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Il signor Marutti soffiò sulla candela e rinfoderò il revolver, sua moglie inghiottì il proiettile. Poi silenzio, era calato il coprifuoco di piombo.

 

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on avevamo da mangiare, non avevamo sapone, non avevamo carbone, non avevamo neppure la radio. Nel buio della sera io e mio padre andavamo a sentire quella del signor Marutti che si era arricchito con la borsa nera. Però mio padre aveva i tre volumi della Divina Commedia. Andavamo ad ascoltare Radiolondra prima che calasse il coprifuoco, dopo di che giravano solo scarafaggi. La radio era nascosta sotto il letto, imbacuccata nelle coperte. Per sentirla il signor Marutti e mio padre stavano in ginocchio, abbracciati alla trasmittente per non perdere neppure un filo di quella voce profetica. Quella sera del venticinque aprile Radiolondra disse: “Dum dum dum la pulce ha messo i baffi. Ripeto. La pulce ha messo i baffi…” Lo sguardo di mio padre si smarrì negli occhi spalancati del signor Marutti. “La pulce…?” “Che pulce?” La radio replicò: “Dum dum dum la pulce ha messo i baffi…” Poi silenzio, intervallato da misteriosi vocabolari, ora gutturali, ora suadenti, tra miagolii e abbai che ripetevano: ”La pulce, la pulce…” Anche la moglie del signor Marutti, che pur faceva ballare il tavolino con tre gambe evocando i soldati morti senza aver dato nessuna notizia di dove fossero sepolti, stava col fiato sospeso non riuscendo a capire quel messaggio in codice. “Prepariamoci!” disse il signor Marutti. Mio padre non sapeva che fare, ma assentì sbattendo gli occhi. “Le armi.” disse il signor Marutti. Mio padre titubò. Il signor Marutti aveva sbottonato la camicia ed estratto un revolver ancora caldo per il tepore della sua grande pancia. Una pistola Beretta..! La cucina rabbrividì, le pentole si coprirono di fuliggine quando la moglie del signor Marutti cavò dal reggiseno un proiettile calibro mille. “Noi siamo pronti.” dissero i coniugi Marutti. Mio padre farfugliò: “Le armi? L’armi… qua l’armi io solo combatterò procomberò sol io dammi o ciel che sia foco agli italici petti il sangue mio. Leopardi Giacomo.” Il signor Marutti redarguì mio padre: “Le armi, è l’ora delle armi vere!” Sì, sì, noi avevamo un coltello vero, dote di mia madre, che era stato di sua madre e della madre di sua madre. “Abbiamo un gran coltello.” Ribattè mio padre. Improvvisamente una sirena d’allarme. Poi un’altra, poi tutte le sirene delle fabbriche: Treni Breda, Trafilati Falk, Pompe Gabbioneta, Dadi Liebig… ”Cosa succede? Gli alleati hanno rotto il fronte?” Il signor Marutti soffiò sulla candela e rinfoderò il revolver, sua moglie inghiottì il proiettile. Poi silenzio, era calato il coprifuoco di piombo. Io e mio padre rotolammo dalle scale fin nella strada buia, rasentando i muri e fermandoci ad ogni passo per esplorare di qua e di là. Nessuno! La milizia chissà dov’era, ficcata nelle fogne in cerca dei renitenti alla leva. Allora via! La mia mano stretta nella mano di mio padre bisbigliando all’unisono “L’armi, qua l’armi io solo combatterò…” In giro nessuno. Un cane piangeva rinchiuso da qualche parte. “Guai a te, se ti sente la milizia!” Finalmente a casa. Bussiamo. Mia madre apre: era là con le mani giunte. Mio padre si mette una mano sul petto: “La pulce ha messo i baffi…” Mia madre è interdetta “La pulce…?” “Così ha detto Radiolondra. Orsù, prepariamoci!” Mai mio padre aveva usato la parola “Orsù”. Il momento doveva essere grave. Ci sediamo intorno al tavolo della cucina. Mio padre prende le mani di mia madre. Lei accosta il viso. I nasi si sfiorano. Mio padre soffia: “Le armi.” Mia madre apre la bocca ma non le esce un filo di voce. Mio padre la tira a sé, i nasi si toccano. Mio padre sussurra: “Il coltello di tua madre…” Un lampo! La mano di mia madre brancola sul tavolo. Si avvicina al cassetto. Tira il cassetto. Si introduce tra le posate. Trova il coltello. Vi passa sopra col dito. Sente la lama gelida, sente il filo tagliente, sente il manico, sente i chiodi di ottone che stringono il legno. “Il gran coltello…” bisbiglia e chiude di scatto il cassetto. Il cassetto dà un colpo secco. Plac! Il colpo secco salta in piedi sul tavolo, spalanca la bocca, grida con tutto il fiato che ha: ”La pulce ha messo i baffi…” Mia madre sviene, mio padre la soccorre e la bacia sulla bocca: plac! Mia madre rinviene. Il colpo secco del cassetto ha le scalmane: “La pulce ha messo i baffi…” Si spalanca la porta della nostra casa, si spalancano gli altri appartamenti. Un tripudio di gente scappa fuori. Gli inquilini gridano “La pulce, la pulce…” Tutti esultano, si abbracciano, piangono. Le donne sventolano le loro grosse poppe. Le ragazzine ballano sulle loro gambe di filo di ferro mostrando le mutande ricamate. I ragazzi fanno i bulli a cavalcioni dei corrimani, scivolando in sdrucciolo toboga fino a sbattere il culo sul pomo d’ottone in fondo alla scala. “La pulce, la pulce, viva la pulce.” E’ l’alba, è mattina, il sole impazzito si arrampica fino allo zenit e di lassù spiffera i suoi raggi sullo stradone che costeggia la ferrovia. Là, proprio là, si leva un polverone biblico. Tutti col fiato in gola. Spunta un carro armato, ne spunta un altro, un altro ancora, un’intera colonna. Non sono i Panzer con la croce uncinata, sono i Patton americani ispidi di cannoni che sparano mazzi di fiori, banane, cioccolata, pane imburrato, carne in scatola. Un tank dietro l’altro e sopra negri e pellerossa che suonano l’armonica. I tanks ridono a crepapelle, anche le Jeep e i Dodge si sganasciano. Tutti battono le mani perché è finita la guerra e Radiolondra intona “Il valzer delle candele” in onore di tutti i militi ignoti che avrebbero una gran voglia di saltare fuori dalle loro fosse comuni ma, purtroppo per loro, senza numero di matricola, devono restare dove sono. I miei genitori si abbracciano mentre io mi gratto la testa e non capisco niente, ma tengo tutto a mente, tutto dalla a alla zeta, perché è la prima volta che vedo la fine di una guerra e un giorno dovrò scrivere tutto, ma tutto, proprio tutto ciò che mi è passato sotto il naso.

