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1. Introduzione. Il Palazzo Zombie.

La copertura sulla dismessa caserma di Piazza S. Paolo a Monza è stata rimossa. Il restauro ha reso la facciata degna del contesto, il centro città. Ma dietro le finestre sono stati posti dei pannelli che le fanno apparire come occhiaie vuote.
La sgradevolezza del contrasto fa ricordare con amarezza che questo stabile avrebbe dovuto ospitare la biblioteca centrale di Monza, un luogo di cultura e di confluenza dei cittadini, di grande valore identitario e sociale. Mi viene sempre in mente il modello della biblioteca centrale di Bologna, in Piazza Grande, ricavata nel palazzo che una volta ospitava una borsa valori, e che oggi è diventato un frequentatissimo spazio di incontro, di sosta, di meditazione e di lettura.
Ora l’ex Caserma S. Paolo di Monza è destinata ad archivio del Tribunale. Uno zombie architettonico.
Questa storia purtroppo non è nuova nella nostra ricca e smemorata città. Una storia autolesionista ed esposta a colpi di mano estranei che la offendono sistematicamente.
Forse è una storia molto antica, millenaria, nel qual caso però segnerebbe un punto a favore di Monza, che nonostante tutto conserva ancora una sua autonomia, diversità e bellezza. Mi limiterò a considerare solo gli ultimi decenni.

 

2. Il PRG di Leonardo Benevolo.

Giorgio Majoli ha ricordato recentemente la vicenda del PRG che fu affidato negli anni novanta del secolo scorso ad uno dei maggiori urbanisti italiani, ora scomparso: Leonardo Benevolo.
Quel piano proiettava la città nel futuro sulla base del suo passato: un recupero del suo centro storico, in particolare dell’antico Pratum Magnum; un “Parco di Cintura”, destinato a conservare e creare non solo un contesto ambientale sano e bello ma anche a salvare la città dal rischio sempre incombente di diventare un’appendice anonima della megalopoli milanese; un restauro del Parco Reale secondo il disegno “Imperial Regio” del suo creatore, Luigi Canonica; una sede universitaria nel vecchio ospedale S. Gerardo; la ricongiunzione dell’I.R. Villa e Parco alla città di Monza, grazie all’interramento della Via Boccaccio che ancora attualmente li separa.
Il Piano fu adottato nel 1997, in un contesto culturale favorevole, ma suscitò una violenta opposizione da parte dei costruttori. I talebani del mattone e della rendita, distruttori del passato e del futuro, riuscirono ad affossarlo.

 

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Il Vialone Reale chiuso dall'ex-Auchan

 

3. Il palazzo ex-Auchan.

Com’è noto il lungo, splendido e unico Viale Cesare Battisti (già Vialone Reale), che porta alla Villa Reale di Monza, e il Piazzale Virgilio (meglio noto come “Rondò dei Pini”) che lo conclude sono tutelati dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali e Ambientali. Ma tutto l’intorno, oltre i cento metri, è sotto la pressione dei neotalebani, per l’evidente valore potenziale in termini di rendita edilizia.
Oltre il Piazzale, lungo il Canale Villoresi, c’era una vasta area verde, importante non solo per se stessa, ma anche per la continuità del Parco di Cintura e per la prospettiva paesaggistica della Villa Reale. Ma purtroppo era fuori dalla zona tutelata. La proprietà presentò un progetto per la costruzione di un grande insediamento, destinato ad un albergo e a un supermercato. La proposta suscitò un movimento di opposizione promosso da Giampietro Mosca, un esponente della destra monzese che tuttavia attrasse seguaci di ogni parte politica.
Anche in questo caso gli interessi speculativi ebbero la meglio sull’interesse generale e sull’identità della città. Oggi, oltre alla distruzione del parco, sostituito da frazioni di verde poco invitanti, confinate dalle vie di accesso al complesso edilizio e alla Via Valassina, la costruzione chiude con un muro di cemento la prospettiva del Vialone Reale. Quanto al supermercato, è passato ripetutamente di proprietà, data la sua infelice posizione. Una conferma del principio urbanistico secondo cui una struttura, anche in sé bella e utile, se collocata in un contesto inadatto è sbagliata.
Si narra che l’amministrazione di sinistra guidata da MicheleFaglia, al potere tra le due di destra di Colombo e Mariani, abbia tentato di concordare una riduzione dell’altezza dell’edificio, ma senza successo: l’intervento sarebbe costato alcuni milioni di euro all’amministrazione comunale. Questa cifra può essere considerata una stima del danno economico arrecato a Monza, senza contare quello ambientale, dai responsabili dell’operazione: tanto per non fare nomi, i sindaci Marco Mariani e Roberto Colombo.

