoperto che gli Odescalchi non hanno avuto nulla a che fare con questa villa, ma è stata proprietà per una sessantina di anni dei Parravicini, che era un'altra ricca famiglia di origine comasca e amica degli Odescalchi. La villa venne lasciata in beneficenza da uno degli eredi all'Ospedale Maggiore di Milano e subito dopo rivenduta e acquistata dal notaio seregnese Gianbattista Formenti, per poi essere venduta da un erede di Formenti ai Silva, che sono gli attuali proprietari. Purtroppo non siamo riusciti a risalire alla origini di questa villa, di cui si ipotizza la costruzione tra il '500 e il '600. Non abbiamo neppure avuto la possibilità di visitarla all'interno. Sappiamo solo che c'è un salone di pregio.
Zeno Celotto: purtroppo non siamo riusciti a visitare e fotografare non solo questo, ma anche alcuni altri edifici signorili. Presumiamo che ci sia un qualche timore da parte dei proprietari a far visitare le loro ville, dove peraltro risiedono attualmente. Diversamente abbiamo avuto la possibilità di entrare in altri edifici, anch'essi privati, in Brianza, dove abbiamo conosciuto proprietari orgogliosi di lasciar visitare la propria abitazione.

A Seregno sono ritrosi?
Zeno Celotto: chiamiamola ritrosìa o se vogliamo una forma di timore per la propria sicurezza che peraltro potrebbe giustificarsi

 

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Chiara Ballabio e Zeno Celotto alla presentazione del loro libro - Foto di Pino Timpani

 

Quali altre inesattezze, dovute a congetture del passato, avete riscontrato?
Zeno Celotto: una riguarda la sede storica del comune. Viene chiamata Palazzo Landriani-Caponaghi, facendo intendere che fosse la residenza di queste nobili famiglie. In realtà sull’area della sede storica del comune esisteva una casa colonica di contadini, di proprietà dei Caponaghi e prima ancora dei Landriani. Quando si pensò di costruire il nuovo palazzo comunale sull'area antistante, fu raggiunto un accordo tra il comune e la proprietà: il comune acquistò tutta l'area e l'edificio venne completamente demolito per far spazio al nuovo palazzo.

Questa notizia è inedita a Seregno?
Chiara Ballabio: no, era già stata divulgata. Ma il tutto è passato sotto silenzio e ha prevalso la narrazione ufficiale, che attribuisce da quarant'anni al palazzo, in modo improprio, il nome di Palazzo Landriani-Caponaghi. Probabilmente perché è ritenuto prestigioso. Giuseppe Colombo lo aveva scritto in “Seregno. L’immagine della città storica” (1992), dove spiega che l'edifico è stato costruito ex-novo.

Zeno Celotto: fa sorridere, in questa che è un’evidente forzatura, il fatto che effettivamente a Seregno esiste il Palazzo Landriani, quello vero: è lì nella stessa piazza, difronte al palazzo comunale, ma è la residenza del prevosto. Il nostro libro però, per impostazione voluta, non si occupa tanto degli edifici dei nobili, si occupa di più del complesso storico, delle corti e delle abitazioni del popolo.

 

non è un libro di architettura. Abbiamo provato a ripercorrere a ritroso la città, a studiarne i suoi cambiamenti nel divenire storico

