Di fronte alla violenza cupa e senza speranza non è più sufficiente la pletora di “Giornate” riversate per par condicio dall’ipocrisia politica di questa o quella fazione, non servono le visite ai campi della Shoah trasformate in gite scolastiche (o viceversa), né le commemorazioni rituali. Serve invece interrogarsi senza reticenze sulla costruzione delle nostre identità fragili, chiedersi come siamo giunti fin qui, che cosa significa oggi essere italiani, europei, cristiani, musulmani, ebrei...