Breve cronaca di una catastrofe surreale, dunque assolutamente plausibile.
Il qui presente Punto e virgola è accusato di resistenza e oltraggio all’art. 25 della legge sulla riforma della grammatica nonché di reiterati atti osceni in testo pubblico
«L’imputato si alzi in piedi», ruggì il giudice dopo aver sedato, a colpi di martello, una jam session di vocali e consonanti poco confacente all’austerità dell’aula.
L’imputato si verticalizzò all’istante. Era così minuto che decine di monocoli e cannocchiali si sollevarono contemporaneamente, per inquadrarlo.
«Dichiari la sua identità.»
La risposta fu un sussurro più fievole di un’acca aspirata.
«Più forte», esortò il giudice. «Alzi il volume.»
«Punto e virgola», ripeté l’imputato con voce tremante, ma più udibile.
Il giudice gli ordinò di rimettersi a sedere, e subito dopo passò la parola al Pubblico Ministero, invitandolo a enunciare i capi d’accusa.
Il PM, principe del foro fabbricato in serie in una robotteria padana, si esprimeva economizzando la punteggiatura e nello stesso tono delle voci campionate dei navigatori satellitari.
«Il qui presente Punto e virgola è accusato di resistenza e oltraggio all’art. 25 della legge sulla riforma della grammatica nonché di reiterati atti osceni in testo pubblico»
«Come si dichiara l’imputato?», domandò il giudice svogliatamente, rivolgendosi questa volta alla difesa.
«Innocente, Vostro Onore», rispose l’avvocato d’ufficio. Il primo difensore, quello scelto dall’imputato, era stato ricusato dalla corte e sollevato dall’incarico per palese conflitto d’interesse. Avendo egli lungamente frequentato autori sovversivi quali il Manzoni e il Croce, si era dimostrato nei propri scritti utente personale del Punto e virgola, dunque in diretta ed evidente combutta con l’assistito.
Si passò all’escussione dei testi.
Invitata dal PM, marciò verso il banco dei testimoni una gallina bionda di piacente aspetto. Dichiarò di chiamarsi Coccoricco Miranda, si qualificò come ex girl televisiva e attuale “membra” della commissione governativa per la riforma della grammatica e della sintassi, giurò sul bignamino di non dire frottole e si accomodò impettitamente sull’apposito scranno.
«Signora Coccoricco il Punto e virgola è stato o non è stato soppresso definitivamente dalle norme che regolano la disciplina nazionale della punteggiatura?»
«Obiezione, Vostro Onore», proclamò l’avvocato della difesa prima che la gallina potesse deporre alcunché. «La domanda non ha senso. Se il mio assistito fosse stato realmente soppresso, non potrebbe esser presente in quest’aula, né lo si potrebbe accusare di qualsivoglia reato.»
«Obiezione accolta», sentenziò il giudice. «L’accusa riformuli la domanda in modo più appropriato.»
«Riformulo la domanda signora cosa stabilisce esattamente l’art. 25 della legge in questione?»
Il divieto assoluto di masturbarsi col Punto e virgola in qualsiasi tipologia di testo
«Promulga il divieto assoluto di masturbarsi col Punto e virgola in qualsiasi tipologia di testo, e ingiunge a editori e tipografi di procedere alla sostituzione del medesimo con altro segno di interpunzione di libera scelta in caso di ristampa di scritti concepiti prima dell’entrata in vigore della legge.»
«Grazie dottoressa vuole ora spiegare alla giuria in poche parole le ragioni del bando?»
«Quale bando? Non c’è stato un bando di concorso.»
«Bando nel senso che l’uso del Punto e virgola è stato bandito signora»
«Chiedo scusa, non avevo capito. Ragioni a non finire, di portata sociale e morale. Il Punto e virgola discrimina il colto dall’incolto, e ciò è eticamente inaccettabile. Non serve a nulla, è saccente, complica ogni discorso intromettendosi in modo fastidioso. Non ha nemmeno un’identità sua propria, è un segno a due facce, uno schizoide, un plagiario, un ladro che indossa i vestiti degli altri (il punto per cappello, la virgola per mutanda) allo scopo di intorbidare la chiarezza e la linearità del discorso, un intruso che si installa in frasi che non gli competono con l’invadenza d’un clandestino, un ermafrodita dichiarato e – quel ch’è peggio – un parassita, un lavativo che si diverte a interrompere e rallentare i flussi produttivi imponendo pause forzate, indugi inconciliabili col dinamismo che abbiamo il dovere di praticare e stimolare, scioperi bianchi, istigazioni all’assenteismo e all’intellettualismo... Un radical chic, insomma, e della specie più letale.»
Un dissidente, all’ultima fila in fondo alla sala, mormorò al vicino: «Meglio radical chic che sradical shit»; ma a bassa voce.
