I
l signor Brughel, sta per lasciare la sua casa in cerca di quella Anna il cui nome è iscritto su uno degli alberi del viale delle Rimembranze. Egli
s’ interroga davanti all’orologio a pendola: “Parto o non parto” ” Non partire.” Dissente L’orologio. “Bada a ciò che lasci.” Lui è titubante. Cosa lascia? I libri? Ma i libri stanno per conto loro e non s’accorgono di chi c’è o non c’è. Il pentolame della cucina? Padelle se ne trovano dappertutto. La lente di suo padre per guardare le stelle? Le stelle…così lontane, come se non ci fossero. Il signor Brughel si leva verso l’orologio e gli blocca le lancette: “Parto!” L’orologio fa appena in tempo a battere la mezzanotte poi tace per sempre oscurando le sue cifre d’oro. E’ fatta! Il signor Brughel si pulisce gli occhiali. Come sarà quella Anna? Come sua madre, brava a canticchiare mentre stirava le camice del marito? Come suo padre bravo a rispondere al canto della moglie mentre s’insaponava la barba davanti alla finestra? Il signor Brughel si stringe al violino e chiude gli occhi. Basta, sarà come sarà. Purchè quella Anna esista veramente! Poi mette la testa dentro il camino: “Anna, dove sei?” La cappa risponde: “Sono in Russia!” “Russia?” “Russia.” “Ma in quale punto della Russia?” “Cerca sull’atlante.” Chissà dov’è l’Atlante? Il signor Brughel non lo sfoglia più da quando era ragazzo, ma ora si china sotto il letto e tira fuori la cassa dei vecchi libri. Che polvere del tempo! Il signor Brughel fruga tra i tomi decrepiti, butta per aria il don Chisciotte, l’Orlando Furioso, l’Erasmo e tutti gli altri volumi che riguardano i matti. Tutti libri di suo padre! Butta per aria i libri di preghiera di sua madre…Pater, Ave, Gloria…Pater, Ave, Gloria e all’Amen vien fuori l’ Atlante universale. Il signor Brughel spalanca il librone in un fuggi fuggi di tarli. Sfoglia le carte che si sbriciolano: passano feudi sbiaditi, contee sbavate, catene alpine ridotte a morene, fiumi interrati, mari divenuti lastre di sale. Finalmente alla tavola settecento la mappa della Russia! Bianca di neve con zampate di orso che via via si vanno diradando fino a lasciare tutto immacolato. La fine del mondo perché, dopo la pagina settecento, non ci sono più mappe ma solo moncherini di pagine rosicchiate dai topi. E nell’infinità della neve un puntolino indicato come porto cirillico di nome Odessa. La meta del signor Brughel! Egli s’imprime bene in testa la strada per Odessa, poi accende la stufa e vi getta dentro l’Atlante Universale. Nessuno deve sapere del suo viaggio. Il signor Brughel non c’è più? È partito! Partito per dove? Mah… e a furia di mah tutti si dimenticheranno di lui, come se non fosse mai esistito. Chi si ricorda della nuvole che vanno? Il signor Brughel prende cappello e ombrello e parte. Prende anche il violino, che non viene nominato; forse si dice che il signor Brughel ha preso con sé le sue braccia, o le sue gambe? Il violinista va e passa accanto all’ospizio, dove tante volte ha suonato per i vecchi addormentati nel rimbombo del loro russare. Passa davanti al Teatro Comunale dove si è spellato le mani per gli attori girovaghi che di tanto in tanto toccavano la sua città. Spellato le mani soprattutto per quella guitta che faceva “L’Ofelia caduta nel fiume”. Vaga, sulla punta dei piedi, con il moccolo della candela in mano, struggendosi come se fosse lei, l’interprete, che dovesse annegarsi nel fiume appena finito lo spettacolo. Gloriosa attrice, anche lei di nome Anna, mai più ritornata nella città del signor Brughel: svaporata, malmaritata, rapita dai turchi? Il signor Brughel buffa via quel ricordo, soprattutto rifugge dal rivedersi in vana attesa, con il mazzo di rose stretto al petto, (e le spine delle rose erano lunghe un dito), davanti al teatro, mentre l’Anna-Ofelia era sgusciata dal retro disprezzando il pubblico che avrebbe voluto portarla in trionfo al “Leon d’oro”, dove giravano sugli spiedi cento cinghiali. Svaporata, malmaritata, rapita dai turchi? Via,via les memoires! Il signor Brughel scappa di là. Ma che brutto viaggio già dalle prime miglia. Fa freddo, molto freddo e giunto a Lecco lui è sul punto di tornare in dietro per i geloni ai piedi. A Mandello sbanda tanto la tramontana lo avversa mentre strappa gli agoni dalle acque e li fa volare sui tetti rivieraschi. A Colico pioggia e vento: il signor Brughel apre l’ombrello ma la bufera lo sradica e con giravolte da circo lo sbalza dalla costa del lago di Como soffiandolo sopra la Valtellina. Vola, vola, appeso all’ombrello, battendo i denti, senza vedere nulla tanto i suoi occhi piangono dal freddo, e così cieco giunge sopra la città di Odessa, proprio sopra il “Teatro dello Zar” dove stanno per mettere in scena “L’Ofelia caduta nel fiume.” Il signor Brughel sbircia giù dalle nuvole e legge il cartellone: Amleto signor Forse, Spettro signor Fumo, Zio di Amleto signor Porco, Regina signora Lardo, Ofelia signorina Anna…Per poco non cade dalle nuvole, poi scivola a terra e si rizza sulle gradinate del teatro. C’è ancora una lucetta nel botteghino. Si precipita là. “Un biglietto, por favor.” “ Niet, tutto esaurito!” Il signor Brughel si distende in terra davanti alla porta del teatro. “Colei dovrà passare sul mio corpo!” Intanto nevica.
Bibliografia. William Shakespeare, “Ofelia caduta nel fiume” testo perduto dopo l’incendio della casa dell’autore per il fulmine del temporale del 17 aprile 1617