È pieno inverno. Nebbia da non vedere le proprie malefatte riposte in fondo al cuore. L’anima dello zio Ivo fa l’ultimo tratto di strada a tentoni, con le mani protese per non inciampare nella pletora delle altre anime
L
o zio Ivo è di sentinella a Giarabub, nel deserto africano, sotto uno stellato che pare mille occhi di gatto. Tutto tranquillo, niente si muove, solo qualche australe stella cadente. Fitto fitto lo zio Ivo pensa alla sua sposa, la zia Rosa. Gli pare un fiume di anni l’essere lontano da lei: petalo di rosa. Piange in silenzio, con brillanti lacrime nel chiaro della notte stellata. Ogni lacrima che cade nella sabbia germoglia una rosa. Zitto, zitto, senza uno scricchiolio, l’avamposto inglese arriva a tiro e un gentleman intima allo zio Ivo: “O la morte o la vita!” e poiché le stelle cadenti dicono sì alla morte, il gentleman, col bazuka, centra in pieno la sentinella italiana. Le sue vestigia immediatamente sublimano in zolfo e fosforo lasciando l’anima in mutande. Povera anima, sbrindellata e bruciacchiata, sbalordita di trovarsi in mezzo al deserto, sola come un chiodo confitto nella porta della Eternità. I compagni d’arme, spaventati dal rimbombo, levano le tende e sgambano verso El Alamein baldanzosamente cantando: “Colonnello non voglio il pane ma voglio il piombo per il mio moschetto…” L’anima dello zio Ivo alza le spalle e si mette in marcia per conto proprio seguendo l’usta dei ricordi: zia Rosa, zia Rosa, zia Rosa… Cammina, cammina tra cammelli smarriti e beduini senza bussola, finalmente giunge al porto di Alessandria d’Egitto costipato di profughi imploranti un imbarco, costi quel che costi, anche tutti i denti d’oro della dentiera. Per fortuna l’anima dello zio Ivo non ha bisogno di piroscafi: nella sua biblica leggerezza cammina sull’acqua e, passo dopo passo, in uno spumeggiare di delfini, arriva a Brindisi. Là riesce ad infilarsi sopra un camion diretto al nord dove viene scaricata al bivio per Belgioioso poco lontano da Gerenzago. E’ pieno inverno. Nebbia da non vedere le proprie malefatte riposte in fondo al cuore. L’anima dello zio Ivo fa l’ultimo tratto di strada a tentoni, con le mani protese per non inciampare nella pletora delle altre anime di militari defunti che tornano a casa dopo l’otto settembre: chi scappato dall’Albania, chi dalla Russia, chi addirittura dall’India sgusciando da un buco nel reticolato del campo di prigionia, dove comunque non era stato male, avendo imparato un po’ d’ inglese: Thankyouverymuch… Qualcuno ha letto Shakespeare: Tobeornottobe…Comunque all’entrata di ogni paese c’è qualcuno ad accogliere i profughi: per lo più parenti, con le foto dei defunti, per non sbagliare estinto. Ma all’ingresso di Gerenzago non c’è nessuno ad aspettare l’anima della zio Ivo: dimenticanza? No, non oblio, tutti sanno che lo zio Ivo è morto in Africa. In municipio c’è la cartolina postale spedita dal re. “Eroico zio Ivo, col proprio petto ha fatto baluardo. Vittorio Emanuele terzo, re d’Italia e imperatore d’Etiopia.” Perciò la moglie dello zio Ivo, la zia Rosa, si è risposata. L’anima dello zio Ivo resta sui due piedi dondolando nella piazza di Gerenzago, davanti alla chiesa, mentre la nebbia s’infittisce. Si spengono le finestre, si accendono i lumini del sonno su per le scale che salgono alle camere di sopra, dove le braci delle scaldine preparano il delizioso inferno dei letti. Don, don don, dodici tocchi, è la più segreta notte dell’inverno, il tredici di dicembre, notte di santa Lucia e di san Episcopo, martire glorioso pelato vivo dai Saraceni. Che fare? La chiesa è sprangata, ma la porticina del campanile è solo accostata. l’Arcangelo abita là. L’anima delle zio Ivo mette dentro la testa. l’Arcangelo è intento a insaponare le corde delle campane. Si salutano. “Tu..?” dice l’Arcangelo. “Tu..?” risponde l’anima dello zio Ivo. “Da dove vieni?” ”Dall’Africa.” “Cioè?” “Giarabub.” “Giarabub?” “Giarabub!” Lo zio Ivo traccia, sulla polvere del pavimento, la mappa dell’Africa e segna un puntino dove c’è Giarabub. “Ah!” dice l’Arcangelo. Parlano della zia Rosa e delle altre vedove che si sono risposate. “La vita continua,” dice l’Arcangelo. L’anima dello zio Ivo non sa più cos’è la vita, una volta la vita era la zia Rosa, i suoi capelli: oh la treccia disfatta! le sua braccia, le sue mani e tutto il resto, fino alle unghie dei piedi, coralli le unghie dei mignoli. Era vita anche il pappagallino che si accucciava sulle spalle di lei quando d’estate, dopo cena, uscivano a passeggio. Andavano per i campi, in mezzo ai moscerini che si levavano in nuvole adoranti il tramonto del sole. L’Arcangelo chiude la bocca all’anima dello zio Ivo. “Preghiamo” dice “è meglio che preghiamo.” Pregano, un Pater dopo l’altro finché cascano dal sonno. Allora si acconciano per dormire. Per quella notte si sistemano alla buona, testa e piedi nella brandina dell’Arcangelo. Ma il sonno stenta ad arrivare. L’anima dello zio Ivo rimugina: “Perché la zia Rosa si è risposata?” Se non dorme lo zio Ivo non dorme neppure l’Arcangelo. “Dormi!” comanda l’Arcangelo. “Non posso.” “Cosa ti rode?” “Che la zia Rosa non mi abbia aspettato.” “Che vuoi fare?” “Morire.” “Non puoi. Sei immortale.” E’ notte fonda, c’è nebbia, nessuno sa chi è vivo e chi è morto. L’anima dello zio Ivo singhiozza: “Almeno vorrei sapere con chi si è risposata.” “Col macellaio di Villanterio.” Risponde l’Arcangelo.
Bibliografia
Nuovo Testamento. Matteo.
“E la barca dei discepoli, già in mezzo al mare, era travagliata dai flutti, perché era contrario il vento. E nella quarta vigilia della notte ne venne a loro Gesù camminando sul mare. E vedendolo i discepoli si turbarono gridando: E’ un fantasma!”