 

 

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Le Cave Rocca nel PGT 2007

 

4. Le Cave Rocca. O Cave Rock?

Il PGT del 2007 considerava questa vastissima area (circa 30 ettari) come “parco territoriale”, e la sottoponeva a un piano particolareggiato del Comune di Monza che non è mai stato redatto.

La trasformazione di cave in aree verdi è frequente, in Italia e all’estero. Per la Lombardia, basti citare il Parco Increa di Brugherio, dove in mezzo al verde è stato realizzato un lago, e il Parco delle Cave di Milano.
Ebbene: con il PGT 2017 l’area è stata frazionata in due “Ambiti”, destinati ad attività commerciali e “direzionali”. Nel 2021 i proprietari hanno presentato un progetto che sembra abbia sollevato obiezioni da parte del Comune, e che dovrebbe essere fermo.

 

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                                             Le Cave Rocca nel PGT 2017

La destinazione del PGT 2017 non è vincolante: si potrebbe benissimo tornare, se se ne avesse la volontà e la forza, alla destinazione del PGT 2007. Quella forza e quella volontà riformista che la sinistra, in Italia e altrove, non sembra da tempo capace di esercitare. Mi piacerebbe essere smentito proprio qui a Monza!
Si potrebbe destinare l’area, oltre che a verde, a colmare una grave carenza di Monza: quella di impianti sportivi adeguati alle esigenze attuali e future (in particolare per il tennis e l’hockey), e ai grandi concerti e raduni. L’area è grande quattro volte il Circo Massimo. Il progetto potrebbe essere realizzato con un partenariato pubblico/privato, una volta tanto virtuoso, con vantaggio oltre che urbanistico e di prestigio cittadino, anche economico per le due parti.
Questa soluzione libererebbe inoltre l’I.R. Parco dalla minaccia di una sconvolgente “Cittadella dello Sport”, prevista da un Master Plan (v. oltre), distruttiva e potenzialmente inadeguata e fallimentare.

 

 

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La facciata dell'Ospedale Vecchio

 

5. L’Ospedale Vecchio. La mancata università.

Il PRG di Leonardo Benevolo prevedeva che la vasta area del vecchio ospedale S. Gerardo (circa 112 ettari) , semi-abbandonata dopo la costruzione dell’Ospedale Nuovo, fosse destinata a un insediamento universitario. Il disegno era di fare di Monza una sede di istituzioni culturali e scientifiche. Una grande premessa in questo senso è data dalla Facoltà di Medicina di Milano- Bicocca, collegata con il nuovo Ospedale S.Gerardo, centro di ricerca di rilievo internazionale, con oltre duemila studenti. Come spiega l’economista Enrico Moretti dell’Università di Berkeley (CA) (“La nuova geografia del Lavoto”, Mondadori, 2013) istituzioni di questo tipo costituiscono un fattore di grande prestigio e attrattiva per una città.

Dal 2010 al 2014 una parte dell’area dell’Ospedale Vecchio è stata destinata a un Corso di Scienze dell’Organizzazione della Facoltà di Sociologia dell’Università di Milano-Bicocca. Delle cause della sua cessazione non si è molto parlato. E’ probabile che il fallimento sia stato dovuto a carenze di contesto, di senso dell’“universitas”, che costituisce l’humus essenziale per un centro di studi superiori.

