«Sono legato alla canzone di De André – ha dichiarato il poeta Marco Bin – perché fa qualcosa che vorrei fare anch’io: entrare completamente nel personaggio.
«Sono legato alla canzone di Fabrizio De André “A çimma” (contenuta nel lato b dell’album Le Nuvole, del 1990) – ha dichiarato il poeta milanese Marco Bin – perché oltre a piacermi molto, fa qualcosa che vorrei fare anch’io: entrare completamente nel personaggio. Nel caso specifico, si tratta di un uomo che prepara da mangiare, immagino in epoca medievale, impegnato con questa ricetta intrisa e frammista di mitologie varie, di superstizioni, come ad esempio il fatto che si debbano mettere degli aghi su questa “cima”, un piatto che prevede nella sua preparazione anche un pezzo di stoffa. E se non li metti in un certo modo, si dice che ci sia una strega che sguscia dalla cucina. La canzone mi piace in particolare perché appare perfettamente naturale, ma in realtà è una naturalezza basata interamente su una struttura di ricerca molto approfondita. Oltre al lavoro sul dialetto, infatti, De André è andato a ricercarsi tutte le storie riguardo a questa ricetta, partendo comunque da dati reali della tradizione e del suo personale vissuto».
Non è un caso che Fabrizio De André ricorra così spesso in questa rubrica. Di lui è famosa l’abilità di raccontare vite e tradizioni con parole che hanno la stessa consistenza di fotografie e quadri, anzi spesso più efficaci ancora. Il poeta, più che esplorare nuovi mondi, spesso ritrova le fondamenta di quelli che abbiamo dimenticato. È un intero cammino di riscoperta quello che De André ci ha offerto in tutte le sue canzoni, anche in quelle più famose e commerciali. Sempre con quella spontaneità a celare un meticoloso e indispensabile lavoro di ricerca.