Il professore è sbalordito. Gli spettatori applaudono, fischiano. Qualcuno è salito in piedi sulla sedia e sventola il cappello. Poco per volta tutti si arrampicano sulle sedie.
Primo episodio
P
asso dopo passo, il professore si avvia al teatro dove si rappresenta La Traviata. Rasenta i muri schivando l’incalzare del vento. “Professore attento a non inciampare. Di qua, prego di qua. La biglietteria è in fondo al corridoio. Un biglietto e una gazzosa un kopeko” (Moneta universale nei racconti di pura invenzione). Bruscamente il professore prende solo il biglietto. “Che maniere. La gazzosa è compresa nel prezzo!” Il professore borbotta e si affaccia alla platea. IL pubblico ridacchia: ”E’ arrivato il professor Inchiostro. E’ tutta la vita che scrive e si è già bevuta una damigiana di Blu di Prussia ah,ah,ah…” Uno spettatore, il signor Saturno, ansiosamente si gira e si rigira per scorgere colei che ha promesso di raggiungerlo ma ancora non si è vista. La signorina Camelia aveva detto: “Sì, verrò!” e nel dire era arrossita da capo a piedi. Prima uscire di casa il signor Saturno si è pettinato per bene ed ha indossato il panciotto festivo di seta rossa. Che colpo per la signorina Camelia! Eccola! Arriva quando già stanno per spegnersi le luci della platea e il signor Saturno, disperato, aveva giurato di buttarsi dalla finestra, ma ora sprofonda in un mare di gioia. Finalmente è arrivata! Con riguardo alla piega della gonna la signorina Camelia si siede accanto al signor Saturno. Lui si sporge verso lei. Lei volta la faccia dall’altra parte. Che cosa ha nel cuore? Si alza il sipario. Violetta è là, protesa sull’orlo del palcoscenico, canta con le mani sul petto… La prima scena finisce. Cala il sipario. Nessuno batte le mani. Qualcosa è andato storto. Troppi spifferi dalle fessure delle porte? Non tergiversiamo. Non era adatto l’abito di Violetta. Ha indossato il costume della Carmen, come un galeone con le vele al vento. La soprano corre nel camerino e si strappa l’abito. Si guarda nello specchio: quanto è grassa! Con ira butta per aria il guardaroba, cerca un completo attillato che la faccia stecchita. Niente. Cerca, cerca…ecco ha trovato. Ssst, segreto! Sorpresa per la prossima scena. Intanto, in platea, il signor Saturno si sfila la sua vera d’oro dalla mano sinistra e la offre alla signorina Camelia. Lei si spaventa. Ritira le gambe sul sedile e si attorciglia come una serpe. Costui cosa presume? Il signor Saturno impallidisce. “Niente, niente…” farfuglia e d’un botto inghiotte il suo anello. Si alza il sipario. Sorpresa! Violetta indossa un camicione di tela grigia. Scollato? Troppo scollato. Non solo, è a piedi scalzi. Dove crede di essere, in camera da letto? Gli spettatori hanno estratto i loro binocoli e puntigliosamente scrutano la cantante: Poppe turrite! I maschi bollono. Non tutti, no, no, non tutti. Il professore resta impassibile. Il suo pensiero è lontano. Anche il signor Saturno ha altro da fare: mentre digerisce il suo anello d’oro si rigira i pollici. La signorina Camelia lo guarda di sottecchi. Perchè ruota i pollici? Aspetta una risposta? Che deve dirgli? Sì o no. Lei è sempre stata in dubbio: Sì o no? Gradualmente si spengono le luci. “Per fortuna.” sospira la signorina Camelia. Anche questa volta gli dirò: “Forse, mah, vedremo…” Attenzione, attenzione! Sul palco Violetta giunge le mani. Prega? Il professore chiude gli occhi. Accorre la maschera che gli soffia nell’orecchio: “Ti ricordi?” “No, non voglio ricordare,” “ Devi, devi ricordare. La stazione ferroviaria, il treno che partiva, lei che si sporgeva dal finestrino e salutava con la mano lieve…ti ricordi, sì o no?” “No, non voglio ricordare.” “Hai paura?” “Sì, ho paura.” Zitti, zitti, la rappresentazione ricomincia. No, Violetta non prega, invoca il suo amore. Che differenza c’è? C’è, c’è differenza. Un conto è pregare l’Onnipotente, un conto è implorare il proprio amato: Ssst, suonano, i violini, tutti i violini…Fine della scena, cala il sipario. Il pubblico sbadiglia. Qualcuno ha azzeccato una pulce e la schiaccia tra le unghie. Il professore si alza e chiede alla maschera quanto durerà l’intervallo. La maschera si stringe nelle spalle, dice che il Diluvio è durato quaranta giorni. Il professore esce. Vento fortissimo. L’uomo si ripara a ridosso di un muro ed aspetta. Il tempo è fermo appeso al chiodo del passato. Nessun treno in arrivo. Ma non siamo alla stazione, è la piazza del teatro! Professore sei incitrullito? L’uomo scuote la testa e si avvia per rientrare in teatro. La porta è chiusa. Bussa. Nessuno apre. Forse la maschera si è addormentata. Nella porta c’è un foro. Il professore guarda. Si vede il palcoscenico e Violetta che cammina capovolta, ritta sulle proprie mani. Il professore è sbalordito. Gli spettatori applaudono, fischiano. Qualcuno è salito in piedi sulla sedia e sventola il cappello. Poco per volta tutti si arrampicano sulle sedie. Applausi, fischi, grida di gioioso furore. Anche il signor Saturno vorrebbe montare sulla sedia, ma si trattiene. La signorina Camelia è rigidamente seduta al suo posto. Apre la sua borsetta e finge di cercare qualcosa che non trova. Rovista. Tira fuori il fazzoletto. No, no, non è il fazzoletto che cerca. La scatolina della cipria? No,no! Le forbicine? No! Gli occhiali? No! Ancora un altro fazzoletto, un rocchetto di filo, un ditale. Cerca sempre più ansiosamente, mentre le lacrime le spuntano dagli occhi. Il signor Saturno si è levato in piedi e applaude verso il palco. Nessuno bada alla signorina Camelia. Lei continua a cercare. Cerca ciò che non c’è. non c’è mai stato, non ci sarà mai. Le si avvicina la maschera: “Perché piangi?” La donna nega scuotendo la testa. Interviene il signor Saturno: “E’ congiuntivite.” bisbiglia “è solo congiuntivite.” Improvvisamente si spegne la luce. Cosa c’è, chi è stato? Il vento. Deve essere stato il vento. Allora fermi tutti, la rappresentazione è sospesa. Arrivederci alla prossima puntata.