 

Bibliografia.

Arsenale: Carri armati Panzer e Patton. Veicoli Jepp e Dodge. Arma segreta V2. Ne è stata sparata una sola, verso L’Inghilterra, ma non ha mai centrato l’obiettivo. Trasformata in cometa che ancora oggi appare ogni mille anni.

 

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Gli autori di Vorrei
Adamo Calabrese
Adamo Calabrese

Adamo Calabrese è scrittore, autore di teatro e illustratore. Ha pubblicato con Einaudi il romanzo "Il libro del re", con Albatros i libri di racconti "L'anniversario della neve", "La cenere dei fulmini", "Il passaggio dell'inverno", con Joker "Paese remoto". Ha illustrato i propri libri ed edizioni di Dante, Gibran e Pascutto. Scrive e disegna per il quotidiano "Il cittadinio" di Lodi, per le riviste "Vorrei" di Monza e "Odissea" di Milano. I suoi ultimi lavori teatrali hanno messo in scena opere di Brecht, Joyce, San Francesco e Iacopone. Nel 2012 RAITREha trasmesso un suo testo. Nel 2014 è stato finalista del premio internazionale di grafica satirica "Novello". Insegna letteratura presso le Università della terza età di Sesto san Giovanni e Milano (Università Cardinale Colombo)

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