Il difensore, che per un po’ se n’era stato immobile a subire quel gavettone di parole con una smorfia di disgusto sulle labbra, decise a un certo punto di sovrapporre la propria voce a quella della teste.
«Obiezione, obiezione! Vostro Onore, la testimone esprime giudizi invece di limitarsi a rispondere alle domande!»
«Obiezione accolta. La teste risponda senza dilungarsi in opinioni e commenti.»
«Qual era la domanda?», annaspò l’interrogata sentendosi un po’ sperduta.
«Per quali ragioni avete deliberato di sopprimere pardon di proibire l’uso del Punto e virgola?»
«Le ho già riferite!»
«Le ripeta per favore e sia sintetica grazie»
Perché il Punto e virgola è difficile da usare e in più è comunista.
«Perché il Punto e virgola è difficile da usare e in più è comunista.»
L’accusatore si ritenne soddisfatto della deposizione e lasciò il campo al difensore, perché interrogasse a sua volta la teste. Il difensore era rosso di capelli e punteggiato di efelidi dalla fronte in giù, dettagli che non lo rendevano particolarmente simpatico agli oppositori del rosso e della punteggiatura.
«Signora», chiese con cortesia, «vuole chiarire alla giuria cosa intende per comunista?»
«Intendo parassita, naturalmente. Uno che boicotta la produzione attardandosi in chiacchiere senza capo né coda.»
Ciò detto, la teste fu scossa da un fremito.
«Si sente bene, signora?», le fu chiesto premurosamente.
«Certo che mi sento bene. Ho appena compiuto il mio dovere.»
Si scoprì poi che aveva deposto un uovo. Il tuorlo era nero, ideale per la ricetta dell’uovo in camicia.
La linea di difesa, essendo sapientemente elaborata, non fu capita da nessuno. Si reggeva su due assunti: che l’imputato non potesse rispondere di eventuali reati commessi dai propri utenti («È come processare una sigaretta al posto del suo fumatore», commentò appassionatamente l’avvocato dai capelli rossi); e che le accuse nei suoi confronti fossero dettate da livori e pregiudizi ideologici e antiletterari, anziché da fatti concreti.
Così, quando – al termine di un rapido dibattito, delle arringhe conclusive e di una fulminea riunione dei giurati – Sua Eccellenza chiese al presidente della giuria popolare di pronunciare il verdetto, l’interpellato rispose:
«Colpista.»
Il cancelliere rimase interdetto, con la penna a mezz’aria.
Il giudice pregò il presidente di esprimersi meglio, e l’uomo si corresse:
«Culpévul.»
Il Punto e virgola fu condannato all’esilio perpetuo e allo sradicamento da tutte le tastiere della repubblica.
Il Punto e virgola fu condannato all’esilio perpetuo e allo sradicamento da tutte le tastiere della repubblica.
Il Punto fermo, le Virgole, i Due punti, i Trattini e le Parentesi gongolarono come se avessero vinto un appalto miliardario, e si apprestarono con gioia a invadere gli spazi lasciati liberi dall’esiliato. Ma fu godimento di breve respiro. Alla prima riforma seguì una raffica di leggi, decreti e provvedimenti che non promettevano nulla di buono.
Il primo botto esplose con le leggi razziali. Le lettere esotiche J, K, X, W, Y subirono la stessa sorte del Punto e virgola, nonostante l’autorevole dissenso – espresso con petizioni, cortei e minacce di referendum – della regione Trentino Alto Adige. Le tastiere dei computer furono sfigurate da un’escalation di buchi neri. Una scrittrice piemontese dovette correggere migliaia di volte i nomi ricorrenti nella sua produzione letteraria, Jolanda e Walter, ribattezzati Iolanda e Valter. Il Water fu corretto in Vater, che in tedesco vuol dire “padre”. La Xenofobia dilagante diventò Senofobia, procurando malintesi a catena nella sfera delle relazioni sessuali.
Poi fu la volta della G, che non si capiva bene se si dovesse pronunciare come in Geranio o come in Garofano, e che complicava vieppiù l’esistenza quando si accoppiava con la N. La C se la passò ancor peggio, quando il ministero della pubblica istruzione decretò di abolirla e di cambiare l’ortografia di Scuola in Squola, per venire incontro alla lingua dell’elettorato.
Il governo responsabile di queste riforme fu rieletto per cent’anni di seguito, e rimase in carica fino alla scomparsa di quasi tutto l’alfabeto e di tutti i segni di interpunzione dell’ancien régime.
Si salvarono solo la I e la O, le lettere più popolari fra gli egocentrici e i ciucci.
Imperdibile manuale di sopravvivenza per gli ultimi sostenitori della democrazia.