Non c’incontriamo mai. Io e Don Chisciotte non c’incontriamo mai. Cioè, c’incontriamo sempre, ma nel libro che ha scritto el senor Cervantes. Siamo personaggi, non siamo persone.
Monologo per voce recitante e sospiri
Seconda parte
Si alza il sipario
Lui, il Cavaliere dalla triste figura mi ha stregata! Ad ogni battito del mio cuore non posso che pensare a lui. Cosa fa? Mangia, beve, studia, toglie le pulci al cane, parla col muro? Non posso lasciarlo là, nel pueblo innominato. Non posso, non posso, devo sapere cosa fa, cosa non fa. E se fosse morto? Stecchito? Caduto nel pozzo? Volato sulla luna?
Salto sulla prima diligenza che passa? “Dove va, senorita?” “Che t’importa, caprone, tu tira dritto verso la Mancia!” Andiamo: sette giorni di carrozza! Passo i monti, passo i fiumi, passo i boschi, passo il buco della serratura! “Adelante, adelante!!!”
Porto la colazione a lui, al signor Don Chisciotte. Voilà la petite dèjeuner: Arrosto di castrato, lenticchie, cervella fritta, un picciocino, insalata. “Adelante, adelante, dritto alla Mancia.” Arriviamo in un polverone di cicale. E’ l’alba. Mulino, cuccagna, forca, camposanto. Ecco la sua casa. Credete che io possa bussare e annunciarmi? Mai e poi mai. Devo arrampicarmi sopra un albero e sbirciare la sua finestra. Madonna mia, cosa vedo! Lui seduto a un tavolaccio carico di volumi. Lui vestito di ferro: elmo, spallacce, pettorale, gambali, sproni, il re dei re dei cavalieri erranti. Cosa fa? Piange? Lacrime come perle gli cascano dagli occhi. Legge? No, scrive! Scrive a me. Avete capito? Scrive a me: “Dulcinea, ricamo di luna.”
Cala il sipario
Si alza il sipario
E’ colpa sua! Lui mi ha inventata di sana pianta. Non sa come sono fatta e mi invoca: “Mia leggiadra…” Ma quale leggiadra e leggiadra. Non sa se liscio o pungo, se accarezzo o graffio, se bacio o mordo. Vorrei sapere dove mi ha vista. Mi ha vista all’Olympia dove cantavo: “Ancora una volta e poi mai più” ? Impossibile, troppi, troppi anni fa. Forse al Trocadero dove facevo Cloe nei “Tre nodi d’amore.” Pioveva, come pioveva in quei giorni. Il teatro sempre deserto, tranne il solito bellimbusto che mi seguiva dappertutto e quando apparivo sul palco stappava un bottiglia e la tracannava d’un fiato: “Alla tua salute, diavola della mia anima!” Non sarà stato lui? No, no, el senor Don Chisciotte non mi ha mai vista. Forse gli sono apparsa in sogno. No, non per mia volontà. Mai mi sono sognata di apparire in sogno ad un uomo. In realtà c’è stato un caso. Ero giovane, giovanissima: una farfalla di marzo. Lui era il mio compagno di scuola. Avevo la camicia di pizzo e la gonna, mio Dio! la gonna come una nuvola al vento. Lui camminava sulle mani. Sì, quando mi vedeva faceva una capriola e mi veniva incontro capovolto. Gridava: “Ti ho sognata, ti ho sognata questa notte!!!” Io ridevo come una matta e scappavo felice. I miei sogni? Una volta ho sognato uno sulla riva del mare. Mi ha guardata, mi ha sorriso. Aveva il fuoco negli occhi. Mi ha detto: “Encantado.” Voglio essere sincera, uomini ne ho sognati tanti: Marinai, commessi viaggiatori, giocatori di carte. Adesso Don Chisciotte. Lui mi sogna e io lo sogno. Chi è il più vero? “Encantado!”
Cala il sipario
Si alza il sipario
Non c’incontriamo mai. Io e Don Chisciotte non c’incontriamo mai. Cioè, c’incontriamo sempre, ma nel libro che ha scritto el senor Cervantes. Siamo personaggi, non siamo persone. Lui, Don Chisciotte, vuole vedermi. Dove? Nel capitolo dell’osteria scambiata per castello. Che brivido! Un castello, che importa se in realtà è una bettola. Devo fare la serva Maritornes. Mi batte il cuore. Sapete la storia? Maritornes finisce nel letto di Don Chisciotte che la crede la regina Ginevra. Devo truccarmi da serva. Una serva d’osteria che se la fa con i clienti. Rossetto? Molto rossetto! Orecchini, collane, anelli, braccialetti, tutta la bigiotteria da quattro soldi regalatami dagli avventori della locanda. “Senorita, che vertigine!” e mi infilano al dito un anellino di rame. “Senorita che brace di fuoco.” E mi allacciano al collo un giro di vetrini. Povera Maritornes, vali così poco? Provo la scena. Chiudo gli occhi per fare buio. Muovo un passo, quatta quatta, le mani innanzi. Un altro passo. Un altro ancora. Passo dopo passo esco dalla realtà. Sono nella bettola. Tanfo di stalla. Gente che russa. Mi fermo, immobile, le braccia tese. Non posso aprire gli occhi, l’incantesimo sparirebbe. Un altro passo. Mi fermo. Nel buio sento qualcuno vicino, vicinissimo. Mi tocca! “Don Chisciotte…” “Dulcinea…” E’ fatta. Sono nelle sue braccia. Mi stringe. Spezza il mio cuore di vetro. “Dulcinea…” “Don Chisciotte…” Apro gli occhi. Il gioco è finito. Sono qua, davanti a voi, rispettabile pubblico. Mi trucco. Rossetto. Ombretto. Cipria. Tutti i miei gioielli.
Senoritas e caballeros, cosa vi canterò questa sera? Una canzone di mare? Sì, sì una canzone di mare. C’è burrasca nel mio cuore.
Cala il sipario
3 aprile 2012
4780