Ogni volta che torno in Italia per una vacanza, molti amici e parenti, appena mi vedono, esclamano sorpresi "Ma non sei ingrassato!"
Io rimango più sorpreso di loro perché non capisco da dove provenga tanto stupore. Poi mi ricordo che esiste un immaginario collettivo secondo cui a New York si mangiano solo hamburger e patatine fritte al McDonald's e non si puo’ fare a meno di diventare obesi. Ma chi l'ha detto?
Qualche turista improvvisato deve aver comprato un pacchetto viaggio di 2 giorni e 2 notti nella Big Apple, si dev'esser fatto un giretto in Times Square, visto l'Empire, mangiato un paio di hamburger e se ne dev'essere tornato a casa tutto tronfio della sua avventura newyorkese. Poi, il sabato sera con gli amici, proiettando le solite diapositive scontate, di posti ancor più scontati, me lo immagino raccontare quanto siano alti i grattacieli e che cibo schifoso si mangia “laggiù”. Dev'essere cominciato tutto da quel tipo lì. Altrimenti non si spiega come sia nata una credenza così infondata. Perché a New York si mangia bene, altro che. Gli obesi ci sono eccome, è un dato di fatto. Ma la causa non è la mancanza di buon cibo. Capita che chi non ha soldi, si abbuffi di disgustosi intrugli grassi, perché riempiono lo stomaco e costano poco. Oppure in molti, nella City, sono così immersi nel lavoro da non trovare il tempo per niente, nemmeno per mangiare. Questi individui si nutrono di hot dog presi al volo per strada, o di bisunti burritos messicani ingurgitati direttamente alla scrivania. Poi ci sono quelle persone che per cultura non sanno mangiar bene e che considerano il cibo solo una necessità: quelli che basta che abbiano la pancia piena, non ha importanza di cosa.
Alla fine, i newyorkesi obesi (a parte chi soffre di qualche particolare malattia) si possono ricondurre a tre categorie: i poveri, i lavoratori cronici e gli ignoranti del gusto.
Sulle ultime due categorie non ho soluzioni a portata di mano ma, per quanto riguarda il budget scarso, nei supermercati si trova di tutto a prezzi decenti per cucinare buono e sano a casa.
Ho un Morton Williams vicino a casa aperto 24 ore su 24 e, mia mamma, quando mi è venuta a trovare, c'è stata di nascosto a fare la spesa di notte, per sorprendermi il giorno dopo con deliziose lasagne vegetariane servite per pranzo. Ed ha trovato pure la pasta fresca da Raffetto's, un minuscolo negozio artigianale su West Houston. Non mi pare che un posto dove, a notte fonda, si possa decidere di fare un piatto di lasagne, trovando tutto il necessario per cucinarle a regola d'arte, sia l'esatta definizione della città dei soli hamburger.
Se il portafoglio lo permette (ma non parlo di cifre esagerate), ci si puo’ sbizzarrire con una miriade di ristoranti etnici che propongono l'originalità intatta di tutte le cucine del mondo. Qui dipende solo dai gusti e dalle fantasie personali, perché ce n'è per tutti. Thailandese, giapponese, brasiliano, marocchino, pakistano, indiano, ecc. E non solo, ma, per ogni cucina, anche tutte le declinazioni possibili: tailandese organico, giapponese vegetariano, brasiliano low carb... e chi più ne ha più ne metta. Al Kittichai in Soho, per esempio, immersi in quella dimensione pacifica ed intrigante di luci ed atmosfere sofisticate che ti aspetteresti di trovare nell'estremo oriente, si possono gustare autentici piatti thailandesi.
I miei preferiti restano comunque i ristoranti fusion, dove la creatività di chef di talento genera delicate fusioni di cibi dalle più disparate origini. Chi ha voglia di sperimentare nuove avventure culinarie, a New York trova sicuramente pane per i suoi denti. E non solo pane.
All'Idea Conference di New York City, in mezzo agli illustri personaggi che la sanno lunga in fatto di creatività, come Paola Antonelli, curatrice del dipartimento di design del Moma, o i direttori creativi delle maggiori agenzie di pubblicità, c'era pure il simpatico David Chang (chef e fondatore di Momofuko Noodle Bar e di altri 3 ristoranti di successo nell' East Village). La sua presenza in quel contesto era del tutto consona, visto che l'ingrediente principale della sua cucina è la creatività. Quando qualcuno tra il pubblico gli ha chiesto qual era il magico mission statement che gli ha permesso di portare i suoi Momofuku restourants al top della cucina mondiale, mister Chang ha risposto che non ne aveva – I just like to cook delicious stuff. That's it. –
Infatti Chang parte dalla cucina asiatica e, lasciandosi trasportare da uno smaliziato gusto per la sperimentazione, usando come parametro di giudizio solo il proprio palato, crea costantemente piatti unici, la cui degustazione costituisce un'esperienza multi-sensoriale bell'e buona.
Un'altra stella fissa della cucina fusion/sperimentale è il Tabla di Midtown, il cui noto chef, Floyd Cardoz, ha suscitato scalpore tra i puristi della cucina etnica con il suo libro di ricette “One Spice, Two Spice: American Food, Indian Flavors”. Ma vi assicuro che il risultato, a discapito di chi vuol salvaguardare l'autenticità culturale dei cibi, è strabiliante.
Anche al Blue Ribbon, nel West Village, il palato viene sorpreso da deliziose combinazioni inaspettate di cucina italiana e tocchi di tradizione tipicamente americana. Se vi capita di passare da quelle parti, provate il delizioso salmone con asparagi impreziosito con una delicata salsa di mostarda. Ma andate a mente aperta, senza pregiudizi del tipo “La mostarda non ci dice con il pesce!Bisgna insegnarli tutto a questi americani...” e, vi prometto, che avrete un orgasmo gustativo.
Se poi si ha un animo nostalgico e si vuole respirare aria di casa, gustando la nostra cucina tradizionale senza contaminazioni, basta andare allo Gnocco, nell'East Village, per assaggiare i ravioli alla zucca fatti in casa, proprio come li fa la nonna, ma serviti nel cuore di downtown Manhattan. O al Mulino, nel West Village, dove anche Obama e Clinton hanno recentemente pranzato a base di pasta e pesce rigorosamente Italian style. Se poi si scelgono posti con lo zampino del nostro connazionale chef superstar Mario Batali, come i ristoranti Babbo e Lupa, non si sbaglia di certo.
Quindi, per favore, non date retta al tipo delle diapositive di Times Square, quando vi dice di portarvi dietro una confezione di pasta De Cecco per sopravvivere alle schifezze che vi propina New York. Anzi, vi consiglio di venire con la mente libera da tutti i luoghi comuni che ci insegnano in Italia, come “La cucina italiana è la migliore al mondo”, oppure “Come cucina mia nonna non cucina nessuno”. Ok, senza dubbio siamo bravi in fatto di cucina, ma, per una volta, lasciate a casa gli spaghetti e godetevi la cucina del mondo e della creatività.