Dopo i rischi di una svendita del complesso a privati, con la solita prospettiva residenziale/commerciale/verde residuale, si va oramai verso un suo smembramento, al di fuori di una visione unitaria: una parte verrà destinata a una nuova sede del Comando Provinciale dei Carabinieri; un’altra conserverà una funzione sociosanitaria, accogliendo la “Casa di comunità centrale della città” e un “Ospedale di comunità”. Continuerà a risiedere nell’area l’ARPA (l'Agenzia Regionale per la Protezione ambientale della Lombardia). Non mancherà una destinazione a residenziale e commerciale come fonte di finanziamento.
Viene da chiedersi se, con una visione più lungimirante, ad esempio proseguendo nella collaborazione con l’Università Milano-Bicocca, l’area poteva ospitare un progetto meritevole di finanziamenti PNRR.

 

6. I Boschetti Reali. Il tramite dimenticato.

I Boschetti Reali hanno un ruolo essenziale nella storia e nell’identità di Monza: sono il tramite tra il centro della città e il suo massimo monumento: la Villa e il suo Parco “Imperial Regi”, cioè europei e italiani.
Nel 2010 il viale centrale dei Boschetti, con la sua prospettiva che dalla città si proietta verso la facciata sud della I.R. Villa, grazie alla felice iniziativa dell’Associazione culturale Novaluna fu denominata “Passeggiata Eugenio Beauharnais”, in onore del Vicerè d’Italia nel periodo napoleonico (1805-1815), a cui si deve l’addizione alla Villa del grande Parco. Ma la targa toponomastica è ora sparita!
Successivamente il Comune di Monza e la Regione Lombardia commissionarono a un grande conoscitore di Villa e Parco, Giorgio Buizza, un progetto per il restauro dei Boschetti e dei Giardini Reali, per partecipare a un bando regionale. Purtroppo la domanda non è andata a buon fine, e il progetto è rimasto nel cassttto. Anche in questo caso, il progetto non sarebbe da PNRR?

 

 

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Una fontana nei Boschetti Reali

 

Ma soprattutto non se ne è tenuto conto nei successivi, infelici interventi.
La Passeggiata è stata inutilmente asfaltata. L’illuminazione non ha seguito le proposte del progetto ed è inadeguata a consentire una frequentazione dei Boschetti in sicurezza dopo l’imbrunire. In un'area è stato realizzato un “parco giochi” che tende a fare dei Boschetti un giardino pubblico anonimo, un “non luogo”. Il ristorante che occupa un angolo dei Boschetti esibisce, proprio all’inizio della Passeggiata, un retro indecente.
Questi infelici interventi e trascuratezze hanno accentuato, piuttosto che attenuato, le condizioni di abbandono del luogo.
A testimoniare l’ignoranza dominante del suo valore simbolico, l’imbocco della Passeggiata è regolarmente ostruito da auto in sosta vietata, che impediscono, oltre al passaggio, la visione della prospettiva. Questo fatto ha costretto i passanti a ricavarsi un sentiero laterale nel verde. Il Comune è intervenuto energicamente per risolvere il problema: ha disegnato un passaggio zebrato… in corrispondenza del sentiero in terra battuta!
Lo stato di abbandono è testimoniato in particolare da due piccole, ma eleganti fontane, asciutte e degradate. E a ulteriore testimonianza del disinteresse, del’ignoranza e della stupidità non solo pubblica, ma anche privata, è da notare che di fronte ai Boschetti vi è la sede dell’Associazione degli industriali di Monza. Viene da chiedersi come non si vergognino di questo sgradevole contorno. Lo accetterebbero nelle loro ville? Basterebbe un piccolo contributo, in termini del tanto decantato, ma spesso famigerato, “partenariato” pubblico/privato, per recuperare la bellezza e il significato del luogo!
In prospettiva, il restauro dei Boschetti richiederà un intervento urbanistico di grande valenza estetica e identitaria: l’interramento della Via Boccaccio, che realizzata negli anni 50 del secolo scorso ha separato Monza dal suo massimo monumento. Il ricongiungimento era contemplato dal PRG di Benevolo e dal Progetto di recupero della  Villa commissionato dalla Regione Lombardia e dal Comune di Monza al Gruppo Carbonara nel 2005. Se ne dovrà assolutamente riparlare in vista della realizzazione della linea 5 della metropolitana e della sua fermata alla Villa (v. oltre).

