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Hamelin s’ingobbì stringendosi nel suo cappotto e rialzò il bavero fino agli occhi. Quanto tempo restò così porgendo l’orecchio a remoti tuoni? Si distolse quando la terra sospirò e si fece man mano più riconoscibile il sussultante avanzare di una carovana.

Hamelin arrancava sulla strada che portava a Miradoro Terme cercando di non inciampare nei libri che erano sparpagliati a terra. Erano tutti i libri che aveva letto da ragazzo, volumi squinternati, pagine maculate, accartocciate, addirittura strappate. Volumi da cui fuoriuscivano occasionali segnalibri di foglie secche e penne di uccelli. Hamelin cercava di non calpestare i libri zigzagando qua e là, a testa bassa contro l vento che lo contrastava con manate di sabbia e pula di riso. Sbandava, saltellava, spinto dalle raffiche si levava in breve volo – chi credi di essere, Icaro? – ma subito ricadeva e sputava la polvere.

Poi il vento si ritrasse come una mano che si chiude, e Hamelin restò stordito accanto al cippo di pietra che segnava la strada dove, al tempo dei tempi, erano passati i suoi genitori con il loro festante corteo nuziale. “viva gli sposi, viva lo scrittore di libri, viva a sua sarta sopraffina. Felice luna di miele nell’albergo di Miradoro Terme!”

Hamelin s’ingobbì stringendosi nel suo cappotto e rialzò il bavero fino agli occhi. Quanto tempo restò così porgendo l’orecchio a remoti tuoni? Si distolse quando la terra sospirò e si fece man mano più riconoscibile il sussultante avanzare di una carovana.

“Chi viene?”

“Lupi affamati?”

“No, no! Nessun lupo!”

Scricchiolava una fila di carri avvolti in tele svolazzanti come ali. Hamelin spalancò gli occhi: i Re Magi! Gloria, gloria ai Re Magi che salivano dall’orizzonte con il fastoso corteo dei loro carri tirati da armadilli, testuggini, rinoceronti ed imponenti elefanti su cui gli orientali sovrani troneggiavano protesi in avanti, con le braccia tese ad indicare la strada:

“Per dove?”

“Per di qua!”

“No, no gira di là!”

“Ma dove di là?”

“Oltre, oltre …”

“Da quanto tempo siete in marcia?” gridò Hamelin.

“Dal tempo dei tempi” risposero i Re.

“Quando?” gridò ancora Hamelin.

“Non lo sappiamo. Non sappiamo più nienete. Siamo in viaggio da troppo tempo. Vagamente ricordiamo i tuoi genitori.”

Hamelin sussultò: “Chi? Mio padre e mia madre …”

“Entrambi e ricordiamo anche il tuo piccolo fratello.”

“Mio fratello Apollo?”

“Tuo fratello Apollo, già molto, molto ammalato.”

Hamelin giunse le mani: “Molto ammalato?”

“Ormai alla fine.”

Il più cerimonioso dei Re Magi allargò le braccia in segno di disperata impotenza. “Tutte le notti, tutte le notti si susseguivano i bombardamenti. Gli aeroplani arrivavano dall’Inghilterra, a ondate, sganciavano e tornavano a caricare altre bombe. Non c’era più una farmacia che non fosse in fiamme. Non c’era più una medicina neppure pagando a peso d’oro.”

I sovrani tracciarono nell’aria segni di scongiuro: “In fiamme, in fiamme …” singhiozzavano “E fumo …” “Tanto fumo, da soffocare.” “Tanto fumo da accecare tuo padre.” Le maestà parlavano all’unisono, sovrastandosi l’una con l’altra: “Tuo padre non vedeva un palmo lontano da sé.” “Tuo padre si sfregava gli occhi.” “Invano tuo padre cercava di scrivere il suo libro.” “Invano agitava la penna che non aveva più una goccia d’inchiostro.” “Non c’era più una farmacia che non fosse un mucchio di cenere. “Niente inchiostro. Niente medicine.” “Solo cenere.”

“E mia madre?”

