“È l’amore, è l’amore…” gridava la voce gioiosa. Guardavo il mare che non mutava la sua assoluta indifferenza, il suo perfetto tono di grigio, finché, da sinistra, vidi apparire la sagoma scura di una petroliera.
I
o e la mia compagna di classe MariaGraziaSpina eravamo i più riprovevoli in matematica, in peggio, lei aveva una gamba più corta dell’altra, ma appena d’un filo, tanto che era impossibile accorgersene. Avevamo fatto lega ma lei non riusciva a venir fuori da quella prima età di repentini smarrimenti: di giorno i compiti di matematica senza alcuna soluzione, di notte Barbablù che piombava nei suoi sogni impugnando il coltello ed il sangue che le colava da ogni parte era quello delle sue prime mestruazioni. Si rifugiava a letto, tirandosi le coperte sopra la testa. Appena sveglia andava a guardarsi nello specchio, appeso troppo in alto, e alzandosi sulla punta dei piedi si sgomentava per il suo viso smunto, martoriato dall’acne. I suoi occhi spauriti invocavano qualcuno che venisse a salvarla. Salvarla da chi? Da sua madre isterica che le gridava di camminare dritta: “Non sei zoppa, non sei zoppa. Zoppichi nella testa!!!” Salvarla dagli esami di matematica. Salvarla dal buio della notte. Ero io il suo salvatore? Io che le avevo proposto di lasciare tutto e seguirmi in Alaska alla ricerca dell’oro? Toc toc toc su e giù per il grande nord con una gamba più corta dell’altra? Spaventata mi aveva chiesto del freddo di quelle regioni: Quanto segna il termometro? Non lo sapevo ma le avevo regalato il libro di Zanna bianca dove è scritto tutto ciò che bisogna sapere sulle regioni artiche. Non credo che l’abbia mai letto, preferiva imparare a memoria pagine pagine del dizionario di francese che era diventato il suo bizzarro ticchio. Una sera mi ero appostato sotto la sua finestra e avevo atteso che lei accendesse la luce. Aveva acceso la luce ed io, pronto, avevo bussato ai vetri. Ero rimasto col fiato sospeso. Nessun movimento nella casa. Mi avrà sentito? Finalmente era apparsa alla finestra, dietro i vetri, la testa incorniciata nel colletto a punte del suo pigiama alla Peter Pan. Le avevo fatto cenno di schiudere la finestra. Lei mi aveva guardato con un stupore. “Apri…” avevo sussurrato.”Apri.” avevo ripetuto. Lei aveva socchiuso l’imposta. Stavamo in silenzio, come a una improvvisa svolta della vita, finché lei sbattè le ciglia e mi sorrise. Il mio cuore diede un balzo. Lei acconsentiva a seguirmi in Akaska? Se lei aveva deciso di partire con me io potevo anche cambiare meta, non c’era solo l’Alaska sulle carte geografiche. “Andiamo dove vuoi tu” le dissi. I suoi occhi si accesero. “Vorrei andare in Francia.” disse. “Va bene.” dissi e mi venne in mente una figura della mia Enciclopedia illustrata con uomini sui trampoli che vagano nelle paludi della costa atlantica. Così non ci sarebbe stato problema per la sua gamba più corta. Ma il nostro colloquio non andò oltre perché nella stanza era entrato qualcuno, forse sua madre e lei, repentinamente, aveva chiuso la finestra e subito era scoppiato un putiferio di grida tra lei e la madre “Devi fare ginnastica, ginnastica, ginnastica!!!” “No, no, no!!!” Poi si era spenta la luce. Quanto dura una luce spenta? Quell’inverno c’era stato molto freddo, era seguita una ventosa primavera, quindi un’estate caldissima. Così, più o meno, l’anno successivo, così, più o meno, gli anni seguenti. Bel tempo, cattivo tempo e durante quei tempi avevo messo in soffitta “Zanna bianca”, avevo letto i grandi romanzieri russi, poi gli americani, soprattutto Hemingway. Diligentemente avevo compiuto i miei studi di chimica. Funestamente erano morti i miei genitori, spariti come se fossero scesi in cantina per cercare qualcosa che non avrebbero trovato. Oltre all’inglese avevo imparato il francese, per curiosità intellettuale e per omaggio ad Antoine Laurent Lavoisier (1743 – 1794) il chimico della legge della conservazione dei pesi: “Nulla si crea, nulla si distrugge”. (Lo scienziato era morto ghigliottinato vittima dei rivoluzionari sans- culotte). MariaGraziaSpina? Non l’avevo mai più rivista ed era anche scomparsa dai miei ricordi. Tranne una volta, enigmaticamente riemersa. Ero alloggiato in un albergo di Le Havre. Svegliatomi al mattino avevo aperto la finestra e inaspettatamente mi ero trovato davanti al mare. Un grigio mare senza un filo di onde, senza un naviglio in vista, un infinito che combaciava con l’immensità del cielo altrettanto grigio. Ero in Francia la remota meta del mio viaggio con MariaGraziaSpina. Ero a Le Havre, in un buon albergo dove risuonavano placidi rumori della colazione, trilli di campanelli, servizievoli voci di cameriere, cortesi voci di clienti. Salivano dalle cucine profumi di caffè, di dolci, di frutta. Qualcuno chiedeva gli orari dei traghetti, altri i giornali. Improvvisamente carpii una domanda che mi fece trasalire e una risposta che non compresi bene perché mescolata ad un riso felice, come se le parole fossero cantate “E’ l’amore, è l’amore…” gridava la voce gioiosa. Guardavo il mare che non mutava la sua assoluta indifferenza, il suo perfetto tono di grigio, finché, da sinistra, vidi apparire la sagoma scura di una petroliera. Andava lentissimamente, senza sprigionare alcun suono, come un dito che sulla lavagna tracciasse una segreta scrittura. Poi il cargo disparve. Scesi nella hall per la colazione. C’erano tavoli carichi di ogni ben di Dio. Voci si intrecciavano in domande e risposte, ma tutte confuse come echi rimbalzanti in un labirinto senza uscita. “Vorrei andare in Francia…” dicevano, “Vorrei andare in Francia…” “Ma sei in Francia…non ti rendi conto che sei già arrivato?” Poi il portiere, compitamente abbigliato in un costume rosso e oro, annunciò: “E’ pronto il taxi per Antoine Laurent Lavoisier!!! Signor Lavoisier è arrivato il suo taxi! Signor Lavoisier…” Un cliente che faceva colazione e leggeva il giornale sollevò la testa dal foglio e scandì puntigliosamente: “Lavoisier è morto. E’ stato tra i primi ad essere ghigliottinato.” Un brivido mi percorse mentre il mio pensiero si rivolgeva a MariaGraziaSpina ed ai miei genitori che, gravati dalla loro tarda età, scendevano faticosamente in cantina.