 

 7. La Metropolitana, ovvero il Grande Cocomero.

Grandi aspettative suscita il progetto di metropolitana che dovrebbe attraversare Monza in futuro.
Ben venga. Ma evitando di attenderla passivamente come i protagonisti della commedia “Aspettando Godot” di Samuel Beckett, o come il Grande Cocomero di Charlie Brown.
Sarà sicuramente utile per i gitanti del week end. Potranno raggiungere la Villa e il Parco senza smuovere la macchina e senza passarci qualche ora in coda, con grande vantaggio anche per il traffico e l’inquinamento.
Ma durante la settimana, se qualcosa non cambia, il metro rischia di essere grandemente sovradimensionato. E’ stato calcolato che il traffico pendolare tra Monza e Milano è dell’ordine di 11 mila persone al giorno (circa il 10% della popolazione monzese), mentre la potenzialità (ed economicità) di trasporto del metro si aggira sulle 11 mila persone all’ora!
Molto si giocherà, ovviamente nel lungo termine, sull’attrattività futura di Monza. E’ auspicabile che essa non si sviluppi nei termini di un anonimo dormitorio milanese e/o di un Parco trasformato in una Gardaland, ma di un centro rinomato a livello internazionale per i suoi valori storici, culturali ed ambientali, comparabile con Potsdam, Shoenbrunn e Versailles.
Sarà essenziale assicurarsi che il progetto della fermata del metro alla I.R. Villa non sia devastante e che inglobi l’interramento della Via Boccaccio, consentendo il ricongiungimento della I.R. Villa e Parco alla città, tramite i restaurati Boschetti Reali.

 

8. Il Master Plan (o più esattamente, il Monster Plan, se non addirittura Murder Plan).

E veniamo al Master Plan che, secondo un discutibile Accordo di Programma tra la Regione Lombardia, il Comune di Milano e il Comune di Monza dovrebbe puntare al “Restauro e valorizzazione del complesso monumentale Villa Reale e Parco di Monza”. Di questo MP ho scritto alcuni articoli fin dalla sua deliberazione nel 2018.
In Italia ci sono numerosi e importanti esempi di restauri di monumenti abbandonati, che partendo da rigorosi studi storici hanno consentito di recuperare patrimoni culturali e ambientali quasi perduti, traendo da questi anche risultati economici importanti per i territori in cui sono situali e più in generale per il patrimonio nazionale e internazionale, spesso certificati con l'inclusione tra i beni patrimonio dell'umanità dell’Unesco. Basti citare la Reggia di Caserta, la Venaria Reale a Torino, Palazzo Strozzi a Firenze, o il Castel Trauttmanndorf a Merano.
Per la Villa Reale e il Parco di Monza si tratta di riportarli al livello “Imperial Regio”, cioè italiano ed europeo, firmato tra il sette e l’ottocento da architetti e paesaggisti del calibro di Giuseppe Piermarini e Luigi Canonica. A questo scopo, si tratta di dare esecuzione alla disposizione dello stesso AdP, di prendere le mosse dall’”Atto di approvazione del “Piano per la rinascita del Parco di Monza”, approvato con la LR 40/95 e parzialmente attuato. Di questo Piano sono parte integrante le indicazioni della Sovrintendenza ai Beni Culturali e Ambientali, che qualifica quel Piano come “preparatorio ad un progetto di più ampio respiro… che porti all’indifferibile riqualificazione delle valenze storico-artistiche e culturali e al conseguente allontanamento degli impianti” devastanti del novecento, specificamente indicati.
Il Master Plan, sottratto dalla Regione Lombardia alle competenze del Consorzio pubblico preposto alla Vila Reale e Parco di Monza e affidato non a personaggi del calibro del Piermarini e del Canonica, ma a una occasionale “Associazione Temporanea di Imprese”, persegue obiettivi esattamente contrari: cancellare la storia e la cultura del monumento, degradare l’ambiente, squalificare la parte centrale e preziosa del Parco come “un aeroporto abbandonato”, e restaurare tutte le strutture devastanti del novecento: in particolare l’ecomostro del catino di alta velocità, (che non ha nulla a che fare con la pista su cui si corre da sempre il Gran Premio di F1), per trasformarlo in una “Cittadella dello sport”, in realtà in un luna park.

