20091130-fermiamoli

I leghisti devono imparare a essere più coerenti.
O si considerano cittadini italiani, o cittadini padani.

 

L’Italia è diventata un paese multietnico con molto ritardo rispetto al Regno Unito e alla Francia, e non essendoci abituata va sputando motti, sentenze e rancori contro chiunque le sembri estraneo. Per qualche decennio il paese si era vantato della sua tolleranza, commuovendosi per le brutte storie di “razzismo altrove”: l’Alabama, il Ku Klux Klan, l’apartheid in Sudafrica. Il Nord era persino riuscito a dimenticarsi lo squallido disprezzo dei terùn: a Milano non si vedevano più i cartelli «Palazzo signorile cerca custode portineria. Astenersi se meridionali», e molti padroni di casa di Torino e dintorni smisero di affittare a venti o trenta operai immigrati della Fiat lo stesso monolocale, ricavando da quelle ammucchiate esageratissimi profitti. Né si erano più visti, alla televisione, personaggi come quel professore universitario che dichiarò: «A Torino non li vogliamo perché coltivano il prezzemolo nelle vasche da bagno.»

La tregua, ahinoi, è durata l’espace d’un matin. L’Italia (non tutta, ma buona parte di essa, specialmente al nord) non è mai stata così razzista come adesso. Chi non vuole i forestieri in casa ha un chiodo fisso: la criminalità. Politici e mezzi di comunicazione alimentano a dismisura la paura dello straniero. Questa è la parte più brutta della storia: non sempre si tratta di razzismo spontaneo, ma di un sentimento indotto da chi avrebbe il dovere di controllare e placare i pregiudizi più astiosi. Ma fin qui è come parlare al vento: altri, con maggior autorevolezza e costanza delle mie, hanno denunciato e denunciano quotidianamente l’escalation del razzismo nostrano e dei soprusi perpetrati a danno di tanti ospiti indifesi.

L’opinione pubblica, così pronta a lasciarsi influenzare e spaventare da chi ci governa e dai suoi strumenti di persuasione (a partire dalla tv nei suoi momenti peggiori, che occupano purtroppo larga parte dei palinsesti), sorvola tuttavia su un paradosso evidente: i peggiori nemici degli stranieri sono stranieri. No, non maghrebini o nigeriani o albanesi o rumeni: parlo di stranieri che vivono in Italia da generazioni e che si professano “padani”. I padani, quei bravi ragazzi della Lega Nord, si proclamano a gran voce “non italiani”: a prenderli sul serio bisognerebbe caricarli sullo stesso tram che hanno voluto a Milano per fare retate di extracomunitari (in quanto nazione virtuale, la Padania non è riconosciuta dalla U.E. e, se davvero esistesse, sarebbe un paese extracomunitario). I leghisti sputano sulla bandiera, sull’inno di Mameli, su Roma ladrona, sulla lingua nazionale, eppure rappresentano nel governo, nelle camere, in certe regioni e provincie e in molte amministrazioni comunali il paese al quale dicono di non appartenere: l’Italia. Siamo alla catastrofe del pensiero logico. Da anni continuo a domandarmi se la Lega Nord sia un partito costituzionale; se sia eleggibile un movimento che propugna la propria estraneità agli interessi e alla cultura dell’intero paese; che spaccia per “federalismo” un primo tentativo, molto sospetto, di divisione dell’unità in frammenti. Nessuno, quando ancora c’erano il tempo e il dovere di protestare, prese sul serio Bossi e le sue sparate; si preferì sorridere delle bricconate e delle provocazioni, del turpiloquio e degli aspetti più grotteschi di quella scalata – le ampolle celtiche, le gite sul Po, i giuramenti di Pontida. Ed eccoci qua: la Lega ha invaso la nostra esistenza grazie a chi non può o non vuole o non sa fare a meno della sua alleanza, ed è la più potente ispiratrice della politica italiana di oggi, del nostro degrado culturale, di tante iniziative lasciate all’estro di sindaci ringhiosi come quello che ha varato l’operazione “White Christmas” (via tutti i nègher prima di Natale) o l’altro che ha tolto il nome di una vittima della mafia (Peppino Impastato) dall’insegna della biblioteca comunale per «valorizzare la gente del posto».

Molti italiani del Nord hanno dimenticato di essere italiani, eppure reclamano a gran voce i loro diritti (di cittadini, di imprenditori, di lavoratori, di contribuenti, etc.) dal paese che hanno tradito. I leghisti devono imparare a essere più coerenti. O si considerano cittadini italiani, o cittadini padani. Nel secondo caso, non essendo la Padania riconosciuta come stato, essi dovrebbero a buona ragione “identificarsi” (verbo che adorano) in un movimento clandestino e anti-italiano, come l’ETA. Maroni dovrebbe chiedere il passaporto a Maroni, prima di chiederlo ad altri.

Gli autori di Vorrei
Pasquale Barbella
Pasquale Barbella