Affamati di storie ed emozioni passiamo da macrocosmo mondiale “Invictus”, di Eastwood, al microcosmo italianissimo di Salvadores: “Happy family”
Non manca certo il mio commento, in rete, sul film di Clint Eastwood che, vi accennerò, non mi è affatto dispiaciuto anche se non entusiasmato. Morgan Freeman rimane per me molto bravo ma quando non impersona Mandela forse mi convince di più.
E invece vi racconto che sabato sera ero al cinema, sì, fiduciosa pregustavo una bella sala deserta e alle 21.40 mi sono presentata alla cassa e sono automaticamente entrata a godermi un bel film senza che un popcorn venisse masticato. In un multisala di sabato sera è cosa rara.
Prima di entrare, ma con gli occhiali già indossati, ho visto bene ogni riga delle sciarpe dei tifosi radunati nel piazzale quasi virtuale del centro commerciale-cinema dove mi trovavo. Munita di tutte le mie diottrie, non ho potuto non notare anche i visi che, ve lo assicuro, tutto avevano fuorché lineamenti europei (si dice caucasici, forse). So bene che l'Inter non ha schierato italiani e tutto quanto ma...
quel gruzzoletto di gente esultante e raggruppata,
quel mix di colori e di pelli e di vestiti,
chi mangiava kebab, chi hamburger e chi un trancio di pizza filante di mozzarella campana...
Solo particolare e significativo ho trovato al momento quello scenario, una fotografia della realtà del milanese rimasta nella mia mente in stand-by fino alla visione di Invictus che l'ha richiamata in prima fila.
Il potere dello sport. Il valore dello sport. E come Mandela mi son detta: “La nazione arcobaleno comincia da qui. La riconciliazione può cominciare da qui” , da punti in comune come il tifo, irrazionale, umano e fantasticamente incontrollabile. Appartiene al genere umano, collante forse sottovalutato, sia in uno stadio sulla punta dell'Africa sia nel centro commerciale che veglia sulla tangenziale milanese.
Chissà se Clint Eastwood lo sa?
Happy Family
Un film di Gabriele Salvatores. Con Fabio De Luigi, Diego Abatantuono, Fabrizio Bentivoglio, Margherita Buy, Carla Signoris, Valeria Bilello. Commedia, durata 90 min. - Italia 2010.
Non è nuovo il giochetto che ci propone Salvatores ed è l'ennesima volta che ad andare in scena sono gli affari di famiglia italiani, ma pare che valga la pena di fermarsi a guardare la pellicola. Merito degli attori? Merito del regista? Forse è anche nostro, un pubblico che ha sempre più bisogno di storie normali, girate da un maestro che non fa sembrare di essere al cinema ad osservarle. Così ci confortano di più, queste vite messe in scena come se appartenessero al nostro caro od odiato vicino di casa.
Per chi vuole obbligatoriamente trovare un tema o un fil rouge di “Happy Family”, il gioco è presto fatto: la protagonista è la paura, paura quotidiana di dire, di fare e decidere, la pellicola sottile che impedisce di transitare al di là della barriera che separa l'esistere dal vivere. Ne vedremo vittima Fabio de Luigi, in primis, ma il suo non è l'unico personaggio a mostrarne sintomi evidenti.
Sfogliando le recensioni lampeggiano, davanti agli occhi i nomi di Pirandello, Shakespeare, Calderon de la Barca, e ancora Buster Keaton e Woody Allen, precursori del giochetto che tiene in piedi il film di Salvatores, ma la visione del film nulla implica di tanto intellettuale da dover andare per forza a farne la retorica, sembra invece si tratti di un film piacevole e ricco di spunti, magnificamente recitato da un ventaglio composto dai migliori attori italiani sulla piazza.
Una ventata di freschezza il lunedì sera ci vuole, ora che l'estate sembra arrivata.
POPOCORN CURIOSITIES
Il film contiene delle apprezzatissime sequenze in bianco e nero che ritraggono la città di Milano. Salvatores racconta come sono nate: “Mentre Caterina (Bilello) suonava un "Notturno" di Chopin, mi sono lasciato ispirare dai tasti bianchi e neri del pianoforte e mi è venuto in mente che potevo riprendere i notturni di Milano: sono luoghi e volti veri della Milano di notte. In tutto il resto del film, la città è sempre inquadrata un po’ dal basso, a tagliare fuori la strada, che non è controllabile”.
La scelta della colonna sonora di Simon and Garfunkel?
Salvatores: Perché è stata la colonna sonora di tante storie e storielle d’amore della mia gioventù ma anche a sottolineare il fatto che il personaggio di De Luigi crea a partire da quello che ha e in casa ha solo quel disco. Al telefono, Paul Simon ci teneva molto a capire come avremmo utilizzato la musica e si è scusato ma, ha detto, "in fondo è la nostra seconda colonna sonora dopo Il Laureato". Mi sono sentito molto fortunato.
Happy Family” è ispirato all'omonimo spettacolo teatrale scritto da Alessandro Genovesi, una commedia di Alessandro Genovesi prodotta dal Teatro dell'Elfo di Milano, che in concomitanza con l'uscita del film è diventato un libro, pubblicato da Mondadori.
PREMI
Ha ottenuto una nomination ai premi Alabarda d'oro 2010 come miglior regia.
LINK
Intervista a Diego Abatantuono
Intervista a Gabriele Salvatores