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La recensione del film di Michael Haneke
e la presentazione dell'ultimo lavoro di Almodovar

 

 

Bambini, bambini in bianco e nero, bambini con gli occhi scuri e gli occhi cerchiati. Collo rigido. Poche corse e quasi mai spensierate. Queste le immagini che mi rimangono dopo la visione di lunedì, e la scena del bambino che chiede pieno di speranza al papà di poter tenere con sè un passerotto trovato in giardino, caduto dal nido. Il padre, con quattro parole e ancor prima con lo sguardo, riesce a trasformare una innocente reazione di solidarietà del bambino in una seria questione di responsabilizzazione.

 

Quella appena rievocata non è la scena dal sapore più aspro, anzi, forse una delle più soavi che diventa, forse proprio per questo motivo, l’emblema della mancanza di respiro che la violenza e i soprusi creano nella vita di una intera generazione. La generazione che poi farà da protagonista proprio nel periodo nazista, vorrebbe suggerire il regista, come banale collegamento mentale-culturale. A mio parere non è pensiero così ovvio quello di proiettare al futuro una tale situazione, o meglio non è ciò che viene più spontaneo fare ingabbiati anche noi, fin dai sedile della sala, in un clima quasi di terrore, tra corridoi, visi e sguardi tutti asettici.

 

Le nostre gambe rimangono incollate alla terra ferma, quella dei vialetti percorsi in bicicletta pedalando in modo insicuro dalla bella e dolce bambinaia di paese, vialetti dove nessuno gioca a calcio “facendo la porta con due pezzi di legno o due lattine di coca cola”, immagine forse più consona alla mia esperienza di bambina anni '80, senza coca cola forse anche di molti altri prima di me.

 

"Il nastro bianco": film che emoziona, nel bene e nel male, magistralmente girato e ben interpretato. Forse criptico, ma le motivazioni di chi utilizza quasi tutte le proprie opere per definire “il male” e “il dolore“, a mio parere, oltre che infinite sono soprattutto INDEFINITE.





Gli abbracci spezzati

Un film di Pedro Almodóvar . Con Penelope Cruz, Lluís Homar, Blanca Portillo, José Luis Gómez , Rubén Ochandiano

«continua

Tamar Novas, Marta Aledo, Agustin Almodóvar, Enrique Aparicio, Yuyi Beringola, Javier Coll, Juan Bautista Cucarella, Sabine Daigeler, Sergio Díaz, Lola Dueñas

Titolo originale Los Abrazos Rotos. Drammatico, durata 129 min. - Spagna 2009. –

 

ALMODOVAR TRA CINEMA, CECITA’, PASSIONE: E’ UNA BELLA CRUZ.

 

Non è riassumendo la trama di Gli abbracci spezzati che si può far comprendere il senso di questo film, attenderei che la narrazione si srotoli davanti ai nostri occhi di spettatori in tutta la sua perversa complessità riservandomi ora, con tanto di inchino, di riportare le parole dello stesso regista per esordire con la presentazione del film in programma lunedì 18.

“Gli abbracci spezzati è un canto di amore nei confronti della mia professione che è molto di più di un semplice lavoro: è un modo di vivere”. Ed è proprio così, perché piroettando con la macchina da presa tra colpi di scena e dialoghi, mai forse tanto presenti fino ad ora nei film del regista spagnolo, il film ruota solo e instancabilmente attorno al cinema e ai suoi poteri. Paradossalmente contrapposta alla padronanza delle immagini del suo cinema Pedro Almodovar sceglie un eroe cieco, leva per riflettere su un’arte che impressiona in primis proprio le pupille di chi se ne avvicina. Un Almodovar ancora nuovo dopo Volver mi incuriosisce.

 

Anche Penelope Cruz, attrice magnifica, capace di illuminare da sola film belli e brutti, giustifica in ogni caso il viaggio da casa alla sala, la pregusto interprete di una storia complessa ma che cattura, sanguigna, un vortice di angoscia/morte e felicità/amore che nasconde, anzi espone, un numero considerevole di riferimenti alla storia del cinema: quiz, citazioni, richiami e brani veri e propri. Per realizzare tutto questo in circa due ore Almodovar ha scelto di costruire il film su due piani narrativi (presente e passato) e su due piani spettacolari (la realtà e la finzione), lasciando solo al finale il compito di svelare la chiave del film ad uno struggente flamenco finale sui titoli di coda. Per chi vuole partecipare qui qualche suggerimento per iniziare.

 

POP CORN CURIOSITIES

 Se non fosse stato per l'emicrania, probabilmente Pedro Almodóvar non avrebbe mai iniziato a scrivere “Gli abbracci spezzati, infatti dichiara “È una condizione fisica che ti rende particolarmente sensibile e non ti permette di leggere, scrivere o stare al computer o davanti alla tv. Però, nonostante l'emicrania, nell'oscurità potevo pensare e viaggiare con la mente ed è stato nei momenti di maggiore sofferenza che ho iniziato a immaginare la trama del film”.

 

Quasi autobiografico? Pedro dice : “MateoBlanco, che di fatto è una sorta di alter ego in quanto regista costretto a vivere nell'oscurità. Cieco. Ho iniziato a prendere annotazioni perché il fatto interessante del dolore è che non annulla l'immaginazione. Verso la fine del 2007 ho potuto notare un leggero miglioramento; i miei mal di testa erano diminuiti e nel frattempo la pellicola aveva preso forma”.

Ad ispirare il titolo del film è Viaggio in Italia di Roberto Rossellini; per l'esattezza si riferisce alla sequenza del ritrovamento negli scavi archeologici di Pompei dei due cadaveri abbracciati colti dalla lava, vista da Lena e Mateo (Penélope Cruz e Lluís Homar) in un momento d'intimità.

Ecco alcuni dei riferimenti da cercare nel film: Rossellini, Visconti, Minnelli, ma anche a Magritte (nella scena dell’amplesso soffocante della protagonista con lo spregevole Gomez),Tonino Guerra e Alberto Sordi.

 

Il film intitolato Chicas y maletas (Ragazze e valigie) che i protagonisti stanno girando è una sorta di parodia di Donne sull'orlo di una crisi di nervi del 1988. Per Pedro Almodovar si tratta quindi di un'auto-citazione.

 

LINK

Trailer in HD

Conferenza stampa con Pedro Almodovar e Penelope Cruz

trailer ufficiale spagnolo (totalmente diverso)