Si tratta di una ricostruzione legata alla storia seregnese, più che di una trattazione architettonica?
Zeno Celotto: non è un libro di architettura. Abbiamo provato a ripercorrere a ritroso la città, a studiarne i suoi cambiamenti nel divenire storico: ci siamo soffermati ad indagare, per esempio ricostruendo i passaggi di proprietà, come era la città e come nel tempo è cambiata. Abbiamo cercato anche di dare un'idea della vita che si conduceva a Seregno, riportando vicende e racconti, quando siamo riusciti a trovarli, andando a spulciare nell’archivio di Stato di Milano, in quello dell'Ospedale Maggiore, nell'archivio comunale, trovando cause e controversie che riproducono interessanti spaccati di vita quotidiana. Una è la vicenda della battitura del grano, di cui abbiamo parlato durante la presentazione del libro.
Chiara Ballabio: un'altra vicenda, che avremmo voluto proporre, ma poi abbiamo rinunciato, perché si sarebbe dilungata troppo la serata, tratta di una processione svoltasi nella zona dei Vignoli. La processione a un certo punto aveva attraversato una corte di proprietà dell'Ospedale Maggiore. I referenti locali della proprietà avevano scritto una lettera all'amministrazione dell'ospedale, denunciando, in questo passaggio ritenuto abusivo, una sorta di attentato ai diritti di proprietà. Ne era derivato un giro di carteggio con le autorità locali ed ecclesiastiche per risolvere la controversia. Infine il parroco chiarì l'equivoco e calmò gli animi, giustificando quel passaggio, dovuto non a mancanza di rispetto per i diritti di proprietà, ma per evitare di fare incontrare fortuitamente gli “uomini con le donne”, considerato all'epoca un grave scandalo.
Zeno Celotto: questo episodio, che all'inizio appariva banale e ad ogni passaggio epistolare e di livello si ingigantiva sempre di più, per poi sgonfiarsi, ci ha interessato e incuriosito: ad esempio facendo riferimento alle strade gelate di novembre, ci dona un elemento per capire come era diverso il clima in quell'epoca; poi c'è da notare la fortissima attenzione al senso della proprietà.
Chiara Ballabio: c'è anche lo scandalo di un possibile incontro tra uomini e donne, che è un indicatore del costume dell'epoca.

Sempre durante la presentazione del libro, ho notato che la lettura di un brano scritto in dialetto seregnese, ha riscosso un certo piacere nel pubblico presente un sala. L'espressione in dialetto è ancora apprezzata?
Zeno Celotto: nel libro c'è anche la traduzione in italiano. Il dialetto è ancora apprezzato, ma si è andato perdendo negli ultimi decenni. Così come le definizioni dei luoghi e delle vie: pur cambiando nel tempo la toponomastica, nel linguaggio comune del dialetto restavano uguali. Ora la denominazione dialettale è rimasta al Pomirolo, un quartiere del centro di Seregno e a pochi altri luoghi, come il rione dove siamo in questo momento che si chiama Vignoli. 

Perché l'ospedale Maggiore di Milano possedeva a Seregno così tanta proprietà di beni?
Chiara Ballabio: c'è stato un lascito importante di Parravicini, che abbiamo citato prima. Nel 1717 Parravicini ha voluto scrivere un testamento dove lasciava la sua consistente proprietà di case e terreni, posseduta non solo a Seregno ma anche altrove, ad un nipote ed ai suoi discendenti, ma solo a condizione che fossero maschi, condizione peraltro frequente nei testamenti dell'epoca. Passata l’eredità al nipote che pure derivava da un ramo femminile essendo figlio di una sorella, avendo quest'ultimo solo figlie femmine, nel 1763 la proprietà fu rivendicata e ottenuta dall'ospedale, come era previsto in questo caso dal testamento.
Zeno Celotto: Parravicini era il banchiere del papa Innocenzo XI. Le famiglie Parravicini e Odescalchi erano molto amiche. Possedevano circa la stessa quantità di beni a Seregno, dove raggiungevano ciascuna circa il 10% del territorio comunale.

Quindi il 20% del territorio seregnese era di proprietà di due famiglie?
Chiara Ballabio: sì, all'inizio del '700.
Zeno Celotto: però frequentavano Seregno soltanto per riscuotere, per verificare e relazionarsi con i fattori a cui affidavano i terreni.

 

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Presentazione di corti e contrade del borgo di Seregno - Foto di Pino Timpani

 

la nostra finalità è tentare di preservare la memoria storica, costituita dagli edifici antichi e con questa aiutare a salvaguardare l'ambiente circostante