Dietro a queste “innovazioni talebane", apparentemente frutto di sola ignoranza, si intravvede un malcelato disegno, ancora più arrogante: la trasformazione del Consorzio Villa Reale e Parco di Monza da ente pubblico in un ventilato “partenariato pubblico/privato”. In realtà una trasformazione dei concessionari, soprattutto di quello dell’autodromo (l’ACI) in comproprietari del Parco, a basso prezzo data la sua preventiva svalutazione.
Tutto ciò giustifica la denominazione del Master Plan quanto meno come un Monster Plan, se non come un “Murder Plan”: un assassinio non solo del complesso monumentale Villa/Parco, ma a della stessa Monza nella sua essenza storica e futura.

 

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La mappa dell'I.R. Villa e Parco nel PRG di Leonardo Benevolo

 

8. Conclusioni. Ripartire da Benevolo.

Per reagire a questa deriva distruttiva, occorrono due cose: una classe dirigente pubblica capace di invertire la rotta (si dovrebbe dire “riformista”, se la parola non fosse ormai logora e svuotata di significato), capace cioè di resistere alle lobby interne ed esterne; e un’opinione pubblica risvegliata, capace cioè di sottrarsi alla disinformazione sistematica, praticata dalle stesse lobby.
Un esempio di questa disinformazione è dato da una frase pronunciata da un fan dell’autodromo, ma sintomatica di un messaggio molto diffuso: «Senza l’autodromo, Monza sarebbe un villaggio sconosciuto». E’ vero esattamente il contrario: senza l’autodromo, Monza sarebbe costretta a recuperare la sua identità millenaria, e la sua rilevanza nazionale e internazionale. E’ proprio l’identificazione di Monza con il solo autodromo a costituire una pubblicità negativa, che riduce Monza a un villaggio immeritevole di attenzione.
Sul piano più specificamente urbanistico, occorre ripartire dal PRG di Leonardo Benevolo. Certo, sarà improbabile il recupero del Pratum Magnum, nel cuore della città. Solo le straordinarie tecnologie del metaverso e dell’Intelligenza Artificiale consentiranno ai visitatori di riviverlo! Ma molto potrà essere fatto ancora per quel che è rimasto del Parco di Cintura, per la cessazione del consume del suolo e la ri-naturalizzazione di aree con una politica del verde urbano, e per il recupero dell'Imperial Regia Villa e Parco di Monza.
E’ necessario prospettare una visione di lungo termine, integrata da impegni specifici di realizzazione di pochi, ma significativi progetti/leva nel medio-breve. L’obiezione finanziaria non è accettabile per una città tra le più ricche d’Italia.
C’è bisogno di un risveglio di Monza nei suoi cittadini e nella sua classe dirigente. Di un superamento di uno stato di sottile auto-disistima e di masochismo fomentato da interessi estranei, che pensano di potergli mettere delle sveglie al collo, per impadronirsi dei suoi gioielli  spacciati come bigiotterie.

Gli autori di Vorrei
Giacomo Correale Santacroce
Giacomo Correale Santacroce

Laureato in Economia all’Università Bocconi con specializzazione in Scienze dell’Amministrazione Pubblica all’Università di Bologna, ha una lunga esperienza in materia di programmazione e gestione strategica acquisita come dirigente e come consulente presso imprese e amministrazioni pubbliche. È autore di saggi e articoli pubblicati su riviste e giornali economici. Ora in pensione, dedica la sua attività pubblicistica a uno zibaldone di economia, politica ed estetica.

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