“Povera tua madre con quel fagotto tra le braccia.” “Povera donna! Vagava tra le macerie in cerca di una farmacia.” “Dove corri donna? Dove corri regina del dolore?” “Ma lei zitta, testarda con quel niente di niente tra le braccia. Lei ammattita su e giù per la città ardente. In lacrime davanti alle macerie alzando al cielo il suo involto di stracci.” “Cosa fai? Sei matta?” “Nasconditi prima che i bombardieri ti fulmino con le loro bombe al fosforo.” “Fosforo, fosforo.” “Fosforo che brucia tutto: legno, pietra, ferro. Non c’è metallo che resista al fosforo.” “Donna cosa fai lì, col tuo mucchietto di lamenti?” “Non risponde, non ha più voce.” “No, non che sia senza voce, è senza cuore.” “Povera donna senza cuore.” “Senza cuore, senza sangue, senza anima.”

I Re tacquero, guardandosi in giro smarriti.

“Dove siamo?”

“Alle porte di Miradoro Terme” rispose Hamelin.

I Re Magi impallidirono come candele che si spengono.

“Qua ci sono solo campi di riso” disse Hamelin. I sovrani bisbigliarono tra loro finché il più vecchio fece cenno affinché un cammello fosse condotto da Hamelin. “Sali. Vieni con noi.”

Hamelin scosse la testa: “Andate pure. Io vi seguirò più tardi.”

Non sapeva quel che diceva. Non sapeva che il tempo era stato distrutto dalle bombe, bruciato vivo dal fosforo. Peggio per lui. Senza tempo non si può vivere. Intanto la carovana scorreva davanti ad Hamelin che stava a capo chino. Inutile che tutti lo invitassero ad unirsi a loro. C’era anche suo padre, con il suo limpido sguardo, che lo scongiurava di non restare là, come un cippo a segnare una strada dove non sarebbe passato più nessuno.

La carovana si allontanò, rimpicciolì, sparì. Delle grandi bestie, ancora per poco, restò l’odore di antiche foreste. Ogni suono si spense, ogni voce si mangiò la lingua e tacque. Tutto tornò deserto. Hamelin si rialzò, scosse la polvere che copriva il suo cappotto, con la mano spazzò il cippo stradale e vi si sedette. Quindi trasse dalla tasca a penna stilografica e si mise in bocca il pennino per umidificarlo e favorire il fluire dell’inchiostro. Quando sentì amaro sulla lingua si rallegrò. Prese dalla tasca il block-notes, lo aprì alla pagina in parte coperta dalla scrittura di suo padre e sul restante foglio bianco cominciò a scrivere.

L’inchiostro scorreva come un fiume tra le rive folte di alberi. I salici si chinavano sull’acqua lasciando che i loro rami si piegassero dolcemente nella corrente. Un altero pavone era apparso sulla riva e trionfalmente apriva la sua maschia ruota. Sull’altra sponda, la pavoncella chiocciava per trepida gioia. Una ragazza correva in bicicletta lungo il fiume. Nastro dei capelli al vento.

 

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Gli autori di Vorrei
Adamo Calabrese
Adamo Calabrese

Adamo Calabrese è scrittore, autore di teatro e illustratore. Ha pubblicato con Einaudi il romanzo "Il libro del re", con Albatros i libri di racconti "L'anniversario della neve", "La cenere dei fulmini", "Il passaggio dell'inverno", con Joker "Paese remoto". Ha illustrato i propri libri ed edizioni di Dante, Gibran e Pascutto. Scrive e disegna per il quotidiano "Il cittadinio" di Lodi, per le riviste "Vorrei" di Monza e "Odissea" di Milano. I suoi ultimi lavori teatrali hanno messo in scena opere di Brecht, Joyce, San Francesco e Iacopone. Nel 2012 RAITREha trasmesso un suo testo. Nel 2014 è stato finalista del premio internazionale di grafica satirica "Novello". Insegna letteratura presso le Università della terza età di Sesto san Giovanni e Milano (Università Cardinale Colombo)

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.