Secondo voi, cosa bisognerebbe fare per valorizzare e recuperare ulteriormente la memoria e la conoscenza storica della città e del suo territorio?
Zeno Celotto: devo precisare un antefatto, precedente alla pubblicazione dei due libri: tutto il percorso di ricerca è partito dalle osservazione al Pgt di Seregno che avevamo presentato come associazioni ambientaliste. Da molti anni faccio parte del Wwf e del Comitato per l'ampliamento del Parco Brianza Centrale. Una di queste osservazioni riguardava una cascina, la cascina Donetta che si trova in periferia in un ambito quasi completamente urbanizzato. Intorno a questa cascina era rimasta un'area residuale non ancora edificata. Il Pgt prevedeva di edificare anche quest'area, mentre noi al contrario abbiamo presentato un osservazione per mantenerla libera, sostenendo che un edificio storico può essere valorizzato anche dall'integrità del contesto in cui si trova.
Chiara Ballabio: l'osservazione è stata respinta. Non ci siamo demoralizzati e abbiamo iniziato un lavoro di ricerca storica su questa e altre cascine ancora esistenti. Ci siamo appassionati fino al punto di accumulare così tanto materiale e informazioni storiche da poter scrivere un libro, il primo, sul tema delle cascine.
Zeno Celotto: la nostra finalità è tentare di preservare la memoria storica, costituita dagli edifici antichi e con questa aiutare a salvaguardare l'ambiente circostante. Le due cose si legano. Cosa si può fare? Intanto iniziare a tracciare linee di memoria: un fattore che aiuta a preservare le cascine e le curt è conoscerle. Questi libri contribuiscono alla finalità, facendo conoscere e sensibilizzando la popolazione sui rischi di perdere questi preziosi beni utili alla nostra identità, ma anche all'ambiente.
Chiara Ballabio: questo lavoro può aiutare a far prendere coscienza: un edifico non è solo un manufatto inerte, in cui vedere un esclusivo interesse materiale e contingente, ma ha anche una sua valenza storica, culturale, affettiva e ambientale nel contesto in cui si trova.
Zeno Celotto: qualcosa comunque comincia a maturare: durante la stesura del secondo libro, abbiamo presentato un’osservazione a un Piano Attuativo, dove era stato progettato l'innalzamento di un metro a un edifico: avrebbe occultato la prospettiva visuale della torretta di Villa Formenti. In questo caso, essendo nel centro, l'attinenza, più che con l'ambiente, è con il paesaggio. L'osservazione è stata accolta: l'Assessore Barbara Milani ci ha chiesto cortesemente un incontro e qui abbiamo potuto spiegare in modo esauriente le nostre motivazioni, trovando, questo è importante dirlo, una buona sensibilità dell'interlocutore sul problema. Si tratta dell'assessore leghista che si è dimessa, in contrasto con il resto dell'amministrazione comunale, qualche tempo prima dell'avvio del procedimento giudiziario contro il sindaco.  

 

 

Galleria fotografica:

Cortile di Palazzo Castelli - Foto Esni, 2017
Cortile di via Umberto I - Foto Esni, 2017
Cortile in via Martino Bassi, Vignoli - Foto Esni, 2017
Cortile in via Quarto dei Mille in zona via Garibaldi - Foto Esni, 2017
Cortile in via Santino de Nova, Vignoli - Foto esni, 2017
Curt del Zelantu, Pomirolo - 1934
Curt in Via Leonardo da Vinci, Pomirolo - 1934
Il Palazzo Municipale - Foto Esni, 2017
Il vero Palazzo Landriani in piazza Martiri della Libertà - Foto Esni, 2017
La torretta di Villa Formenti vista da via Martino Bassi - Foto Esni, 2017
Piazza Vittorio Veneto vista dal portone di una vecchia curt - Foto Esni, 2017
Villa Parravicini, poi Formenti, ora Silva - Foto Esni, 2017

 

 Il blog del Comitato per l'ampliamento del Parco Brianza Centrale

Gli autori di Vorrei
Pino Timpani

"Scrivere non ha niente a che vedere con significare, ma con misurare territori, cartografare contrade a venire." (Gilles Deleuze & Felix Guattari: Rizoma, Mille piani - 1980)
Pur essendo nato in Calabria, fui trapiantato a Monza nel 1968 e qui brianzolato nel corso di molti anni. Sono impegnato in politica e nell'associazionismo ambientalista brianzolo, presidente dell'Associazione per i Parchi del Vimercatese e dell' Associazione Culturale Vorrei. Ho lavorato dal 1979 fino al 2014 alla Delchi di Villasanta, industria manifatturiera fondata nel 1908 e acquistata dalla multinazionale Carrier nel 1984 (Orwell qui non c'entra nulla). Nell'adolescenza, in gioventù e poi nell'età adulta, sono stato appassionato cultore della letteratura di Italo Calvino e di James Ballard.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.