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esso a dimora il professore di scienze il signor Brughel, violinista dei morti, si ferma all’osteria del camposanto. “Quanta gente se ne va…” chiacchera con l’oste. “Per fortuna…” risponde l’oste mostrando il locale pieno di avventori che mangiano il coniglio con la polenta, piangendo nel piatto e soffiandosi il naso. “Divorano tutto! Posso servire sassi con la polenta e loro non levano la testa tanta è l’afflizione.” Al signor Brughel scappa un sospiro. “Perché sospiri?” Il signor Brughel ritira il sospiro “Non ho sospirato.” “Ho sentito che hai sospirato” “Ho soffiato.” L’oste agita il tovagliolo e scaccia le mosche pronte a mettersi a tavola nel piatto del cliente. Il violinista ringrazia. “Scommetto che hai sospirato per una donna.” Il musicista non ha sospirato per una donna “Ho sospirato per l’afflizione.” “L’afflizione?” “Si, l’afflizione.” “L’afflizione per una donna?” “No, l’afflizione in generale.” L’oste vorrebbe saperne di più e il signor Brughel lo accontenta con la prima fantasia che gli passa per la testa. “Anna…” dice, prendendo a prestito la donna che il professore defunto aveva a suo volta carpito dall’epigrafe dell’albero delle ricordanze. “Chi?” Il musicista allarga le braccia, ha detto anche troppo e l’oste se ne va lasciandolo con la sua porzione di coniglio. Il signor Brughel mangia adagio, spiluzzicando gli ossi e quando sono netti li posa sull’orlo del piatto in modo da fare una corona meticolosa. E’ il suo modo per tacitare i ghiribizzi. Perché mai ha inventato quell’Anna? Il signor Brughel è titubante, ma l’ultimo osso del coniglio, invece di posarlo sull’orlo del piatto, lo passa sotto al tavolo a favore del cane che implora scodinzolando. Come se il cane potesse dargli qualche suggerimento a proposito di Anna. Finito il coniglio l’oste porta al suo avventore una fetta di taleggio. Con la crosta del formaggio il signor Brughel fa un’altra coroncina sull’orlo del piatto, ma, ciò nonostante, il pensiero di quella donna dell’epigrafe è sempre lì, oltre tutto rinfocolato dalle chiacchere degli altri tavoli. Parenti e amici piangono chi è mancato. Se è mancata una donna ripassano le sue virtù: non spendeva un soldo per vestirsi, cuciva tutto lei, gonne, camicette, anche i paletots. E come cucinava! Le sue verdure al vapore! E come cantava! Accendeva la radio e cantava!” Il musicista ascolta e rimugina: “Se Anna cantasse lui potrebbe accompagnarla col violino.” Il signor Brughel si scuote, sta concedendo troppo ai ghiribizzi. Ora ha finito anche il formaggio ed il suo piatto è vuoto. Potrebbe ordinare una mela ma non ha più appetito e il piatto resta vuoto. Vuoto?...come la sua vita. Si guarda in giro. Nessuno lo osserva, allora in fretta capovolge la fondina perché non può soffrire di vederla vuota. Lui non ha nessuno, tutti quelli che aveva se ne sono andati da un pezzo lasciandolo come un beccafico: sua madre che faceva la sarta, suo padre che scriveva commedie. “Madre dove sei? In qualche sartoria tra le stelle? E tu padre, in ginocchio ai piedi di Shakespeare? ” Via anche gli insegnanti amati, venerato soprattutto il professore di lettere sparito assieme alla memoria dei grandi libri. Che cosa è rimasto dell’Iliade, e l’Odissea, e il De bello gallico…? E gli amici?...polvere! E le donne? Le ragazze delle vacanze estive… Briseide amabilis, Andromaca vas spirituale, Penelope turris eburnea, tutte consumate nel fuoco del tempo. Il signor Brughel per non farsi venire le lacrime agli occhi si versa un bicchiere di vino che tracanna d’un fiato: “Briseide, prosit !” Poi un altro bicchiere: “Andromaca, prosit ! ” ancora “ Penelope, prosit ! ” Il signor Brughel alza il gomito senza misericordia: “Anna, prosit !” Anna? Ha detto Anna? Il signor Brughel posa il bicchiere esterrefatto. Cosa è successo? Come ha fatto Anna ad infilarsi dopo Penelope? Il vino, si il vino che gli offusca la mente. Non solo la mente ma anche la vista perché ora davanti a lui non ballano che ombre. Un rimasuglio di penombre che sorridono, sussurrano, singhiozzano…tutte le donne dell’Iliade, dell’Odissea, tutte le donne del signor Brughel che nella lente del tempo non sono che una girandola di nasi, occhi, capelli, voci, abbracci, addii e soprattutto silenzi, lunghi ininterrotti silenzi che invano chiamano da bocche afone. E Anna? Il signor Brughel si guarda in giro smarrito: che disastro la sua vita! E se Anna fosse la sua salvezza? E’ tardi, nell’osteria del camposanto gli avventori sono andati via, è rimasto l’oste che con la scopa ramazza tra le gambe dei tavoli e delle sedie. Il signor Brughel si rivolge a lui, testimone degno di fede: “Sì, ho sospirato per una donna.” L’oste ferma la scopa ” Chi?” “Anna.” “Anna?” “Anna, domus aurea.” L’oste lascia cadere la scopa ma il violinista è ormai lontano con i suoi pensieri. Guarda fuori dalla finestra i campi e gli alberi che vanno fin chissà dove. “Anna è là.” L’oste segue lo sguardo del musicista “Dove?” “Laggiù.” L’oste strizza gli occhi cercando un puntolino lontano che abbia forma di donna ma in fondo ai campi non vede che grandi nuvole bianche. Il signor Brughel si avvicina all’oste: “E’ là!” L’oste chiude gli occhi, tanto non vede nulla. Il violinista precisa “ E in Russia!” L’oste riapre gli occhi “In Russia?” “Nella Russia degli zar…”
Bibliografia.
Messale Vesperale, latino- italiano. Il santo Rosario, litanie della Beata Vergine, 2 luglio 2008, 5483